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    Buchi neri, superstringhe e gravità

    Buchi neri, superstringhe e gravità
    Uno studio appena pubblicato su Science analizza le proprietà quantistiche dei buchi neri, mettendole in relazione per la prima volta con la teoria della gravità. Questo sembra confermare una delle teorie più discusse della meccanica quantistica: quella delle superstringhe
    di Giulia Bonelli


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    Isaac Newton in un’illustrazione di William Blake. Crediti: Wikimedia Commons


    Conciliare fisica classica e fisica quantistica partendo dallo spazio. È la proposta di uno studio appena pubblicato su Science, che ha sviluppato una simulazione in grado di dimostrare la natura quantistica dei buchi neri. Fornendo una prova fondamentale per mettere in relazione due teorie apparentemente molto lontane tra loro: quella delle superstringhe e quella della gravitazione universale.


    Partiamo dalla seconda. Pensando alla forza di gravità, una delle prime immagini che evochiamo è probabilmente la storia di Newton e della mela. Ma se il grande matematico inglese intuì davvero le leggi dell’interazione gravitazionale grazie al famoso frutto che gli cadde sulla testa, la fisica non si è certo fermata lì.


    All’inizio del secolo scorso la gravità è stata inserita nella teoria della relatività generale, formulata da Einstein quasi due secoli e mezzo dopo il leggendario e fortunato incidente di Newton. E fino a qui, non ci sono stati grossi problemi: il tutto rientrava ancora nella cornice della fisica classica, in cui tutte le forze conosciute erano unificate.


    Ma poi è arrivata la fisica quantistica, e con essa i primi paradossi apparentemente insolubili. Paradossi tra cui la gravità aveva un posto d’onore: formulare la sua versione quantistica sembrava impossibile. Semplicemente, questa “nuova fisica” pareva contraddire la teoria della gravità, e viceversa.


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    Elaborazione artistica della multidimensionalità della teoria delle superstringhe. Crediti: Wikimedia Commons


    Come uscirne? Nel corso del ‘900 non sono scarseggiati i tentativi di unificazione, ma mancava sempre un tassello per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Da qui le fantomatiche teorie del tutto: maxi formulazioni che ambivano a collegare tutti i fenomeni fisici conosciuti, spesso però guardate con sospetto dagli scienziati.


    Lo stesso acronimo, TOE (che deriva appunto da theory of everything) nasce in forma ironica, forse in riferimento a un famoso personaggio nei racconti di fantascienza dello scrittore polacco Stanisław Lem.


    Eppure uno di questi tentativi unificatori ha trovato improvvisamente enorme consenso: si tratta della teoria delle superstringhe, che puntava a spiegare tutte le particelle e le forze fondamentali della natura considerandole come tante vibrazioni di sottilissime stringhe supersimmetriche. In pratica i blocchi ultimi della materia non sarebbero punti, ma appunto stringhe, con una loro estensione.


    Ecco che la gravità veniva in qualche modo addomesticata: nel modello delle superstringhe, la forza gravitazionale rientrava nel cosiddetto dualismo gauge-gravità, che permetteva una descrizione matematica coerente di tutto il sistema.


    Eppure, questa coerenza restava soltanto formale: tante sono state le critiche mosse alle superstringhe, proprio perché mancava una prova che ne confermasse l’ipotesi di partenza nel mondo che conosciamo.


    Ora l’articolo pubblicato su Science sembra fornire proprio questo. Il punto di partenza in realtà non è esattamente alla nostra portata: lo spazio profondo, e in particolare alcuni tra i suoi oggetti più misteriosi, i buchi neri. Ma proprio gli ammassi di materia ed energia ad altissima densità che popolano il nostro Universo potrebbero essere la chiave per dimostrare il fantomatico dualismo gauge-gravità alla base della teoria delle superstringhe.


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    Le proprietà gravitazionali (A) e quantistiche (B) dei buchi neri. Crediti:NASA/ESA/XMM-NEWTON/SCIENCE SOURCE


    Il gruppo di ricerca, guidato da Masanori Hanada dello Yukawa Institute for Theoretical Physics dell’Università di Kyoto, ha testato questa relazione a partire da un calcolo dell’entropia di un buco nero. E lo ha fatto con due approcci diversi: prima utilizzando la teoria di gauge (alla base delle formulazioni del campo quantistico) e poi la teoria della gravità.


    Sorprendentemente, i risultati erano in perfetto accordo tra loro: due strade diverse per arrivare alla stessa cosa. Ecco che quindi attraverso i buchi neri verrebbe confermato il dualismo previsto dalla teoria delle superstringhe. E non solo: l’esperimento appare fornire la prima prova reale che dimostra la coerenza interna della teoria delle stringhe. Che, finalmente, potrebbe definirsi una teoria quantistica della gravità.


    Per saperne di più:


    Leggi l’articolo di M. Hanada et al. “Holographic description of a quantum black hole on a computer” su Science

    Articolo originale QUI.

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