
galassia M33
Chiunque condivida il nostro hobby, conosce i problemi che occorre risolvere: messa in postazione del telescopio, installazione e messa a fuoco della fotocamera, ricerca degli oggetti da fotografare, ricerca di una stellina nello strumento di guida, fotografare per 15 minuti circa con un continuo inseguimento dalla pulsantiera, passare alla prossima, e così via…
Non si porta mai a sviluppare un rullino pieno di foto…il tappo dimenticato sullo strumento, uno scatto con il tempo di 1/1000, un calcio al cavalletto, una pila accesa, una automobile che arriva, un cavo dell’alimentazione staccato, una frizione non bloccata, sono tutti ottimi motivi per stampare soltanto una quindicina di fotografie. Però queste sono…No! Troviamo coloratissime foto di anellini da brodo (spacciati a volte per “ammassi di nebulose planetarie”), causate dal fuoco non corretto, lunghe strisce di stelline colorate (“stelle e strisce”), lasciando l’inseguimento ad un motore senza alimentazione.
Le foto, inoltre, esibiscono perfidamente tutti i tipi di punteggiatura. Avremo così i punti esclamativi per uno starnuto, i punti interrogativi per un cattivo inseguimento, le parentesi, le virgole, i punto e virgole, i due punti, e, molto di rado, i punti. Quest’ultime, in media tre per rullino, sono le foto da far vedere agli amici. Per queste tre foto facciamo queste sfacchinate.
Questi erano i miei pensieri mentre, nel tardo pomeriggio, la piccola utilitaria ci portava sulle alture della periferia cittadina, dove avevamo trovato un posto stupendo. Monta il cavalletto, installa il tubo ottico, fotocamera, inseguitore, fai il collegamento alla batteria dell’auto mentre un piccolo tavolo da campeggio ed un paio di sedie rendevano più confortevole il posto di osservazione. Un’ampia radura circondata da boschi, con un tappeto di erba, forse mai tagliata, che, al tramonto sembrava una distesa di acqua, dalla superficie increspata.Il tavolo era colmo di oggetti vari: pile (bianche e rosse), oculari, obiettivi, distanziali, filtri, atlante, binocoli, penne libri e tante altre cose, mentre nel bagagliaio dell’auto lasciammo borse, indumenti, thermos ecc.
Il cielo prometteva una serata stupenda, le nuvole erano scomparse, la macchia di azzurro intenso visibile ad ovest si scuriva velocemente mentre, terminati i preparativi, attendevamo il momento per iniziare. Guido, il mio compagno di avventura, si curava del puntamento e dell’inseguimento dei soggetti delle foto, mentre io rilevavo le coordinate dalla nostra documentazione, calcolavo i tempi, prendevo appunti e facevo ogni genere di assistenza necessaria in questa attività.
Il programma della serata era molto ambizioso: M13, la Dumbell, M57, la Nord America, Il Velo del Cigno, la Trifida, l’Omega, la Laguna, Andromeda, M33, il doppio ammasso del Perseo e poi si vedrà. Il buio ci colse di sorpresa, un buio vero, intenso, irreale, da non vedere niente. La volta stellata non ci illuminava, l’orizzonte era intuibile soltanto perché terminavano le stelle. Due lucine rosse leggevano le coordinate, prendevano appunti, illuminavano i cerchi graduati, e poi 15, 20, 30 minuti di silenzio, rotto soltanto dal poco rassicurante rumore del motore di A.R.
Nemmeno i sinistri richiami degli uccelli notturni e gli animali del bosco osavano disturbare la quiete che ci circondava. Guido era stranamente silenzioso, da alcune mie domande cadute nel vuoto, capii che non aveva voglia di parlare, forse per paura di interrompere il “momento magico” che durava da ore. Erano in progetto ancora un paio di foto quando, lette le coordinate, passai i dati a Guido, e spensi la pila. Mi voltai verso di lui e mi accorsi che lo vedevo, vedevo lo strumento, il tavolo, gli alberi, la distesa di erba e l’orizzonte.
Improvvisamente mi trovai immerso in una notte “normale”. Divenne normale anche Guido che riprese a parlare, chiedere, scherzare. Il doppio di Perseo. I motori di correzione, che non avevo sentito per tutta la serata, erano sempre in attività, Guido litigava con il telescopio e con la stellina di inseguimento, come sempre. M33. In lontananza si udiva il lugubre urlo dell’assiolo mentre nel bosco gli animali riprendevano le loro abituali lotte notturne.
“Che ore sono”? “Le due”, risposi, “è meglio andare, intanto, con tutta sta luce avremo brutti risultati”. Sistemato tutto il materiale nell’auto, prendiamo la strada del ritorno e accompagnai Guido davanti a casa. “Mi raccomando domani porta subito le foto a sviluppare, poi ci sentiamo” mi dice “buonanotte”.
La sera dopo, con le fotografie in mano, un’occhiata veloce mi fece capire che erano dei capolavori, andai da Guido e cominciammo a guardarle con cura. Ne scartammo due, le ultime fatte, mal inseguite, il cielo chiaro, M33 e il doppio di Perseo facevano pena ma le altre…Erano foto che sembravano provenire dal lavoro dei grandi telescopi degli astronomi.
Probabilmente, però, era stata sbagliata la mira. Non uno dei soggetti programmati erano visibili in quelle foto!
Con l’aiuto dei negativi, numerammo una serie di 22 fotografie in ordine di ripresa. La numero uno riprendeva, al centro del campo una doppia bellissima, le cui componenti, una azzurra e l’altra arancione, erano molto luminose. Ma certo era lei: Albireo. Il computer ed un programma di astronomia ci vennero in aiuto.
Il programma ci dimostrò che la seconda foto prendeva un campo molto più ristretto della stessa zona di cielo. Corrispondeva ad una focale di 4 metri! La terza risultò 8, la quarta 16, e cosi via! Gia alla quinta foto perdemmo ogni possibile collegamento con il computer.
Nel frattempo il telegiornale della sera, iniziava con una straordinaria notizia: “Non siamo soli nell’universo. Da diversi punti della terra i radiotelescopi hanno individuato una sorgente di segnali radio inviati senza ombra di dubbio da esseri intelligenti. I segnali provengono dalla costellazione del Cigno”.
Io e Guido ci guardammo negli occhi. Sapevamo già tutto. Nella foto 22 vedemmo una stella molto splendente ed un piccolo puntino luminoso, forse un pianeta. “Bisogna mettere al sicuro i negativi!”. Non era necessario: erano tutti perfettamente trasparenti con esclusione di M33 ed il doppio ammasso che, in fin dei conti, non erano venuti poi tanto male.