La NASA esplora lo spazio da quasi 50 anni. Tanti sono stati i successi strepitosi. Tuttavia “c’è ancora una cosa che non sappiamo con certezza: qual è l’approccio migliore per esplorare un pianeta?” dichiara Paul D. Spudis, scienziato $planetario$ alla Johns Hopkins University’s Applied Physics Laboratory a Laurel, nel Maryland.
Scoprire le tecniche più efficaci per esplorare un pianeta è una ricerca all’avanguardia – così come lo sono la ricerca in $campo$ minerario o l’ingegneria applicata alla costruzione di macchinari che lavorino alle estreme temperature dell’ Antartide. Pertanto, per le stesse ragioni che hanno indotto gli USA a fondare scuole per gli scavi minerari a livello universitario e le US Army a fondare il Cold Regions Research and Engineering Laboratory, la NASA userà la Luna come scuola di addestramento per le esplorazioni planetarie.
Sulla Luna, gli astronauti possono sviluppare e testare tecnologie per costruire un habitat, raccogliere risorse e operare con macchinari in condizioni di bassa gravità, vuoto, pesanti radiazioni ed estreme escursioni termiche – un ambiente le cui condizioni così complesse sarebbero semplicemente impossibili da replicare artificialmente sulla Terra. Quello che impareranno sarà utile non solo sulla Luna, ma anche per l’esplorazione di Marte.
Il cavallo di battaglia del programma è: qual è la miglior simbiosi fra esseri umani e robots? Sonde spaziali e rovers senza equipaggio hanno spedito a terra, nel corso delle missioni, milioni di gigabyte di dati ad alta risoluzione su Luna e pianeti, rivoluzionando il nostro modo di concepire il sistema solare. Ma per il lavoro in $campo$ geologico, afferma Spudis, nulla può sostituire l’occhio esperto di un geologo in carne e ossa dotato di martello, in grado di “studiare le rocce nel loro contesto originario”
Per questa ragione, la NASA sta studiando il modo migliore per ottenere il massimo risultato dall’interazione uomo-macchina. Una tecnologia promettente è la telepresenza, oggi utilizzata nelle sale operatorie degli ospedali per alcuni tipi di intervento. Dal rifugio di un habitat lunare sotterraneo schermato dalle radiazioni, i movimenti di un geologo potrebbero essere “istantaneamente replicati da un robot in superficie, completo di sensori per feedback istantanei”, spiega Spudis. Ma, si domanda, “sarebbe questa la miglior soluzione?”. In alcune circostanze un robot che prende decisioni alla velocità della luce grazie alla sua intelligenza artificiale farebbe certamente un lavoro migliore.

Sopra: Un robot guidato tramite telepresenza. Credit: Pat Rawlings e NASA
Di cruciale importanza poi, è che gli uomini potrebbero imparare dalle esperienze lunari come “ottenere benefici da risorse locali” afferma Spudis. Sulla Luna e su Marte, le risorse locali sono fondamentali per una permanenza prolungatai. “A parte l’energia solare, non abbiamo mai usato le risorse spaziali per nessuna missione,” dice Spudis, “così dovremo fare un altro passo avanti e capire come utilizzare le risorse in loco.”
L’acronimo ufficiale della NASA sinonimo di indipendenza dalle risorse terrestri è ISRU, che stà per In-Situ Resource Utilization. Il progetto ISRU mira semplicemente a trovare il modo più efficace per scavare la superficie di un altro pianeta, come stoccare all’interno di serbatoi il materiale estratto a bassa gravità (un problema apparentemente banale ma difficile da risolvere), e come rompere o surriscaldare il suolo per estrarre liquidi e gas.
Ma da cosa è composta la regolite lunare e a cosa potrebbe servire la sua estrazione? Gli elementi principali sono ossigeno e idrogeno. “da questi 2 elementi, possiamo generare elettricità usando celle a combustibile ottenendo come sottoprodotto dell’acqua potabile (ndr: come già accade nello Shuttle)” spiega Spudis. “Idrogeno e ossigeno sono anche propellenti per razzi. Come se tutto ciò non bastasse, l’ossigeno fornisce aria respirabile.”

Impronta di Armstrong sul suolo lunare
Fortunatamente, sulla Luna ce n’è in abbondanza. La sua crosta è per il 40% di massa composta da ossigeno, e gli scienziati della NASA hanno molte idee su come estrarlo, tra cui spicca il surriscaldamento del suolo lunare a temperature molto alte per far emergere ossigeno gassoso, da convogliare in serbatoi.
Purtroppo, come in quasi tutte le storie, c’è sempre il rovescio della medaglia o il guastafeste di turno: l’idrogeno, sulla Luna, è molto raro. Questa è una ragione per cui la NASA è intenzionata ad esplorare i poli lunari, dove potrebbero esistere – dalle stime effettuate – 10 miliardi di tonnellate di acqua ghiacciata, formatasi all’ombra perenne dei crateri: “il ghiaccio è una forma concetrata di idrogeno,” fa notare Spudis. L’esperienza maturata sui poli lunari potrebbe essere applicata su Marte, dove si pensa che il ghiaccio sia situato nelle profondità del sottosuolo e nelle rocce.
“Abbiamo assoluto bisogno di creare un avamposto” conclude Spudis. “la Luna è una scuola di addestramento per le esplorazioni planetarie”.
Fonte: http://science.nasa.gov/headlines/y2007/14feb_school.htm
Credo che questo sito sia molto interessante principalmente per gli appassionati di astronomia a di astrofisica. Continuate a pubblicare articoli.
la luna…. affascinante e misteriosa ma…… mi domando ….siamo andati veramente lassù…..? oggi vediamo le difficoltà continue che sorgono al tentetivo di andare in orbita sulla stazione orbitante che in distanza penso (da profano)nei confronti della luna sia modestissima e ..allora mi ridomando come abbiamo fatto con i mezzi di quasi 40 anni fà non certo tecnologicamente all’avanguardia?….