
Rappresentazione artistica
E’ praticamente inevitabile che una stella di neutroni che fa parte di un sistema binario strappi il materiale alla sua compagna e lo attiri su di sé. Quando il materiale risucchiato raggiunge la superficie della stella superdensa subisce un’incredibile compressione e le temperature salgono a tal punto che si innescano reazioni di fusione nucleare alimentate proprio da quel materiale. Questo sussulto di produzione energetica può essere agevolmente osservato da Terra sotto forma di lampo di radiazione X (burst). Questi lampi si possono ripetere a intervalli che vanno da poche ore a qualche giorno e sono dunque eventi tutto sommato usuali nell’esistenza di una stella di neutroni.
Decisamente meno frequenti, ma dalle conseguenze ben più drammatiche, sono invece le reazioni nucleari che utilizzano come combustibile proprio le ceneri prodotte dalle reazioni precedenti. Eventi di questo tipo, chiamati superburst, sono in grado di produrre radiazione X in quantità 1000 volte più grande di un normale burst. Queste violente emissioni energetiche durano generalmente poche ore, ma in tale breve lasso di tempo viene rilasciata una spaventosa quantità di energia, più o meno pari a quella che il Sole emette in una decina d’anni.
Nonostante l’importanza di questi fenomeni, però, il meccanismo che li origina non è ancora ben chiaro e gli astrofisici stanno da tempo cercando di capirne di più. Lo studio più recente sull’argomento – la cui pubblicazione è prevista sul numero di giugno di Astrophysical Journal e vede come primo autore Sanjib Gupta, ricercatore al Los Alamos National Laboratory – è quello presentato nei giorni scorsi da Ed Brown (National Superconducting Cyclotron Laboratory) e Hendrik Schatz (Michigan State University) al convegno dell’American Physical Society tenutosi a Jacksonville. In questo studio viene presentato un modello estremamente accurato della crosta di una stella di neutroni, il più dettagliato tra quelli proposti finora.
Secondo tale modello le reazioni che coinvolgono la crosta di una stella di neutroni rilascerebbero 10 volte più calore di quanto previsto dai precedenti modelli. Questa conclusione potrebbe in qualche modo mettere d’accordo i modelli teorici con quanto si osserva nella realtà. Fino ad ora, infatti, i modelli proposti suggerivano che i superburst si verificassero ogni dieci anni o giù di lì, frequenza che mal si accorda con le osservazioni, dalle quali emergerebbe una cadenza più o meno annuale. Secondo il modello di Gupta e collaboratori, invece, la maggiore quantità di calore rilasciata dalla crosta potrebbe giustificare il verificarsi di un superburst ogni tre o quattro anni.
Sicuramente è stato fatto un notevole passo in avanti, ma non possiamo ancora affermare di aver sciolto ogni dubbio. Anche perchè la natura dei processi che governano questi superburst non è che sia proprio così chiara.
Fonte: Coelum