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Albertus
"se si diminuisce l'intensità di una radiazione elettromagnetica diminuisce la frequenza ?
ma stiamo scherzando ?"
Io non ho mai detto questo. L'intensità della radiazione elettromagnetica dipende dall'ampiezza dell'onda elettromagnetica o, considerando il comportamento corpuscolare dalla luce, dal numero di fotoni che arrivano al rivelatore. La frequenza è legata all'energia del singolo fotone, che è quantizzata.
Quello che le stavo riportando era solo una spiegazione di come il comportamento duale della luce si nota principalmente con la frequenza (almeno dal punto di vista astrofisico-sperimentale) non dall'intensità, corredando la mia affermazione con esempi e spiegazioni (come sempre) e che lei ignora (come sempre).
L'esperimento della doppia fenditura condotto con un singolo fotone, come le dicevo, mostrerebbe comunque entrambi i comportamenti della luce: se mettessimo 2 rivelatori subito dopo i 2 fori riveleremmo il passaggio della particella in uno solo dei 2 fori per ogni fotone sparato. Quindi è come se i fotoni si comportassero come corpuscoli (o passano in un foro o nell'altro).
Se invece sparassimo un gran numero di fotoni uno alla volta senza voler sapere quale foro hanno attraversato (quindi senza perturbare la funzione d'onda dei singoli fotoni subito dopo il passaggio alla doppia fenditura) e registrassimo con un detector solo l'arrivo alla posizione finale dei singoli fotoni, mettendo insieme la posizione finale di tutti i fotoni ricevuti otterremmo il tipico pattern della diffrazione. È come se i singoli fotoni quindi si comportassero anche in modo ondulatorio passando attraverso entrambe le fenditure e la loro funzione d'onda collassasse sul detector finale in un solo punto. Mettendo insieme tutti questi punti si recupera il tipico pattern della diffrazione di un' onda attraverso 2 fenditure.
Di nuovo, la natura ondulatoria della luce è innegabile, non stiamo parlando di onde classiche, in maniera più appropriata bisogna parlare di campi e funzioni d'onda, che però evidenziano sempre la natura ondulatoria del fenomeno. Il fatto che le eccitazioni del campo (le particelle) siano discrete, non esclude la natura ondulatoria di tali particelle. Queste eccitazioni possono anche venir descritte come le eccitazioni di oscillatori armonici quantistici accoppiati. In parole semplici è come se in ogni punto dello spazio il valore che può assumere un campo quantistico oscilli come se si trattasse di una "molla", con proprietà quantistiche. E le particelle vengano rappresentate proprio come stati eccitati di tante molle accoppiate che oscillano con una certa fase, producendo di fatto la propagazione di questa particella/onda. La spiegazione è semplificata ma non solo sul web di trovano numerosi spiegazioni grafiche per capire meglio di cosa parlo, ma soprattutto, se apre un libro serio di teoria quantistica dei campi, troverebbe discusso il legame tra campi quantistici ed oscillatori armonici, e sarebbe un altro modo per comprendere intuitivamente la natura ondulatoria che si trova alla base di tutti questi fenomeni. Persino le particelle virtuali (mediatori delle interazioni fondamentali) sono viste come fluttuazioni dello stato di vuoto di un campo. In assenza di particelle "vere", ogni campo quantistico oscilla, è come se "ribollisse" e quindi ha una certa energia anche nel vuoto. Queste fluttuazioni sono descritte come "particelle virtuali" e matematicamente sono descritte come sovrapposizioni di perturbazioni ondulatorie. Ovviamente la matematica è molto più complessa e non stiamo considerando tantissimi altri aspetti.
Lei sostiene che nel caso della luce sia sbagliato parlare di lunghezza d'onda... Sulla spiegazione dello spazio che stiracchia la lunghezza d'onda è ovvio che se vogliamo essere ultra-precisi bisognerebbe parlare di come il campo elettromagnetico (un campo quantistico relativistico) si comporta assumendo come background una metrica di Friedman-Lemaitre-Robertson-Walker (che descrive la geometria di un Universo in espansione), ma alla fin dei conti l'espansione dell'Universo fa si che noi riveliamo fotoni con una lunghezza d'onda finale maggiore di quella di partenza, e la relatività ci dice che le distanze tra tutti i punti dell'Universo (entro certi limiti) aumenta di un certo fattore per ogni istante di tempo. Se immaginiamo la luce come un'onda classica anche la distanza tra 2 creste dell'onda elettromagnetica aumenta con il tempo (viene stiracchiata). Ripeto la luce non è un'onda classica ma comunque viene descritta (anche in QED) con una natura ondulatoria (il che come spiegato già 100 volte non esclude il fatto che sia fatta da particelle). E l'effetto dell'espansione dell'Universo può essere visualizzato come sopra. Le singole particelle non sono puntini ma sono descritte come eccitazioni ondulatorie di un campo quantistico (sarà la 70esima volta che lo ripeto. Lo apra un libro serio di QED e lo troverà). Più eccitazioni di diversa frequenza vengono combinate e più il pacchetto d'onda finale è "stretto" (e quindi localizzato).
Non mi metta in bocca parole non dette e non ignori il contenuto dei miei 10 commenti soffermandosi nuovamente su una singola frase, estrapolata, non capita bene e ignorando il contesto.
Rimanga con le sue idee, dagli altri commenti mi sembra che lei comunque abbia letto molte cose e sia interessato alla Scienza, mi dispiace che però non avendo gli strumenti matematici per approfondire su libri specializzati e non lavorando nel campo rischia di farsi idee non del tutto corrette. Ecco perché la invitavo a rivolgersi a qualche esperto o leggere libri più "tosti".
Non sto qui a convincerla anche se dopo tutto comunque apprezzo il tentativo di avvisare le persone di stare attente alle spiegazioni eccessivamente semplificate.
Buona serata