
Emissioni di CO in Andromeda
Correva l’anno 1995. I radioastronomi francesi dell’ IRAM di Grenoble e quelli tedeschi del MPIfR di Bonn decidevano di intraprendere l’ambizioso progetto di costruire una mappa dettagliata della galassia di Andromeda osservando l’emissione radio del CO (monossido di carbonio). Per realizzare questo progetto si faceva affidamento sul radiotelescopio da 30 metri dell’IRAM localizzato a quasi 3000 metri di quota a Pico Veleta, presso Granada (Spagna).
La scelta di mettere nel mirino il CO era suggerita da due considerazioni. La prima era di natura astrofisica e si fondava sul fatto che il CO è sempre stato osservato in associazione con le massicce nubi di idrogeno molecolare, considerate dagli astronomi le sedi dei meccanismi di formazione stellare.
L’individuazione del CO, dunque, avrebbe permesso di costruire una mappa dettagliata delle regioni di formazione stellare della galassia di Andromeda. Ma perchè, allora, non osservare direttamente l’idrogeno? La scelta di osservare il CO – e qui entra in gioco la seconda considerazione – era dettata dal semplice fatto che l’idrogeno molecolare è praticamente impossibile da rilevare, sia perché la sua emissione è molto debole, sia perché avviene a una lunghezza d’onda per la quale l’atmosfera non è trasparente.
Non è così, invece, per il CO, la cui emissione non solo è sufficientemente intensa, ma può essere raccolta anche da antenne poste sulla Terra.
La parte osservativa del progetto si è conclusa nel 2001, con oltre 800 ore di impiego del radiotelescopio e un milione e mezzo di posizioni individuali misurate. Per ciascuna di esse, poi, non solo veniva registrata l’intensità dell’emissione a 2,6 mm, ma anche altri 256 valori di emissione distribuiti lungo lo spettro. Insomma, al termine della fase osservativa l’archivio del progetto conteneva oltre 400 milioni di valori numerici da elaborare. Immediato intuire perché la pubblicazione dei risultati sia giunta solo ora.
La mappa di M31 ottenuta dai radioastronomi in seguito all’elaborazione dei dati mostra in modo estremamente dettagliato le regioni in cui vi è la massiccia presenza di gas molecolare, vale a dire le regioni in cui possono attivarsi i meccanismi di formazione stellare. Nella mappa non solo è agevole riconoscere la struttura a spirale della galassia, ma è anche possibile notare come i bracci a spirale – per effetto dell’angolo di vista – finiscano col formare una sorta di anello, giustificando in tal modo alcune passate descrizioni di Andromeda come “galassia-anello”.
Inevitabile il confronto con la nostra Via Lattea. A quanto pare in M31 l’anello delle nascite stellari è più periferico del nostro, segno inequivocabile che quella galassia ha già dato fondo al materiale delle sue regioni più interne. In passato, dunque, il ritmo di produzione di stelle in Andromeda deve essere stato molto più intenso di quello attuale. La nostra Galassia è stata sicuramente più parsimoniosa, ma in futuro finirà col diventare proprio come M31.
Fonte: Coelum
😀
molto interessante questa ricerca,chissà se in futuro si potrà estendere all’idrogeno molecolare ma con strumenti sl di fuori della nostra atmosfera.Più si indaga e più domande vengono alla mente non si finisce di stupirsi
posso solo dire che hano fatto un lavoro colosiale,e spero propio che il tempo li possa premiare….se lo meritano veramente…..
un analisi corta, ma allo stesso tempo anche molto semplice e ben congeniata,è bastata una lettura per capire perfettamente il contenuto. perfetta!
ricerca stupenda peccato che qui in italia l’astronomia nn abbia i fondi necessari x portare avanti programmi cosi
qualcuno sa dirmi un sito dove trovare l’immagine della tabella che
pare sia stata spedita nello spazio con i dati del sitema solare ecc…?
Molto bella questa ricerca…incredibile fino a dove è riuscito ad arrivare l’uomo…ma ce ancora molto da conoscere…cmq io ho una domanda ke mi faccio sempre:ESISTE UN PIANETA,NELLE ALTRE GALASSIE,DOVE CI SIANO LE PERSONE?
Per Bruno:
non possiamo sapere se esiste o meno un pianeta che ospiti forme di vita nel “nostro” universo (dico nostro perchè non possiamo nemmeno escludere che ci siano altri universi). La Terra è un pianeta “fortunato” perchè è riparato da Giove (quindi ha meno possibiltà di essere colpiti da un asteroide) e si trova ad una distanza ideale dal sole, elementi , oltre all’idrogeno, che hanno concesso tempo utile al pianeta per lo sviluppo della vita. Pare non si conoscano ancora pianeti che possano vantare le stesse condizioni, perciò potremmo essere davvero soli, oppure no! Ti suggerirei di acquistare la nota rivista “Focus” di questo mese, con allegato il dvd “Alieni”, che spiega in maniera chiara ed efficace cosa sappiamo sull’esistenza degli alieni…
Mauri
@ bruno. possibile, ma -come dice margherita hack- noi non lo sapremo mai!
sorrisoextraterrestre
daria