La cometa 3I/ATLAS – 23° aggiornamento

Alcuni scienziati hanno scoperto la presenza di acqua nella cometa interstellare, praticamente stappando una bottiglia e leggendone il messaggio proveniente da molto lontano, nel tempo e nello spazio


Nel sito EurekAlert è apparso in questi giorni un articolo in cui si parla delle ultime scoperte relative alla cometa interstellare 3I/ATLAS, che sta sempre più appassionando la vasta platea di Scienziati, Astronomi, Fisici e tantissimi altri.

Il tutto grazie a dati ed immagini ottenute da osservatori privati (gli in-famous backyard observatories, cioè quelli “nel giardino di casa”, quando si ha la fortuna di avercelo…), da enormi telescopi posti di solito sulla cima dei vulcani e di alte montagne, ma soprattutto con strumenti posti in sonde spaziali.

Vediamo cosa dice l’articolo, con la mia traduzione ragionata e non certo artificiale: ricordo che in questa pagina del sito potete trovare l’elenco di tutte le precedenti puntate di questa appassionante saga della cometa che attualmente sta attraversando il Sistema Solare e che fatalmente se ne allontanerà velocemente, così come era arrivata ed è stata scoperta.

Scienziati stappano una bottiglia contenente un messaggio da un’altra stella

Per milioni di anni un frammento di ghiaccio e polvere è andato alla deriva nello spazio interstellare partendo da un sistema stellare lontano: una sorta di bottiglia sigillata e abbandonata alle onde del mare cosmico.

La scorsa estate questa bottiglia è stata portata a riva nel nostro Sistema Solare ed è stata denominata 3I/ATLAS, diventando solamente il terzo visitatore interstellare.

Ma quando Scienziati dell’Università di Auburn, Alabama, hanno puntato l’osservatorio spaziale Neil Gehrels Swift della NASA verso questo oggetto, hanno fatto una grande scoperta: per la prima volta hanno rilevato la presenza del gas di idrossile (OH) , l’impronta digitale dell’acqua.

Questo telescopio spaziale è stato in grado di rilevare il fioco bagliore nell’ultravioletto, perché orbitando al di sopra dell’atmosfera riesce a catturare luce che non giunge sulla superficie della Terra.

Trovare l’acqua per mezzo del sottoprodotto nell’ultravioletto, l’idrossile, è davvero una svolta per comprendere come evolvano le comete interstellari.

Nelle comete del Sistema Solare l’acqua è un indicatore primario dell’attività di una cometa e gli scienziati monitorano in che modo la radiazione solare guidi il rilascio di altri gas.

Trovare la stessa firma chimica in un visitatore interstellare significa che finalmente gli Astronomi possono paragonare la 3I/ATLAS alle altre comete nostrane ed avere così un’idea della chimica presente nei sistemi planetari in giro per la galassia.

Il fatto più intrigante di questa scoperta è la distanza dal Sole alla quale è avvenuta: le osservazioni da parte dello Swift delle molecole di idrossile sono avvenute quando la cometa si trovava a tre volte la distanza della Terra da Sole, tre unità astronomiche (UA), ben più lontano della regione da cui il ghiaccio in superficie tipicamente sublima e diventa gas.

La cometa stava perdendo acqua ad una velocità di circa 40 kg/sec, la quantità del flusso a manetta di un idrante dei pompieri, ad una distanza in cui di solito le comete del Sistema Solare sono ancora quiete: ciò suggerisce che qualcosa di insolito stava accadendo sulla 3I/ATLAS.

Il forte segnale ultravioletto rivelato dal team di scienziati suggerisce che è in atto un processo in cui forse la luce del Sole scalda grani ghiacciati rilasciati dal nucleo, facendoli vaporizzare contribuendo alla nuvola di gas che circonda il nucleo. Tali sorgenti di acqua sono state riscontrate solo in una manciata di comete, quelle tra le più distanti.

Com’è avvenuta la scoperta

La rilevazione di quel sussurro di luce ultravioletta è stato un trionfo a livello tecnico:  l’osservatorio Swift reca a bordo un telescopio di appena 30 cm di diametro, ma la sua posizione in orbita al di fuori dell’atmosfera terrestre gli consente il monitoraggio di frequenze dell’ultravioletto, che viceversa sono quasi completamente assorbite prima di raggiungere i telescopi sulla Terra.

Libero da influenze atmosferiche, il telescopio dello Swift raggiunge così una sensibilità pari a quella di un telescopio da 4 metri posto sulla superficie terrestre.

Il suo nome “swift”, rondone, evoca la rapidità del volatile ed infatti il telescopio è stato in grado di osservare la cometa grazie alla sua abilità di puntare rapidamente un bersaglio, a poche settimane dalla scoperta, molto tempo prima che la cometa diventasse troppo debole o passasse al di là del Sole per poter essere studiata dallo spazio.

Dennis Bodewits, professore di Fisica ad Auburn, afferma che “quando rileviamo la presenza di acqua o la sua eco nell’ultravioletto (l’idrossile) in una cometa interstellare, stiamo leggendo un messaggio proveniente da un altro sistema planetario che ci informa che gli ingredienti base per la chimica della vita non sono unici qui da noi”.

Le differenze tra i tre oggetti interstellari

Zexi Xing, ricercatore e leader del team di ricerca, aggiunge che “finora ogni oggetto interstellare è stato una sorpresa: 1I/Oumuamua era un oggetto secco, 2I/Borisov, si è invece rivelato ricco di monossido di carbonio (CO) ed ora la 3I/ATLAS sta rilasciando acqua da una distanza insolita e inaspettatamente. Ognuno di questi oggetti sta riscrivendo quello che pensavamo di sapere sul processo di formazione di pianeti e comete intorno alle stelle”.

L’immagine della scoperta

L’UltraViolet/Optical Telescope (UVOT) a bordo dello Swift ha osservato la cometa interstellare in due occasioni, il 31 luglio ed il 19 agosto di quest’anno.

L’immagine composita è il frutto dello stacking di dozzine di immagini ognuna da 3 minuti di esposizione, nell’ottico (la parte a sinistra verdolina) e nell’ultravioletto (la parte a destra con sfondo violetto), per un totale di 42 minuti di integrazione nell’ottico e 2.3 ore nell’ultravioletto: la parte alta dell’immagine è relativa al 31 luglio, mentre la parte bassa è relativa al 19 agosto.

credit : Dennis Bodewits, Auburn University

Mentre la parte ottica tra le due date non sembra mostrare variazioni significative, viceversa la parte ultravioletta mostra proprio un netto cambiamento dovuto alla presenza di idrossile e dunque di acqua.

 

Informazioni su Pierluigi Panunzi 595 Articoli
Classe 1955, sono nato e vivo a Roma, laureato in Ingegneria Elettronica, in pensione dopo aver lavorato per anni nel campo del software, ma avrei voluto laurearmi in Astronomia. Coltivo la passione per l’astronomia dal giorno successivo allo sbarco dell’uomo sulla Luna, maturando un interesse sempre crescente per la Meccanica Celeste, il moto dei pianeti, la Luna e i satelliti. Da molti anni sono divulgatore scientifico e in passato ho presieduto a serate astronomiche organizzate a Roma e paesi vicini. Da parecchi anni mi sto perfezionando nell’astrofotografia grazie all’auto-regalo di varie apparecchiature digitali

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