L’ascensore

Certe occasioni capitano una sola volta nella vita. Bisogna saperle cogliere …


Cercò di ricordarsi qualche preghiera, ma non ne gliene venne in mente nessuna. Ormai non riusciva più a pensare ed a connettere. Era in preda al terrore più agghiacciante. Ed intanto il contatore continuava imperterrito … 1700, 1800, 1900 … Ma quando sarebbe arrivata la fine? La stava aspettando quasi come una liberazione. Cominciò a pensare alla sua vita, alle poche gioie ed alle numerosissime delusioni. Cinquanta anni ed il suo lavoro era ancora quello di fattorino. Gli era sempre mancata la forza di decidere, di rischiare, di tentare qualcosa di nuovo. Ed era rimasto scapolo, senza una famiglia, una nullità completa. E pensare che l’unica volta che aveva provato ad andare contro la sua apatia e la sua perenne paura, ecco che stava per essere anche l’ultima. 2200, 2300, 2400 … Quanto tempo era passato da quando quella spaventosa porta si era chiusa dietro di lui? Mezz’ora, un’ora, un giorno, un anno o un secolo? Stava impazzendo. O forse era già diventato pazzo … Non aveva più il senso del tempo né dello spazio: era completamente in preda al panico. 3000, 3100, 3200 … Poi fu sopraffatto dalla stanchezza e si addormentò di piombo. Forse era il suo stesso sistema nervoso che era arrivato ai limiti e gli aveva concesso un po’ di calma. O magari era morto per infarto. Niente di tutto ciò. Si risvegliò sudato ed in preda ad incubi spaventosi.

Con un senso terribile di angoscia si ricordò che stava vivendo una tragica realtà e gli occhi si volsero al contatore di cinque cifre (perché così tante? Prima non ci aveva nemmeno fatto caso …) Indicavano tutte zero e lampeggiavano ritmicamente. Ed anche il rumore era cessato. Una calma spettrale avvolgeva l’abitacolo. C’era una luce quasi abbagliante. Eppure era ancora all’interno. Nessuno lo aveva fatto uscire. Si rimise in piedi e si fece forza. Era vivo, ma che fare? Poi vide quel pulsante piccolo nell’angolo a sinistra della parete della porta. Possibile che non lo avesse visto prima? Niente di più facile, tanto forte era stato il panico che lo aveva assalito. Sotto c’era scritto “apertura PORTA”. Stava per schiacciarlo, con la smania di uscire finalmente all’aria aperta e riprendere la sua monotona e squallida vita. Poi si fermò. Dove sarebbe uscito? Sicuramente non al pian terreno. Cosa avrebbe trovato di fuori? Tutta quella luce che filtrava gli faceva paura. Il sudore riprese a scorrergli giù per il collo. No, basta pazzie. Ne aveva avuto abbastanza per quel giorno o per quell’anno o per quella vita. Non capiva più niente e voleva tornare alla “sua” normalità.

Schiacciò quasi con violenza il pulsante che indicava PT, PIANO TERRENO, e chiuse gli occhi per la paura di una nuova terribile delusione. Sentì il solito rumore, ma non osò guardare. Gli sembrava di scendere, ma non si voleva illudere. Poi alla fine si decise. 99900, 99800, 99700 … Stava davvero scendendo, evviva!! Ma quante erano quelle cifre, che senso aveva? Non si soffermò nemmeno un attimo a cercare di risolvere quel diabolico dilemma, l’importante era che il numero calasse sempre di più. 99000, 98000, 97000 … Ebbe paura che tutto si bloccasse improvvisamente, erano ancora così tanti quei maledetti numeri. 90000, 80000, 70000 … Avrebbe voluto dormire e svegliarsi solo quando tutto fosse finito. Ma era troppo teso e timoroso di sperare. 20000, 10000, 5000 … Tutto continuava a funzionare perfettamente. Il rumore era regolare e gli dava fiducia. Toccò a più riprese il contatore. No, non stava sognando. “Scendi, scendi!!”, sentì se stesso urlare a squarciagola. Lo sentissero pure, non poteva importargli di meno!

3000, 2500, 2000 … Era ancora lontano, ma i numeri scorrevano bellissimi e nitidi. 1500, 1000, 500 … Solo tre cifre. Era quasi arrivato … 400, 300, 250 … 250! Adesso gli pareva di essere tornato veramente a vivere. 250 era un numero sensato, reale, normale. 200, 150, 137… Quello sarebbe stato il suo piano. Ma al diavolo il piano, il pacco, lo stupido lavoro. 100, 80, 50 … C’era quasi ormai: “doveva” essere tutto a posto, non avrebbe potuto sopportare un altro incubo. 40, 20, 10, 5, PT. La porta si aprì dolcemente e lui stette un attimo fermo e imbambolato. Era vero? Era tutto finito? Poi si rese conto del rischio che stava correndo a rimanere immobile in quella posizione e si lanciò fuori dall’abitacolo senza nemmeno voltarsi a guardare l’ascensore.

Corse al bar sulla strada e trangugiò un doppio whisky. Ne aveva proprio bisogno. Voleva dimenticare tutto, convincersi di avere solo sognato. Ne bevve altri tre e poi, sotto lo sguardo un po’ preoccupato del barista, decise che era abbastanza intontito per tornare a casa. Buttò il pacco nel cestino dell’immondizia. Al diavolo! Passò velocemente davanti alla porta del grattacielo, ma non riuscì ad evitare che gli occhi guardassero per un attimo verso l’ascensore. Stava proprio aprendosi la porta e gli sembrò di vedere uscire tre alte e splendide libellule azzurre vestite in modo molto strano. Allungò il passo e si mise a correre. Non voleva più pensare a niente, ma era ormai convinto di aver buttato al vento l’occasione della sua vita!

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5 Commenti

  1. E’ un racconto perfetto. Complimenti. Starei per chiedere se per caso ci sono riferimenti autobiografici, o ‘solo’ biografici (in questo come negli altri racconti), ma magari sarei indiscreto, così non chiederò.
    Comunque complimenti.

  2. @Alex,
    non sei assolutamente indiscreto … No, in questo assolutamente no. Anzi sono proprio all’opposto, direi. Mentre invece posso dirti che la base dell’amica in qualche modo mi è vicina, avendo sofferto da piccolo di balbuzie. E devo dire che in effetti mi è servito molto a non avere mai paura, da grande, a parlare in pubblico ed a sconfiggere il problema. Anzi mi ha fatto un vero chiaccherone nei congressi. Però, purtroppo, non avevo la mia … stella.

  3. Il tema di questo racconto, se non sbaglio, è: le occasioni nella vita che non sono state sfruttate per pigrizia, pavidità o stupidità; beh, in quell’ascensore, al piano 99900 ci sono stato, un paio di volte, ma anch’io… non ho aperto la porta.
    Ricordi dolorosi… 😐 meglio dimenticare.

  4. @Alex,
    ma non eri tu che mi accusavi di essere troppo pessimista ? Penso che tu sia giovane, stai sicuro che di ascensori ne troverai ancora tanti. Schiaccia pure il bottone di apertura: è sempre meglio avere delusioni, ma aver tentato, che rimanere con il rimorso … Almeno io ho sempre fatto così e alla fine la bilancia mi ha dato ragione. Su con la vita!!! E non mi accusare più di essere cattivo…

  5. condivido in pieno il parere di alex -sul racconto, non sulle occasioni sprecate-.
    è un racconto perfetto.
    sorrisiinvidiosi :mrgreen:
    daria