
L’annuncio è stato dato da Chris Willot (Università di Ottawa) nel corso della Conferenza annuale della Società astronomica canadese tenutasi nelle scorse settimane a Kingston: il nuovo record delle distanze cosmiche spetta dunque a un quasar che si trova a circa 13 miliardi di anni luce. La scoperta è il notevole risultato della CFHQS (Canada-France High-z Quasar Survey), l’indagine che gli astronomi del Canada-France-Hawaii Telescope hanno intrapreso mettendo in campo la fantastica MegaCam.
Per dare una vaga idea del progetto, basta dire che il set di dati a disposizione dei ricercatori comprende oltre 10 milioni di stelle e galassie, un dato che ci fa anche capire come non sia certo uno scherzo, in un cielo così affollato, distinguere i quasar più distanti dalle stelle e dalle galassie normali.
La conferma definitiva della reale distanza degli oggetti gli astronomi l’hanno dovuta ricavare dallo studio accurato dello spettro delle sorgenti, operazione per la quale hanno chiamato in causa il telescopio Gemini Sud. E’ stata questa analisi dettagliata a indicare che le linee spettrali di un quasar – il cui nome in codice è CFHQS J2329-0301 – mostravano uno spostamento verso il rosso (redshift) di 6,43. Un simile valore indica che la luce di questo quasar ha cominciato il suo viaggio verso di noi circa 13 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva solamente 700 milioni di anni. Per circa due milioni di anni luce, dunque, viene battuto il precedente record di distanza cosmica, il cui detentore era SDSS J1148+5251, un altro quasar scoperto nel 2003.
Al di là del nuovo record, quello che più soddisfa gli astronomi è la notevole luminosità di CFHQS J2329-031, grazie alla quale si spera di poter ottenere importanti indizi sul gas che quella luce ha dovuto attraversare per giungere fino a noi. Secondo i ricercatori, il motore che alimenta la produzione energetica del quasar è un enorme buco nero, la cui massa si stima sia dell’ordine dei 500 milioni di masse solari.
“Il prossimo passo – conferma Willot – sarà quello di ottenere lo spettro del quasar nell’infrarosso, in modo da definire con maggiore precisione il suo redshift. Poi si cercherà di approfondire che cosa questo quasar è in grado di raccontarci sui meccanismi di crescita dei primi buchi neri e delle prime galassie.”
Lo studio, dunque, è solamente all’inizio.
Fonte: Coelum