Originariamente Scritto da
Valerio Ricciardi
Anzitutto non è che io ho torto una volta tanto: ho torto spessissimo, ed una delle cose che più mi fan sentire vivo è riconoscerlo e correggere i miei errori, perché ciò vuol dire imparare, ed avere la gioia del rinnovamento e della rinascita è una forma di prolungamento della gioventù.
Spero umanamente parlando che ciò valga anche per te.
E son convinto che percepirai entro poche righe come in alcun modo il mio scopo sia quello di dimostrare di poterti smentire: non me ne viene nulla in tasca, non debbo "fare carriera" come immagine, specie a tuo danno che percepisco essere, più che meritatamente a mio avviso, stimatissimo, qui.
Premetto che se tu vuoi ritenere che Steiner sia alla base delle pratiche omeopatiche, davvero non sarò io ad impedirtelo; tantopiù che non mi son mai curato in vita mia (alla bisogna) con l'omeopatia, di cui allo stato non ho una ragione al mondo di ritenere abbia una efficacia al di là dell'effetto placebo, ma solo con la medicina allopatica moderna o - con molta efficacia - con l'erboristeria per riequilibrare leggeri dismetabolismi, che sono il miglior campo di azione della medicina naturale basata su infusi e decotti di piante.
La mia posizione è che esiste una sola medicina: quella che cura. Per fare un esempio, data l'assoluta efficacia dell'agopuntura cinese come analgesico, come fattore in grado di interrompere il meccanismo "a catastrofe" di moti processi infiammatori; e addirittura, in mani esperte, come anestetico (è utilizzata in sala operatoria con un successo eclatante laggiù) io non ho nessuna difficoltà a considerare quella dell'agopuntura una pratica medica.
Per quanto attiene all'omeopatia, invece, facendo parte di una famiglia in cui nel ramo materno ci sono (mi riferisco ai parenti più stretti, familglia numerosa) nove medici fra cui l'ex coordinatore di tutti i primari del San Giovanni di Roma, una ricercatrice biologa e una laureanda in immunologia, diciamo che qualche occasione di parlare di queste cose e di avere lo stimolo per aggiornarmi l'ho anche avuta, certo non per mio merito ma per ragioni ambientali. Uno straccio di preparazione scientifica di base derivante dagli studi universitari (con mentalità acquisita si spera un poco Galileiana) ha fatto il resto.
Ed ho la sensazione che la pratica omeopatica moderna "viva di rendita" senza basi scientifiche su due fattori:
1) l'evidenza della efficacia fondamentale delle vaccinazioni nella storia moderna - ed il principio della vaccinazione, per una volta, è difficile negare in buona fede sia poi incompatibile col concetto omeopatico; e questo fatto "se lo rivendono" sino alla nausea
2) la frequentemente ottima qualità medica ed umana degli omeopati, che a differenza della maggior parte degli specialisti attuali e dei medici di famiglia si comportano ancora come dovrebbe fare un medico, e come spesso non fa più: prestano attenzione al paziente, lo sottopongono ad un'anamnesi accuratissima, si informano sui suoi stili di vita relativamente ai quali (ore di sonno, attività fisica, alimentazione) cercano di interferire con prescrizioni dietetiche assolutamente "normali, moderne e corrette", ed in generale cercano di mantenere un approccio olistico verso il paziente, non considerando l'individuo con il "corpo estraneo" della malattia, ma l'individuo malato nella sua globalità.
Dopodiché si creano a mio avviso le migliori condizioni perché si innesti un effetto placebo positivo e micidiale (in senso buono) nel paziente, che si sente rassicurato, considerato, "curato", non ridotto al n.47 della fila per avere un foglietto rosa col quale fra quattro mesi gli faranno una risonanza, a seguito della quale un medico distratto e sgarbato gli scriverà su un foglietto rosa, con grafia illeggibile (tanto che c@##o ne devi capire tu?) il nome e la posologia di un farmaco (magari azzeccato); e di studi quantitativi eseguiti in doppio cieco che dimostrano la correlazione fra fiducia personale e stato di umore, ossia fattori di tipo squisitamente emotivo, e la risposta del sistema immunitario nei confronti di aggressioni allogene ce ne sono, nelle università di tutto il mondo, pile infinite.
E naturalmente, l'influenza di fattori psicosomatici nella risposta individuale alle terapie (evidenza scientificamente accertato direi ben più della relatività ristretta) ha prodotto prestissimo il lucroso deragliamento collaterale della medicina psicosomatica... :sad: e la tragedia ricomicia...
Quando Rudolf Steiner nacque, il fondatore e teorizzatore dell'omeopatia era già morto da 18 anni. L'omeopatia ha le sue basi nei primissimi anni dell'800; il grosso del lavoro di Steiner che tentò di applicare principi di carattere omeopatico, ma stavolta all'agricoltura (c.d. "agricoltura biodinamica") è della fine dell'800: circa addirittura un secolo dopo il momento in cui Hahnemann credette di notare che assumendo chinino da sano questo gli provocasse in forma leggera i sintomi della malaria, che già si sapeva mitigava quando non curava (chissà che aveva combinato, si sarà intossicato con un dosaggio eccessivo).
Hahnemann, Steiner son figli di alcuni secoli di transizione che han prodotto persone come Galileo, che ci ha insegnato un metodo sperimentale valido ancora oggi, e a cui dobbiamo mi pare qualcosa, e figure come Itzaac Newton, che presumo non metterai nella tua mente nello stesso cassetto in cui metteresti Wanna Marchi... almeno spero: bene, il finissimo matematico cui dobbiamo la miglior teoria meccanica disponibile prima di Einstein... era una appassionato alchimista, che nel 1693 pubblico Praxis, un trattato che ha una lunghissima prefazione sulla simbologia esoterica alchemica, e una seconda parte in cui tratta con una disamina accurata le pratiche degli alchimisti.
Si, gli alchimisti quelli della pietra filosofale, quelli che volevano trasformare il piombo in oro, quelli che attribuivano all'astrologia una influenza sull'evoluzione dei processi chimici (che si osservavano senza capirli).
E il grande collaboratore di Leibnitz, noto peraltro (Newton) per avere un carattere schifoso, acidone e collerico come pochi uomini nella storia della Scienza, stroncò senza ritegno, portandolo a momenti alla depressione, l'inventore del doppietto acromatico - basato su due vetri con diversi rapporti fra indice di rifrazione e indice di dispersione. Senza naturalmente prima leggere la pubblicazione del lavoro in cui venivano evidenziati i primi, nettissimi risultati ottenuto in termini di cromatismo residuo.
Newton, con pochi esperimenti non esaustivi, era giunto alla conclusione (corretta nel limite del campione modesto di vetri che aveva a disposizione) che l'indice di rifrazione di un vetro e il suo indice di dispersione andassero crescendo o diminuendo di pari passo, a seconda del tipo di vetro; se ciò fosse stato vero, ovviamente l'idea dell'obiettivo a rifrazione acromatico sarebbe stata concettualmente una chimera.
Fece delle prove, concluse speditivamente che era così, e tanto sbeffeggiò chi stava dimostrando il contrario che al poveretto nessuno dette retta; chi non capiva che non si poteva avere un indice di rifrazione che variava proprio come l'indice di dispersione, era evidentemente un imbecille e doveva ristudiarsi qualche libro.
Aveva un tatto ed un rispetto per le idee altrui degne del peggior Vittorio Sgarbi.
Se così non fosse stato, il "secolo dei rifrattori" sarebbe iniziato circa venticinque anni prima e le scoperte sulle superfici planetarie possibili sino a Yerkes con quella categoria di strumenti sarebbero giunte anche prima.
Pensa: Newton che rallenta il corso della Scienza con la sua inossidabile (e ben nota) presunzione.
Su Steiner, più in dettaglio, ti scriverò qui in un altro momento. ;)