
All’annuncio della scoperta di un pianeta extrasolare, la domanda che ci poniamo è quasi sempre la stessa: quel corpo celeste può ospitare la vita? Giusto chiedercelo, ma altrettanto doveroso provare a rovesciare la prospettiva. E domandarci: un ipotetico osservatore dotato di una tecnologia appena superiore alla nostra potrebbe scoprire che sulla Terra ci sono le condizioni per ospitare la vita?
Non è l’ispirazione per un romanzo di fantascienza, ma semplicemente il concetto sviluppato da un team di ricercatori e pubblicato a dicembre nell’edizione online di Astrophysical Journal. E’ evidente che se un osservatore di un altro mondo – ovviamente dotato di un sistema di telescopi in grado di mostrare la presenza di un oggetto orbitante a una UA dal Sole – potesse osservare la Terra per alcune settimane potrebbe certo individuare quali sono gli elementi chimici che caratterizzano la nostra atmosfera. Ma sarebbe anche in grado, per esempio, di misurare la rotazione di quel lontano pianeta? L’ostacolo principale, capace di rendere vano ogni tentativo di determinare il moto di rotazione, è costituito dalla presenza di un sistema nuvoloso in continuo cambiamento, un moto caotico che metterebbe davvero in difficoltà gli osservatori alieni.
Basandosi sui dati raccolti da osservazioni satellitari del nostro pianeta, Enric Palle (Instituto de astrofisica de Canarias) e altri quattro ricercatori hanno creato un modello computerizzato della luminosità della Terra, mostrando come su scala globale la copertura nuvolosa che la caratterizza è davvero molto significativa. Ma questo non toglie ogni speranza. Su un periodo di alcuni mesi, infatti, l’osservatore alieno potrebbe riuscire a scorgere il ripetersi di dettagli superficiali sempre uguali e da questi dedurre che quel pianeta sta ruotando su se stesso ogni 24 ore.
Non solo. Da queste continue variazioni superficiali – suggerisce sempre lo studio – si potrebbe dedurre che alla loro origine vi è un ciclo nuvoloso e, vista la distanza dal Sole, concludere che quel ciclo vede l’acqua come protagonista. Il confronto con un altro pianeta – di dimensioni pressochè identiche – appartenente a quel lontano sistema stellare (quello che noi chiamiamo Venere) potrebbe poi sottolineare ancor di più la particolarità di quel sistema nuvoloso in continua evoluzione.
Secondo i ricercatori un simile scenario richiederebbe la disponibilità di un telescopio con capacità osservativa almeno doppia di quella di Hubble. Un sistema che farebbe indubbiamente la felicità anche di chi si occupa di ricerca planetaria qui sulla Terra.
D’accordo, lo studio non è proprio indenne da osservazioni. Ma pensare che da qualche parte qualcuno possa avere la possibilità di scoprire che la nostra Terra è davvero un pianeta particolare mi emoziona un po’. Colpa di un altro anno che è trascorso?
Fonte: Coelum
E’ a dir poco fantastico. Mi piacerebbe vedere la terra da lassù… certo non sarebbe come vederla dagli occhi di un osservatore alieno, ma stare nello spazio e guardare ciò in cui vivi ogni giorno deve essere un’emozione unica, senza paragoni.
Ok bando al sentimentalismo e facciamo le persone di scienza… Se un alieno, dotato di un potentissimo telescopio (abbiamo detto almeno il doppio di quello di Hubble) avrebbe lo stesso una certa difficoltà ad individuare le caratteristiche principali del nostro pianeta e di conseguenza ad intravedere la possibilità della presenza della vita, lo stesso vale per noi. Pur se disponessimo un domani di un telescopio di pari portata di quello alieno forse non riusciremmo a scoprire la vita su un altro lontano pianeta. Da una parte, sebbene possa sembrare scoraggiante, io vedo solo una positività: il fatto che noi non possiamo vedere la vita non significa che non ci sia, ce lo dimostra proprio questo articolo; questo significa che anche oggi noi abbiamo davanti agli occhi (davanti è un po’ riduttivo…) cose che non siamo in grado ancora di vedere, e forse questo vale anche per la vita… potrebbe essere più vicina a noi di quanto pensiamo!
E ricordiamo che ciò che vediamo ‘è il passato’, non il presente.
Se un alieno in questo stesso momento stesse osservando, non vedrebbe la nostra civiltà del 2000, bensì la nostra preistoria o giù di lì, dipende dalla sua distanza da noi.
Così noi, se vediamo ora un pianeta appena formato molto molto lontano, è probabile che in realtà abbia già della vita primordiale sviluppata…
affascinante… ma allora bisognerebbe superare la barriera del tempo… come si fa? Qualcuno sul nostro Pianeta ci sta provando? (Scusate la domanda sciocca: sono una neofita)
Purtroppo la luce e le radiazioni elettromagnetiche hanno il limite di viaggiare al massimo a 300000 km/s, non di più (per es, se il nostro sole si spegnesse d’un tratto noi ce ne accorgeremmo solo dopo 2 minuti dall’avvenimento vero e proprio!), per cui non c’è niente da fare, non si può accelerare la luce, nè accorciare lo spazio… almeno fino ad oggi.
Sarebbe bello esistessero degli ‘Stargate’, delle porte che collegano istantaneamente due punti lontanissimi nello spazio, ma è solo fantascienza..
@ilChannel
per es, se il nostro sole si spegnesse d’un tratto noi ce ne accorgeremmo solo dopo 2 minuti…
In realtà ce ne accorgeremmo dopo circa 8 minuti.
velocità(v) = spazio(s)/tempo(t) da cui si ottiene: t = s/v
t = 150.000.000/300.000 = 500 secondi = 8 min e 3 sec
😉
Ah ok, grazie della precisazione!
ricordavo male… 😕
Ciao a tutti…
(Quoto il Channel: Sarebbe bello esistessero degli ‘Stargate’, delle porte che collegano istantaneamente due punti lontanissimi nello spazio, ma è solo fantascienza..)
Certo…ancora fantascienza…però gli studi recenti delle teorie sulle stringhe ha portato a formulare congetture sull’esistenza di tunnel “spaziotemporali”. Ciò potrebbe essere la base per le scoperte che consentirebbero, naturalmente in futuro, a questa civiltà (personalmente non credo lo sia ancora) a spostarsi nell’universo pressochè istantaneamente. (Vedi Stephen Hawking – La grande storia del tempo). 😆
Giorgio