
Quella casa lassù in collina doveva essere disabitata da secoli. Era sicuramente molto vecchia ma non era cadente. C’erano strane leggende sul suo conto. Si parlava di streghe, fantasmi, bagliori spettrali. Certamente frutto di fantasia e di superstizione, ma comunque nessuno si avvicinava. La gente preferiva starne alla larga e far finta di niente. E questo succedeva da tempo immemorando, a tal punto che nemmeno i bambini più curiosi sentivano il bisogno di fare quella esperienza. Era ormai una paura radicata nel DNA della popolazione e la casa era come se fosse diventata trasparente, come se non esistesse. Anche il parroco del paese non ne parlava mai, forse credendola in cuor suo una specie di rappresentazione demoniaca pronta a colpire al minimo errore.
Eppure eravamo ormai nel mondo della tecnologia più sfrenata, dei viaggi spaziali, della comunicazione globale. L’uomo aveva ottenuto quasi tutto quello che voleva ed era pronto a viaggiare verso le stelle, verso l’ignoto. Come potevano ancora esistere paure così antiche ed assurde? Sembrava un puro controsenso: l’essere umano voleva scoprire tutti i misteri che ancora lo circondavano e poi era terrorizzato da un vecchio edificio in pietra che sembrava del tutto inoffensivo. Un ricordo degli insulsi terrori atavici di quando eravamo ancora ingenui e spaventati di fronte all’Universo? Eppure né gli abitanti del luogo né i visitatori esterni avevano il coraggio di affrontare quella specie di assurdo simbolo ancestrale.
Fino a che non arrivò in città il giovane e un po’ squinternato Pietro Zambini. Aveva studiato in varie scuole e non era certo un idiota, ma non riusciva a trovare un lavoro stabile. Sarebbe stato sicuramente in grado di svolgere moltissimi compiti, anche difficili, ma non aveva pazienza. Mentre iniziava ad impegnarsi su un progetto, immediatamente la sua mente cominciava a vagare in tutt’altra direzione. Si perdeva dietro a visioni, ad idee strambe o soltanto ad altri argomenti. Ovvio risultato era che veniva rapidamente licenziato, anche se spesso si intuivano le sue non indifferenti capacità. Riusciva comunque a sbarcare il lunario, facendo piccoli e saltuari lavori, sia manuali che di mente. Ma appena prendevano una piega ripetitiva, non riusciva a continuare e si perdeva nel suo mondo. In fondo era felice ed a tanti stava anche molto simpatico. Sempre allegro, disposto a raccontare le proprie esperienze fantastiche (a volte reali, ma più spesso frutto della sua immaginazione sfrenata).
Si inserì abbastanza velocemente nella vita tranquilla della piccola cittadina di provincia. Si fece molti amici e nessuno pretese mai da lui che vivesse in modo “normale”. In fondo era un bel diversivo in quel trantran un po’ monotono. Ma Pietro era diverso in tante cose. Prima di tutto non riusciva a frenare la sua voglia di conoscere. E quella casa, su cui tutti cambiavano discorso o si limitavano a corte frasi di circostanza, lo attirava come nessun’altra cosa. Sentiva che DOVEVA sapere. Intuiva che la sua importanza era enormemente più grande di quanto si potesse pensare. Forse lo stesso mondo dipendeva da lei. Quello stesso mondo che stava cercando le sue risposte sempre più lontano nel Cosmo.
è vero, enzo. a volte ogni cosa è davanti ai propri occhi!
basta “vedere” e non solo guardare!
la capacità dovrebbe essere quella di entrare ed uscire da tutto ciò che il sensocomune impone
no. non siamo ancora pronti! ma lo saremo mai?
sorrisoprofondo
daria