Le Stelle di Miss Leavitt

Ci troviamo in America, negli primi anni del novecento, dove la carriera accademica era ancora negata alle donne, che però esistevano e lavoravano ad esempio negli Osservatori Astronomici con il ruolo di “calcolatrici”. In particolare, fino a quando la sua cagionevole salute glielo permise, presso l’Università di Harvard lavorò Henrietta Swan Leavitt…


Nella collana “Le grandi scoperte” della Codice edizioni non poteva mancare la storia di una donna fuori dall’ordinario. Chi l’ha conosciuta, la definiva molto schiva, meticolosa ed estremamente rigorosa con se stessa e nei confronti del suo lavoro da astronoma certosina, forse proprio grazie a queste caratteristiche caratteriali era la persona adatta per compiere una scoperta sorprendente, della quale essa stessa tendeva a minimizzare dicendo che era quasi banale non accorgersene, ma procediamo con ordine.

Ci troviamo in America, negli primi anni del novecento, dove la carriera accademica era ancora negata alle donne, che però esistevano e lavoravano ad esempio negli Osservatori Astronomici con il ruolo di “calcolatrici”. In particolare, fino a quando la sua cagionevole salute glielo permise, presso l’Università di Harvard lavorò Henrietta Swan Leavitt. Per pochi centesimi di dollaro all’ora, doveva analizzare le lastre fotografiche provenienti dalle campagne osservative dei telescopi e catalogare i cambiamenti delle posizioni e delle luminosità delle stelle, compito noioso col quale i professionisti non volevano assolutamente cimentarsi non essendo allettante e prestigioso ai fini della carriera. Brevemente, grazie ad un lungo e meticoloso lavoro durato anni, si accorse di una relazione fra i periodi e le luminosità di alcune particolari stelle variabili giganti, le cefeidi, che scaturì in una legge ancora oggi usata per calcolare le distanze nello spazio di oggetti molto lontani come le galassie.

Il libro ha il pregio di svelare, capitolo dopo capitolo, non solo la vita professionale e quel poco di vita privata che emerge della protagonista, ma di inquadrare la scoperta con la visione dell’Universo di allora, nonché le conoscenze e le domande ancora aperte, come ad esempio il grande dibattito sulle galassie, se appartenessero o no alla nostra galassia, la Via Lattea.

L’autore dell’opera è Gorge Johnson che sfrutta proficuamente il mestiere di giornalista scientifico del New York Times, per realizzare questo bel libro di narrativa scientifica, di non facile concretizzazione, soprattutto per gli scarni aneddoti ed appunti trovati sulla protagonista. La sua particolare educazione dovuta alla famiglia di provenienza, sommata al suo carattere ed al suo rigore, fecero sì che Henrietta Leavitt non apparisse pienamente alla ribalta in vita, e che dopo la morte il suo lavoro abbia rischiato addirittura di essere cancellato.

La relazione che scoprì venne inizialmente sottovaluta dall’entourage astronomico, ma successivamente ci furono persino tentativi di rubarne la paternità quando la sua importanza divenne talmente evidente da rendere la Leavitt una possibile candidata al Nobel. Nobel che purtroppo non avrebbe potuto ritirare perché venne proposto quattro anni dopo la sua morte, della quale il comitato del premio non era al corrente. Johnson ha il pregio di aver inquadrato perfettamente le conoscenze astronomiche presenti all’epoca della Leavitt e le dispute che si stavano dibattendo, in particolare sulla natura delle galassie che si osservavano, nella quale ci si chiedeva se appartenessero o meno alla Via Lattea. La disputa si concluse definitivamente utilizzando la relazione della Leavitt, che permise di calcolarne le distanze che risultarono ben maggiori delle dimensioni della nostra Galassia.

Oggi è difficile indagare sulle gelosie interne, le dispute e le battaglie per raggiungere posti accademici di rilievo che accompagnarono gli scienziati o anche, nel piccolo, le stesse calcolatrici, anche se qualche cosa trapela da polverosi diari e remoti aneddoti, ma al di là di tutto questo e di tutte le difficoltà, soprattutto fisiche, emerge chiaramente che Henrietta, era orgogliosa del suo lavoro, tanto da definirsi un’astronoma a pieno titolo, come comunicò all’incaricato del censimento poco prima di morire. Le sue Cefeidi brillano ancora indicandoci le distanze siderali, al di sopra delle piccolezze umane.

Titolo: Le Stelle di Miss Leavitt
Autore: Gorge Johnson
Editore: Codice Edizioni
Anno: 2006

Informazioni su Gabriella Bernardi 75 Articoli
Laurea in Fisica e master in divulgazione scientifica, ha lavorato presso l’Alenia Spazio di Torino (missione Rosetta), passando poi a tempo pieno alla divulgazione scientifica, soprattutto nel campo astronomico. La sua attività principale è quella di giornalista freelance per riviste e periodici, anche on-line, che alterna con altre attività in campo divulgativo come la collaborazione alla realizzazione del Planetario e Museo dell’Astronomia e dello Spazio di Pino Torinese o l’attività di animatrice in piccoli planetari e mostre. Attualmente partecipa anche al programma di informatizzazione e digitalizzazione dell’archivio di lastre fotografiche dell’Osservatorio Astronomico di Torino. Recentemente le è stato assegnato il premio giornalistico per la divulgazione scientifica “Voltolino”.

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5 Commenti

  1. brava Gabriella!
    La Leavitt è stata fondamentale per cambiare la mentalità dello scienziato osservativo e non solo. Ha allargato l’Universo e ha dimostrato la piccolezza dell’egoismo umano (maschile soprattutto, a quei tempi). Ottima l’idea di raccontarci questo libro!
    Ciaooooo
    Enzo

  2. ho letto più di un paragrafo dedicato alla Leavitt nel libro “L’universo strano” di di Tom Siegfried ed. Dedalo…
    commovente

  3. Grazie Gabriella,
    nonostante io abbia una alta pila di libri “da leggere” questo sarà il mio prossimo acquisto! 😛 ❗

  4. Cara Gabriella, ottima segnalazione, scientifica e sociale direi.
    Oggi siamo lontani anni luce da quei periodi… o forse no.
    Posso solo dire che su , diciamo, 20 colleghi con cui lavoro volentieri, 16 sono donne e non è detto, come sarebbe facile commentare, perchè sono carine e fatte in un certo modo. Sanno principalmente lavorare e le due menti si completano.