
Sembra dunque che il caso dell’anello G di Saturno e dei meccanismi che lo governano possa essere finalmente archiviato con successo. Almeno, questo è quanto sostengono Matthew Hedman, ricercatore del progetto Cassini, e i suoi collaboratori nello studio pubblicato a inizio mese su Science. La ricerca, che coinvolge nello scenario l’azione del campo magnetico di Saturno nonchè il disturbo gravitazionale di Mimas, è basata sulle osservazioni degli strumenti della sonda Cassini effettuate nel 2004 e nel 2005.
A differenza di altre simili strutture di Saturno, l’anello G non è direttamente associato a un satellite che ne assicuri il mantenimento con un costante rifornimento di materiale (qual è il caso dell’anello E con Encelado) e neppure è tenuto al suo posto dall’azione di contenimento di satelliti pastori (come succede all’anello F con Prometeo e Pandora). Davvero difficile, dunque, trovare una spiegazione per la sua presenza e il suo approvvigionamento.
Le osservazioni della Cassini, però, hanno più volte messo in luce la presenza di un brillante arco di materiale che si estende intorno a Saturno per una sessantina di gradi e la cui larghezza è di circa 250 chilometri. Questa sorta di frammento di anello giace all’interno dell’anello G, proprio nei pressi di una regione potenzialmente interessata dal disturbo gravitazionale del satellite Mimas e secondo i ricercatori sarebbe proprio questo arco la chiave per comprendere l’anello.
Hedman e i suoi collaboratori sostengono che il materiale ghiacciato che costituisce l’arco – le cui dimensioni vanno da quelle di piccoli sassolini su su fino a quelle di massi di una certa consistenza – è confinato dall’azione gravitazionale di Mimas (una tesi confermata anche da simulazioni numeriche) e viene continuamente sollecitato da collisioni con micrometeoroidi. Sarebbero proprio tali impatti a produrre le polveri che sono all’origine della brillantezza dell’arco. Ma il gioco non finisce qui. Sotto l’azione del campo magnetico di Saturno, infatti, l’arco sarebbe continuamente spazzato da una sorta di vento di plasma che, rimuovendo le polveri più sottili, le convoglierebbe in una struttuta stabile: l’anello G, appunto.
Per il momento, comunque, è doveroso considerare lo scenario proposto da Hedman e dal suo team come un’attendibile ipotesi di studio, nell’attesa che il panorama diventi di gran lunga più chiaro tra un anno e mezzo, quando la sonda Cassini passerà a soli 950 chilometri di distanza dall’arco. La speranza dei ricercatori, ovviamente, è che in tale occasione giunga la conferma del loro scenario e, magari, si riesca anche a scorgere almeno qualcuno dei macigni nascosti nell’arco e che finora non è mai stato possibile individuare.
Fonte: Coelum