Unisci i quasar e vedi la mappa del cosmo

Realizzata la prima mappa 3D della struttura su larga scala dell’universo basata sulla posizione di buchi neri supermassicci. La mappa fornisce nuovi indizi sull’espansione cosmica e permetterà di migliorare la nostra comprensione dell’energia oscura. I risultati sono riportati su Mnras

Gli astronomi che lavorano al progetto Sloan Digital Sky Survey (Sdss) hanno realizzato la prima mappa tridimensionale della struttura su larga scala dell’universo basata interamente sulla posizione dei quasar, oggetti incredibilmente brillanti e puntiformi dove risiedono buchi neri supermassivi. La mappa permette non solo di misurare in maniera più accurata la storia dell’espansione cosmica, fino all’epoca in cui l’universo aveva un’età inferiore a tre miliardi di anni, ma anche di avere maggiori indizi sull’energia oscura, quell’enigmatica componente che sembra essere la principale indiziata dell’espansione cosmica accelerata. I risultati di questo studio sono riportati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

L’esperimento eBoss (Extended Baryon Oscillation Spectroscopic Survey), estensione della survey Sdss, ha permesso agli scienziati di misurare la posizione di quasar distanti, oggetti estremamente brillanti caratterizzati da un disco di accrescimento di materia in orbita attorno a buchi neri supermassivi che risiedono nei loro nuclei. La luce che proviene da questi oggetti risale all’epoca in cui l’universo aveva un’età compresa tra 3-7 miliardi di anni, molto prima che la Terra si formasse.

La figura illustra una fetta della più grande mappa tridimensionale dell’universo mai realizzata. La Terra è a sinistra e le distanze a cui si trovano galassie e quasar sono indicate dal tempo che occorre alla luce per propagarsi nello spazio prima di raggiungere i nostri strumenti. La posizione dei quasar è indicata da punti rossi mentre quella delle galassie più vicine, identificate dalla survey Sdss, è mostrata da punti gialli. Nella parte estrema, a destra, è rappresentato il limite dell’universo osservabile, da cui proviene la radiazione cosmica di fondo, la luce più antica. La parte in mezzo alla figura, cioè lo spazio vuoto tra i quasar e la parte estrema dell’universo osservabile, rappresenta la cosiddetta “età oscura” dell’universo, l’epoca che precede la formazione delle stelle e galassie. Crediti: Anand Raichoor (École polytechnique fédérale de Lausanne, Switzerland) e Sdss collaboration
La figura illustra una fetta della più grande mappa tridimensionale dell’universo mai realizzata. La Terra è a sinistra e le distanze a cui si trovano galassie e quasar sono indicate dal tempo che occorre alla luce per propagarsi nello spazio prima di raggiungere i nostri strumenti. La posizione dei quasar è indicata da punti rossi mentre quella delle galassie più vicine, identificate dalla survey Sdss, è mostrata da punti gialli. Nella parte estrema, a destra, è rappresentato il limite dell’universo osservabile, da cui proviene la radiazione cosmica di fondo, la luce più antica. La parte in mezzo alla figura, cioè lo spazio vuoto tra i quasar e la parte estrema dell’universo osservabile, rappresenta la cosiddetta “età oscura” dell’universo, l’epoca che precede la formazione delle stelle e galassie. Crediti: Anand Raichoor (École polytechnique fédérale de Lausanne, Switzerland) e Sdss collaboration

I risultati di questo studio sono in accordo con il modello standard della cosmologia, che resiste ormai da circa 20 anni. In questo modello, l’universo segue le predizioni della relatività generale ma include delle componenti che non sono completamente note, nonostante gli scienziati siano in grado di misurarne gli effetti. Assieme alla materia ordinaria di cui sono formate stelle e galassie, l’energia oscura rappresenta all’epoca attuale la porzione dominante del contenuto materia-energia dell’universo e sembra la principale responsabile dell’espansione cosmica accelerata.

«Anche se sappiamo come funziona la gravità, non conosciamo tutto, perché rimane la questione di capire cos’è esattamente l’energia oscura», spiega Will Percival dell’University of Portsmouth, responsabile del progetto scientifico eBoss e coautore dello studio. «Vorremmo saperne di più su questa enigmatica componente, non introducendo ipotesi alternative ma portando vere prove scientifiche. In tal senso, la survey eBoss ci sta fornendo sempre nuovi indizi che ci aiutano a comprendere l’universo».

Per costruire la mappa, i ricercatori hanno utilizzato il telescopio Sloan di 2,5m, osservando più di 147mila quasar. Gli autori hanno potuto ricavare la distanza di questi oggetti che è stata poi utilizzata per creare la mappa tridimensionale della loro posizione. Ma per analizzare la storia dell’espansione cosmica, gli astronomi hanno dovuto fare un ulteriore passo per misurare le tracce lasciate dalle onde sonore che si sono propagate durante le epoche cosmologiche primordiali: stiamo parlando delle “oscillazioni acustiche barioniche” (baryon acoustic oscillations, Bao).

Queste onde sonore si propagarono quando l’universo era molto più caldo e denso rispetto alle condizioni attuali. Trascorsi 380mila anni dopo il Big Bang, lo stato fisico dell’universo cambiò improvvisamente e le onde sonore rimasero, per così dire, “congelate” nello spazio. Dunque, le tracce della loro presenza sono oggi impresse nella struttura tridimensionale dell’universo. La buona notizia sulla formazione delle onde sonore congelate, cioè delle oscillazioni acustiche barioniche originali, è che il processo che le ha generate è molto semplice. Perciò, sappiamo come esse dovevano apparire alle epoche primordiali.

Quando si osserva la struttura tridimensionale dell’universo oggi, si nota che essa contiene quelle stesse onde sonore, diventate ora più grandi a causa dell’espansione cosmica. Perciò la loro attuale dimensione può essere usata come “regolo standard” per misurare le distanze cosmologiche. «Utilizziamo i metri per misurare piccole unità di lunghezza, i chilometri per le distanze tra città e le Bao per misurare le distanze tra galassie e quasar», dice Pauline Zarrouk dell’University Paris-Saclay, coautrice dello studio che ha analizzato i dati sulla distribuzione delle dimensioni relative alle oscillazioni acustiche barioniche.

Al momento, i risultati di queste misure coprono un intervallo temporale in cui non erano mai state osservate prima, cioè quando l’universo aveva un’età compresa tra 3-7 miliardi di anni, più di 2 miliardi di anni prima che si formasse il nostro pianeta. «I nostri risultati sono consistenti con la teoria di Einstein», aggiunge Hector Gil-Marin del Laboratoire de Physique Nucléaire et de hautes Énergies a Parigi, coautore dello studio che si è occupato dell’analisi dei dati. «Ora abbiamo le misure delle onde sonore che coprono un determinato intervallo di distanze cosmologiche ed esse puntano tutte alla stessa cosa: un modello semplice che concorda molto bene con le osservazioni».

L’esperimento eBoss continuerà ad utilizzare il telescopio Sloan situato all’Apache Point Observatory nel New Mexico, per osservare sempre più quasar e le galassie più vicine, incrementando così la dimensione della mappa. Al termine del progetto, inizierà una nuova generazione di survey tra cui l’esperimento Desi (Dark Energy Spectroscopic Instrument) e la missione Euclid dell’ESA. Queste osservazioni permetteranno di aumentare l’accuratezza delle mappe almeno di un fattore dieci rispetto alla mappa ottenuta da eBoss in modo da avere informazioni ancora più dettagliate sull’energia oscura.

Per saperne di più:

 

Articolo di Corrado Ruscica originariamente pubblicato su Media INAF QUI.

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