Determinazioni astronomiche della velocità della luce

Ormai sappiamo benissimo quanto vale la velocità della luce, diventata uno dei punti fondamentali della teoria della relatività. Tuttavia, i primi tentativi per misurarla risalgono a parecchi secoli fa e due metodi estremamente importanti erano basati su considerazioni astronomiche veramente geniali. Vale la pena riproporli.

Già gli antichi greci si erano posti il problema della velocità della luce. Alcuni pensavano fosse limitata, altri che fosse infinita, ossia che il tempo per raggiungere qualsiasi luogo fosse uguale a zero. Purtroppo, le osservazioni approssimative e le teorie più in voga durante i secoli successivi non stimolarono né permisero la misurazione di un valore al di fuori della realtà di tutti i giorni. Quasi 300 000 km/sec è qualcosa che l’uomo non può percepire nei fenomeni che accadono attorno a sé.

Ci volle il coraggio scientifico di Galileo Galilei per non farsi spaventare da un problema apparentemente insolubile, sia tecnicamente che concettualmente. Il suo tentativo fa oggi sorridere (sapendo quale doveva essere il risultato), ma è teoricamente e fisicamente ineccepibile. L’esperienza è riportata in Fig. 1.

Figura 1
Figura 1

Galileo (G) e il suo assistente (A) si sistemano su luoghi distanti tra loro parecchi chilometri (ad esempio due colline). L’importante è che siano reciprocamente visibili. G accende una lampada al tempo t1. A vede il segnale luminoso al tempo t2 e immediatamente accende la sua lampada. G riceve il segnale inviato da A al tempo t3. Il ragionamento è adesso banale: la velocità (della luce, in questo caso) è uguale al percorso effettuato diviso per l’intervallo di tempo impiegato a percorrerlo, ossia: velocità della luce = 2d/(t3 – t1).

Ovviamente, il risultato fu oltremodo deludente, dato che la differenza di tempo era troppo piccola per essere misurata con la tecnologia di allora: la distanza era veramente insignificante e a poco valsero i tentativi di allungarla utilizzando specchi riflettenti. Bisognava uscire dai limitati confini della Terra (ricordiamo che la luce in un secondo compierebbe più di sette volte il giro attorno al nostro pianeta) e sfruttare le distanze spaziali.

1. Le eclissi di Io

Ci vollero le osservazioni di Cassini e il geniale ragionamento dell’astronomo danese Olaus Roemer (1644-1710) per ottenere il primo valore di una certa consistenza. Ci si era accorti che osservando le eclissi dei satelliti di Giove (Io, in particolare) si osservava a volte un ritardo e a volte un anticipo nei momenti di immersione e/o di uscita dall’ombra del grande pianeta. E questa variazione era legata alla maggiore o minore distanza della Terra.  In particolare, quando la Terra si allontanava da Giove i tempi di emersione ritardavano continuamente. Al contrario, quando la Terra si avvicinava al pianeta gigante, i tempi di immersione anticipavano. Ciò non poteva assolutamente dipendere dal periodo orbitale di Io, che rimaneva costante.

Dopo vari tentativi di spiegazione, Roemer comprese che le variazioni dei tempi delle eclissi erano legate alla velocità finita della luce: cambiando la distanza che la luce doveva percorrere per giungere da Io all’osservatore cambiavano i tempi necessari a compiere il tragitto. Data la grande distanza tra Giove e la Terra, questi valori erano ben rivelabili e misurabili.

La Fig. 2 mostra in modo molto semplificato il procedimento usato da Roemer. In essa Giove è considerato immobile e la sua posizione, così come l’orbita di Io, giacciono sul piano dell’eclittica. Non sarebbe difficile considerare la situazione reale, ma bisognerebbe fare uso di trigonometria sferica e preferisco evitarla… Il concetto, comunque, non cambia assolutamente. Quando la Terra si muove da T1 a T2 la luce deve percorrere una distanza sempre più grande e quindi impiegare anche un tempo maggiore: l’istante di uscita ritarda sempre più. Quando, invece, la Terra passa da T3 a T4, la distanza diminuisce e quindi anche il tempo: l’istante di entrata anticipa costantemente.

Figura 2
Figura 2

Estrapolando l’andamento positivo e negativo, Roemer trovò che passando da TC a TO, la differenza di tempo totale era di 22 minuti. Tuttavia, la distanza TC -TO è proprio uguale a due volte la distanza Terra-Sole. Conoscendo questa e il tempo totale si ricava immediatamente la velocità della luce. Ai tempi di Roemer la distanza della Terra dal Sole era ancora molto imprecisa e questo portò a un valore di 210 000 km/sec, nettamente inferiore al valore reale, ma già esatto come ordine di grandezza.

Alla fine del settecento J. B. J. Delambre (1749-1822) trovò un valore più esatto per la differenza di tempo (16 minuti e 26 secondi) e utilizzò una distanza Terra-Sole pari a 153 milioni di chilometri (abbastanza accurata). Ne risultò una velocità della luce c (dal latino celeritas) di 310 000 km/sec. Non male, se pensiamo alla strumentazione di quei tempi.

2.  L’aberrazione annua

Non era ancora passato mezzo secolo dalla misura di Roemer che l’astronomo inglese James Bradley (1693-1762) scoprì casualmente un fenomeno ancora sconosciuto che gli permise di avere a disposizione un metodo alternativo per il calcolo della velocità della luce.

Era quello il periodo in cui si cercava in tutti i modi di calcolare le parallassi stellari: sarebbe stata la prova definitiva della teoria eliocentrica. Purtroppo le stelle erano ancora troppo lontane, così come lo erano state per Aristarco di Samo. Oggi sappiamo che nessuna parallasse annua poteva essere misurata (la più grande, relativa alla stella più vicina, è uguale a soli 0.74 secondi d’arco), ma i tentativi si susseguivano con frenesia.

Proprio mentre Bradley osservava con costanza, in diversi periodi dell’anno, la stella gamma del Dragone si accorse che la sua posizione apparente nel cielo variava in modo inaspettato.  La stessa cosa, però,  avveniva per tutte le altre stelle a lei vicine e non solo. La speranza di essere riuscito a osservare la tanto agognata parallasse stellare svanì subito, dato che lo spostamento era lo stesso per tutte le stelle, almeno lungo una certa direzione. Non potendo certo pensare che tutti gli astri si trovassero alla stessa distanza dalla Terra, Bradley si mise a riflettere e trovò la soluzione, osservando nel frattempo che lo spostamento annuo mostrato da tutte le stelle descriveva un ellisse di semi asse maggiore uguale a 20.5 secondi d’arco.

L’ellisse diventava un cerchio per gli astri prossimi al polo dell’eclittica e si riduceva a un segmento per quelle poste lungo l’eclittica. Al di là delle implicazioni pratiche, la spiegazione di Bradley confermava definitivamente che la velocità della luce era finita e che era la Terra a rivolvere attorno al Sole. Sapendo che la velocità orbitale ammontava a 30 km/sec, ottenne una velocità c uguale a 301 000 km/sec. Niente male davvero!

Non ci resta che spiegare il fenomeno. Esso prende il nome di aberrazione annua della luce. Per comprendere il concetto essenziale, al di là delle formule trigonometriche che ne permettono una trattazione precisa, basta pensare a una giornata di pioggia.

Stiamo camminando tranquillamente per strada, quando improvvisamente inizia un forte acquazzone. In assenza di vento e se rimanessimo fermi, vedremmo la pioggia cadere esattamente in modo perpendicolare al suolo. Fortunatamente abbiamo un ombrello e lo apriamo subito. Preferiamo, comunque, trovare un rifugio coperto e ci mettiamo a correre velocemente. Ci accorgiamo che per proteggerci dall’acqua sempre più violenta siamo costretti a inclinare in avanti l’ombrello, dato che la pioggia ci investe provenendo da una direzione obliqua. E più si corre e più l’ombrello deve essere inclinato in avanti. Come mai? Non è difficile da capire e dimostrare. La velocità di caduta della pioggia si combina con la nostra velocità. In altre parole, nel nostro sistema di riferimento, alla velocità di caduta si deve “aggiungere” (vettorialmente) una velocità uguale e contraria alla nostra, come illustrato in Fig. 3.

Figura 3
Figura 3

Nel caso astronomico le cose vanno in modo molto simile. La luce di una stella giunge al nostro telescopio puntato verso di lei. Tuttavia, la Terra orbita intorno al Sole e si muove con una certa velocità (i famosi 30 km/sec) lungo una traiettoria pressoché circolare. Le due velocità (della luce e orbitale) si sommano (o si sottraggono) e fanno apparire la stella in una posizione diversa da quella reale (o -se volete- dalla posizione rispetto al Sole considerato immobile).

Per semplicità, immaginiamo in Fig. 4 che la stella si trovi proprio nei pressi del polo dell’eclittica (ma il discorso è analogo per qualsiasi direzione). La sua luce assomiglia proprio alla pioggia della Fig. 3 (le gocce sono adesso i … fotoni). La corsa verso un riparo può essere paragonata alla corsa della Terra intorno al Sole. Ne consegue che per determinare la direzione apparente della stella rispetto a noi dobbiamo eseguire la somma delle due velocità, come fatto in precedenza. ATTENZIONE! Quello che sto per fare sembrerebbe  un macroscopico errore concettuale. Sto sommando la velocità della luce con un’altra velocità… e questo va contro una certezza derlla relatività: la velocità della luce è la massima possibile. In realtà eseguo una composizione vettoriale di forze  solo per individuare la direzione del moto, ma non per calcolare una velocità finale che non avrebbe senso.  La direzione della luce appare, infatti, inclinata rispetto a quando eravamo fermi. Ciò vuol dire che per riuscire a vedere la stella dobbiamo piegare il telescopio di un certo angolo in direzione del moto della Terra intorno al Sole.

Figura 4
Figura 4

Ovviamente, lo spostamento della stella varia seguendo la rivoluzione del nostro pianeta: un po’ va verso destra e un po’ verso sinistra descrivendo l’ellisse di aberrazione. Seguendo la stella per tutto l’anno si può ricavare il semiasse dell’ellisse. Noto questo (che è anche l’angolo tra c e VF) e la velocità VT della Terra, si può facilmente ricavare c. Come vedete non ho usato VF, ma solo l’angolo tra le direzioni. In realtà, la situazione è un po’ più complicata se la stella è in una posizione qualsiasi, ma il calcolo si effettua velocemente attraverso semplici formule di trigonometria.

Anche il Sole, ovviamente, mostra l’ellisse di aberrazione. Esiste poi anche un’aberrazione diurna dovuta alla rotazione della Terra intorno al suo asse (decisamente meno importante) e una planetaria, molto più complicata a causa del moto proprio dei pianeti.

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20 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. bellissimo articolo Enzo, conoscevo i cenni storici che hanno portato ai vari calcoli dei parametri di "c" ma i tuoi esempi semplici e geniali sono di grandissimo aiuto per capire concetti a volte "ostici".
    se non ci fossi tu.....
    grazie

  2. Citazione Originariamente Scritto da etruscastro Visualizza Messaggio
    bellissimo articolo Enzo, conoscevo i cenni storici che hanno portato ai vari calcoli dei parametri di "c" ma i tuoi esempi semplici e geniali sono di grandissimo aiuto per capire concetti a volte "ostici".
    se non ci fossi tu.....
    grazie
    Ovviamente, mi accodo!!! Letto tutto d'un fiato....

  3. un'aggiunta è però d'obbligo. Grazie al metodo di Roemer ho passato il mio primo concorso di astronomo nel 1972... Se non l'avessi passato avrei forse cambiato mestiere (probabilmente informatico...). Magari qualcuno sarebbe stato contento

  4. Veramente interessante, da fan di Galilei conoscevo le sue ardite mosse controcorrente, ma Roemer non lo avevo mai sentito

  5. Solo per arricchire le info sull'argomento, volevo riportare la simpatica esperienza dagli studenti di un liceo di Brunico che hanno determinato la velocità della luce osservando la variabile CY Aquarii in diverse stagioni. La variabile pulsa con un periodo costante e quindi può essere considerata come una specie di orologio. Gli anticipi ed i ritardi sono quindi riconducibili alla velocità finita della luce in relazione alle posizioni geometriche della variabile e della Terra nel suo percorso intorno al Sole.
    L'articolo era stato pubblicato sull'inserto di Astronomia della rivista "Le Scienze" (ottobre 2011), ma si può trovare anche in tedesco all'indirizzo: http://www.astronomie-und-internet.d...010_9_S74).pdf

    Saluti
    Lorenzo Franco

  6. Domanda da analfabeta.. ok la spiegazione, ma io, e penso tutti quelli della mia forza, sul discorso della pioggia pensavo che le gocce arivano sempre diritte, correndo mi cadranno in testa quelle che sono un po più avanti di dove mi trovo e quelle che mi vanno sui piedi sono quelle che si trovano nello spazio che percorro nel tempo che dipende dalla mia velocità e da quella di caduta delle gocce. non so se mi spiego. Non capisco la faccenda dell'ombrello inclinato, le gocce in testa le prendo comunque.....

  7. Citazione Originariamente Scritto da Huniseth Visualizza Messaggio
    Domanda da analfabeta.. ok la spiegazione, ma io, e penso tutti quelli della mia forza, sul discorso della pioggia pensavo che le gocce arivano sempre diritte, correndo mi cadranno in testa quelle che sono un po più avanti di dove mi trovo e quelle che mi vanno sui piedi sono quelle che si trovano nello spazio che percorro nel tempo che dipende dalla mia velocità e da quella di caduta delle gocce. non so se mi spiego. Non capisco la faccenda dell'ombrello inclinato, le gocce in testa le prendo comunque.....
    Dimostrazione lampante che quando non si ha base teorica non si capisce neanche la pratica Mi sei caduto proprio su un fenomeno che tutti (anche i manovali) subiscono. Il problema non è pratica o teoria è poca voglia di capire...

  8. Citazione Originariamente Scritto da Franco Lorenzo Visualizza Messaggio
    Solo per arricchire le info sull'argomento, volevo riportare la simpatica esperienza dagli studenti di un liceo di Brunico che hanno determinato la velocità della luce osservando la variabile CY Aquarii in diverse stagioni. La variabile pulsa con un periodo costante e quindi può essere considerata come una specie di orologio. Gli anticipi ed i ritardi sono quindi riconducibili alla velocità finita della luce in relazione alle posizioni geometriche della variabile e della Terra nel suo percorso intorno al Sole.
    L'articolo era stato pubblicato sull'inserto di Astronomia della rivista "Le Scienze" (ottobre 2011), ma si può trovare anche in tedesco all'indirizzo: http://www.astronomie-und-internet.de/docs/Lichtgeschwindigkeit(suw_2010_9_S74).pdf

    Saluti
    Lorenzo Franco
    ottimo!!!

  9. Va bè, ma non c'è neanche voglia di spiegare.
    Se io faccio un metro al secondo, in quel metro e in quel secondo al di sotto dell'ombrello ci saranno x gocce d'acqua che io avanzando mi prendo addosso prima che cadano a terra. D'altronde per evitare di prenderla abbasso l'ombrello, ma questo non impedisce all'acqua che cade in quel secondo e in quel metro di cadermi in testa.
    O vuoi farmi capire o altrimenti ognuno continua a pensarla come gli pare e a bagnarsi.