
La luce era quasi spettrale. L’atmosfera ormai rarefatta aveva riflessi che andavano dal rosso scuro al rosa e le ombre assumevano contorni imprecisi. Il Sole aveva già dato i primi colpi di “tosse” e ormai stava vivendo la sua agonia sotto forma di gigante rossa. La Terra aveva resistito fin che aveva potuto, ma ora recava segni indelebili della tragedia che l’aveva investita. Non vi era praticamente più vegetazione e ben poche forme evolute di vita si muovevano sull’arida superficie. Gli oceani erano ridotti a stagni maleodoranti, dove tutte quelle che erano state le meravigliose creature marine giacevano ormai decomposte nella melma. Le tempeste di sabbia spazzavano la Terra da un capo all’altra e facevano a malapena ricordare i terribili uragani che l’avevano investita nelle prime fasi di instabilità della sua stella. Ora il vento solare aveva strappato quasi tutto il vapor d’acqua dal terzo pianeta e l’aveva lasciato praticamente nudo, in preda ad una febbre incurabile.
Il piccolo gruppo di umani, nelle loro goffe tute, si muoveva lentamente in quella che era stata una delle più estese foreste della Terra. Ora vi erano solo rami secchi e contorti che marcivano, coperti da masse di insetti. Il grande fiume che l’attraversava per migliaia di chilometri sembrava una gigantesca e polverosa autostrada. Ogni tanto si intuiva l’esistenza di una pozza umida già da molto lontano a causa delle urla disperate di una moltitudine di animali che si accavallavano ai suoi bordi. Per poter arrivare a leccare una sola goccia di acqua si svolgevano battaglie mortali tra le creature che cercavano di giungere al prezioso liquido. Per una che riusciva a bere, dieci, venti, cento soccombevano e venivano sbranati senza più curarsi se appartenevano alla stessa razza oppure no. Il drappello degli umani doveva approfittare di quelle situazioni drammatiche. Si nascondeva, molto attento ad evitare quei momenti di puro delirio animalesco, mantenendo una giusta distanza di sicurezza. Senza muoversi ed in silenzio, aspettava che la situazione si tranquillizzasse (normalmente quando l’acqua fangosa era terminata) e poi ne approfittava per colpire le prede isolate. Ancora una breve attesa per essere sicuri che nessun antagonista affamato si fosse accorto della vittima che giaceva a terra, e poi il corpo veniva recuperato velocemente ed il gruppo si rimetteva in moto in quella spietata natura che lo circondava.
Il drappello era formato da due coppie di adulti, un anziano dal volto rugoso e bruciato dal Sole, e da cinque bambini di varia età. Il loro passo era lento ed il silenzio era rotto soltanto da qualche tentativo di pianto dei due più piccoli, che veniva subito bloccato sul nascere. In un mondo in cui la fame e la sete erano ormai la sola ossessione degli ultimi animali agonizzanti, sarebbero stati una preda troppo facile e sicura. Finalmente uscirono in una larga pianura sabbiosa e videro il loro rifugio di lamiera addossato a grandi massi che facevano da barriera e protezione. Sveltirono il passo per togliersi velocemente alla vista ed entrarono all’interno. Lo spazio era sufficiente per la sopravvivenza dei cinquanta esseri viventi che alla sera si ritrovavano in quell’ambiente non certo molto confortevole, ma sicuro. Il cibo veniva diviso equamente, anche se ogni tanto sorgevano alterchi tra i diversi gruppi che erano usciti a caccia durante il giorno. Fortunatamente i responsabili erano persone sagge ed esperte e riportavano la calma. L’armonia in quell’ambiente così difficile era essenziale e non ci si poteva lasciare andare a lotte personali.
Carino il racconto, anche se quando leggo “Poi la natura avrebbe avuto il sopravvento e la stella sarebbe esplosa inghiottendo tutto.” ho qualche perplessità: che io sappia, il Sole non finirà la sua vita esplodendo come una supernova, giusto? Non so se la frase si riferiva ad altro.
Comunque non credo che una civiltà interstellare abbia bisogno di fare dei safari e portare a “casa” degli animali morti; tanto più che erano “strani” e quindi le loro peculiarità da viventi sarebbero state particolarmente interessanti. Portarli non più “funzionanti” non mi sembra il massimo. Inoltre chissà che razza di realtà virtuali sarebbero disponibili, in quell’ipotetico futuro remoto, per sfogare istinti primitivi. Uno spreco inutile insomma. 😕
Ma vada per la licenza poetica
La morale della favola sara’ mica: “il lupo perde il pelo ma non il vizio”? 😈
@N.B.
Sono perfettamente d’accordo che il Sole non finirà come una supernova, ma diventare gigante rossa e poi formare una nebulosa planetaria mi sembra molto vicino all’esplosione … Siamo d’accordo poi che era meglio portarli vivi, oppure dire in qualche modo perchè dovevano essere morti (non potevano sopravvivere nelle stive dell’astronave o cose del genere).Ma dove sarebbe finita la sorpresa e l’ambiguita ? Se si sta troppo nella logica è meglio scrivere dei “saggi” e non dei raccontini di fantascienza…Non ti pare ? Comunque grazie per le critiche che sono sempre costruttive (ma occhio alla fine del Sole che non sarà “indolore”…).
@Fausto,
direi proprio di si…insieme al fatto che il primo amore non si scorda mai…
ciao e a presto
Impressionante 😯 Io ho letto sulla “nota” enciclopedia on-line che Terra sarà abitabile “solo” per circa 500 milioni di anni perchè il processo di accumulo di gas elio nel Sole ne provocherà l’intensificazione della luminosità, e temperatura, con le conseguenze di accelerare il ciclo del carbonio letale per la fotosintesi delle piante ecc…ben prima quindi della sua espansione a gigante rossa, situabile a 5 miliardi di anni..
Innanzitutto bel racconto! Io speravo che finisse con la morte del genere umano, non perchè mi piaccia l’idea, ma perchè mi pareva la più plausibile… invece colpo di scena! Questo perchè siamo legati all’idea di perpetuazione del genere umano(?). E poi al Prof. evidentemente piace il lieto fine! 😎 Sono entusiasta dei suoi contributi fantascientifici (e non solo)!
@Moreno, sempre legandoci al “sogno” di perpetuazione del genere umano, speriamo davvero (come nel racconto del Prof. Zappalà) di trovare un altro posto dove vivere un giorno, altrimenti il nostro destino è l’estinzione, che si tratti di 5 miliardi o di 500 milioni di anni… 😯
caro Maurizio,
sei sempre gentilissimo. In realtà è abbastanza strano il lieto fine per i miei racconti … Vedrai che tra un po’ ne arriveranno di quelli completamente diversi.
Mi raccomando continua a leggerli e a commentarli !
ciao
Bel racconto, complimenti Enzo. Per altro mi ricorda molto un film che vidi tempo fa (mi sembra sunshine) in cui alcuni astronauti dovevano far brillare non so quante bombe per far “riaccendere” il sole.
Bel racconto anche se mi ricorda molto Rumore di tuono di Ray Bradury, per la storia del Safari sopratutto, se il sole ci inghiottirà o no non è un problema perche, purtroppo non ci saremo, ed io pagherei per vedere la fine di tutto…la giusta punizione…bha sarà l’ora notte a tutti .)
caro Cosmo,
non conoscevo il racconto di Bradbury. Come sempre un capolavoro! però penso che lo spirito sia completamente diverso… Forse altri miei racconti sono più vicini, toccando il problema del tempo. Tra parentesi ho visto che hai fatto un “sunto” dell’uovo e il cosmo…non sarebbe meglio indicare la fonte da cui l’hai preso? O forse sono io che non l’ho vista ? Ciao