Non ci volle molto per scorgere i primi puntini apparire all’orizzonte. Poi furono decine e centinaia. Ma la sua compagna non appariva. Ed intanto Pingo manifestava sempre di più la fame che lo stava assalendo. Il papà non poteva far niente se non restare fermo con l’angoscia nel cuore. Era contento di vedere i suoi amici scambiare gesti di affetto con le proprie femmine e subito dopo attuare il nuovo cambiamento di posizione del piccolo. Che commovente e gioiosa era la scena del becco del neonato che si infilava dentro a quello della mamma per saziarsi. Per lui invece solo tremenda tristezza, solcata anche da qualche traccia di invidia. Non voleva nemmeno guardare il suo Pingo, sicuramente destinato ad una fine prematura. Non l’avrebbe comunque lasciato solo per andare a mangiare: avrebbero condiviso la stessa sorte.
Poi apparve la compagna, una delle ultime. Era stata ferita da una foca leopardo e l’ala sinistra mostrava chiaramente i segni dell’attacco. Ma ce l’aveva fatta anche se la lunga marcia dal mare era stata un vero incubo. Ora poteva beccare amorevolmente il suo piccolo ed anche il dolore sembrava essere passato. Il papà fece ancora due moine alla famigliola e poi corse verso la lontana acqua ed i pesci: aveva una fame spaventosa!
L’astronave d’esplorazione di Zonkeron si alzò da dietro la collina ghiacciata. Che fortuna aveva avuto a fermarsi in quella distesa bianca e desolata. Doveva dire grazie a quel problema elettrico del motore di destra che lo aveva costretto ad una sosta imprevista. Ne era valsa proprio la pena. Aveva sorvolato, analizzato, osservato la vita che brulicava in tutte le terre emerse. Soprattutto quella razza che sembrava essere la dominatrice e la più sviluppata. Che tristezza e delusione aveva avuto. La loro tecnologia primitiva si stava sviluppando coerentemente, ma aveva distrutto la ragione ed i sentimenti.
Aveva già segnato tre pallini neri accanto al pianeta, segno inconfutabile di esclusione da qualsiasi contatto futuro. Ma ora si era ricreduto. Quello che aveva visto in quella terra inospitale lo aveva commosso profondamente e aveva ridato speranza al suo cuore dolce e gentile. Cancellò sorridendo il marchio negativo e lo cambiò in un faccino radioso. Sarebbero tornati ed avrebbero condiviso con quella splendida popolazione le loro impressionanti scoperte ed emozioni. Schiacciò con il lungo becco il pulsante centrale e pose la possente ala sul regolatore di velocità. In un attimo fu lontano nel cielo, mentre il piccolo Pingo guardava con stupore ed incomprensibile speranza quella luce che sorvolava il loro mondo ostile ma sincero.
un bel problema quando ragione e sentimento -che dovrebbero camminare senza usurpazione l’una dell’altro, e/o viceversa- vanno a scomparire.
la salvezza viene dalla tenerezza, dalla speranza e dall’azione consapevole.
ho sempre pensato che una vita senza sogni e senza speranza non abbia la grandezza necessaria per essere vissuta, non ha senso, rimane arida e desolata come “terre emerse ghiacciate” nel silenzio di una notte infinita.
faccio il tifo per pingo, per la semplicità e per il coraggio
sorrisoluminoso
daria
@daria,
come sempri hai azzeccato in pieno il mio pensiero e la mia sincera intenzione…Grande Daria!! Meriterebbe scrivere solo per te e per altri cari amici di questo sito.
Viva Pingo e tutti i Pinghi come lui….Ce ne sono ancora !!!
Dolce e malinconico racconto professore e meno male , alla fine, a lieto fine.
L’istinto di sopravvivenza è un grande motore che ci tiene legati a questa vita, ma cosa sarebbe se non ci fosse l’Amore?! Il carburante senza il quale quel motore si spegnerebbe prima del previsto!
Con affetto