Conferme sempre più solide ci dicono che i cosiddetti pianeti chiamati “Hot Jupiter” (Giove Caldo) subiscono probabilmente una fine prematura, divorati letteralmente dalla loro stella. Ne avevamo già parlato come caso eccezionale, ma adesso sembrerebbe la norma, almeno negli ammassi più antichi. La prova risolutiva sembra venire dallo studio sistematico dell’ammasso 47 Tucanae (47 Tuc), dove ci si sarebbe aspettato di trovare almeno una dozzina di pianeti giganti e vicini, tra le circa 34000 stelle investigate. I ricercatori terrestri, tra cui moltissimi amatori, pensavano giustamente che il posto migliore per cercare e trovare nuovi pianeti attraverso le eclissi sarebbe dovuto essere proprio un ammasso stellare dove vi erano moltissime stelle racchiuse in uno spazio limitato. E invece niente di niente.
Questo è anche un avviso per la missione Kepler: è meglio lasciar perdere gli ammassi molto vecchi e dedicarsi solo ai più giovani. In realtà, se da una parte è più facile cercare pianeti in un sistema estremamente affollato, dall’altra le stelle così vicine tra loro possono tranquillamente strapparsi pianeti l’una con l’altra. Questo però vale per corpi abbastanza lontani dalla madre. Per quelli molto vicini il problema è decisamente l’opposto. Oggetti giganteschi che si siano formati a distanze più vicini di quanto non sia Mercurio dal Sole sono destinati a soccombere in fretta a causa delle forze mareali che creano un allungamento della stella diretta verso il Giove Caldo, leggermente indietro rispetto alla posizione del pianeta (ossia, in leggero ritardo). Questo “protuberanza” della stella tende a rallentare il moto del pianeta e la sua orbita si fa più stretta. Orbita più vicina significa aumento dell’effetto mareale e quindi decadimento orbitale maggiore. Nel giro di pochi miliardi di anni (forse meno) il pianeta viene disintegrato o piomba direttamente nelle fauci della mamma cannibale.
Un modello numerico applicato a 47 Tuc dimostra che più del 96% dei suoi pianeti gioviani troppo vicini alle stelle sono andati distrutti e la maggior parte nel giro di poco più di un miliardo di anni. Ricordiamo che 47 Tuc ha un’età di circa 11 miliardi di anni.
La missione Kepler dovrebbe confermare quest’analisi osservativa e numerica. Secondo le stime, il numero dei pianeti dovrebbe aumentare con il diminuire dell’età dell’ammasso.

Rappresentazione molto schematica (ed esagerata) del meccanismo di “frenamento” del Giove Caldo (HJ) da parte degli effetti mareali reciproci con la stella S. Il prolungamento della stella avviene con un certo ritardo, per cui la forza F diretta da HJ al rigonfiamento di S tende a frenare HJ e, come conseguenza, a perdere energia e a scendere verso un orbita più bassa, dove gli effetti mareali saranno ancora maggiori. Qualcosa di simile capita anche negli scambi energetici tra satellti ed anelli di Saturno (e ne abbiamo già parlato).
Mi sapete dire qual’è il meccanismo di formazione di un “Giove caldo”?
Per quanto ne so io, l’accrescimento dei pianeti vicini alla stella si arresta poco dopo che la stessa si accende, in quanto la pressione di radiazione spazza via le particelle di polvere.
Per cui, o il “Giove caldo” si forma prima del flash della stella, oppure si forma a una certa distanza dall’astro e, per un motivo o per l’altro, finisce poi per avvicinarvisi.
Se è così, molti dei “Giove caldo” formatisi nel secondo modo sono destinati ad essere distrutti dalla loro stella.
E’ un ragionamento errato? E se si, perché?
caro Red,
effettivamente uno dei processi evolutivi è legato alla migrazione dei pianeti giganti verso la stella (i Giove Caldo sono formati essenzialmente da gas leggero e non da polvere e si formano abbastanza lontano dalle loro stelle). In questa migrazione gli scenari diventano vari: 1) sicuramente evaporano in parte e si possono trasformare in Nettuno Caldo. 2) Vengono bloccati in particolari risonanze e possono anche soravvivere a lungo. 3) come dici tu, prima o poi verranno ingoiati dalle stelle. D’altra parte si vede nell’articolo che in ammassi molto vecchi, molti pianeti sono stati mangiati. Vi sono però altri sistemi di creazione e di mantenimento legati a risonanze speciali e in quei casi i pianeti migrano in modo molto strano immettendosi a volte su orbite inclinate ed ellittiche. In tal modo possono anche sopravvivere.
Tuttavia, siamo solo all’inizio della scienza planetaria non-solare…