
nebulosa di Orione
Precisiamo subito che non si tratta di una novità assoluta. Queste curiose strutture, battezzate “proiettili” per la scia che lasciano alle loro spalle, sono note da oltre vent’anni. Furono infatti rilevate per la prima volta su immagini della Nebulosa di Orione nel 1983. Quando, a partire dagli anni ’90, gli astronomi poterono contare anche su riprese nell’infrarosso, apparve piuttosto chiaro che si trattava di nubi di gas espulse dalle profondità della nebulosa da qualche violento meccanismo collegato alla formazione stellare.
Si stima che si tratti di strutture molto giovani, la cui espulsione avvenne molto probabilmente meno di mille anni fa. La scelta del nome si rivela ancora più azzeccata quando si considera che la loro velocità può raggiungere i 400 chilometri al secondo. Non cadiamo comunque nell’errore di ritenerli oggetti tutto sommato minuscoli. Tipicamente, infatti, la misura di ciascuno di questi proiettili è dieci volte l’orbita di Plutone. La loro luminosità è dovuta all’interazione tra velocissime nuvole composte di atomi di ferro e il gas (idrogeno molecolare) che incontrano sul loro cammino. A causa dell’attrito, le nubi si riscaldano e, raggiungendo temperature intorno ai 5000 gradi, diventano brillanti. Anche le molecole di idrogeno si riscaldano e questo ci permette di osservarle proprio come se fossero le scie luminose lasciate dai proiettili.
Oggetti davvero intriganti da studiare e davvero una scelta indovinata quella dei tecnici del Gemini Telescope di puntare su di essi gli apparecchi di ripresa per verificare le potenzialità offerte dal nuovo sistema di guida laser affiancato al sistema di ottiche adattive ALTAIR e al rilevatore infrarosso NIRI. Le immagini rilasciate nei giorni scorsi dal Gemini Observatory sono di quelle che ti lasciano senza fiato.
Il più entusiasta per i risultati è probabilmente Michael Burton (University of New South Wales), che assieme a David Allen (Anglo-Australian Observatory) suggerì 15 anni fa l’origine di questi spettacolari proiettili. “Questo livello di dettagli – commenta Burton – ci permetterà nei prossimi anni di seguire l’evoluzione del sistema. Ci aspettiamo infatti che queste strutture si modifichino anno dopo anno, man mano che proseguono nel loro moto.”
Speriamo che al Gemini Observatory raccolgano la proposta di Burton e mettano in lista una periodica sbirciata in quell’immensa sala parto stellare che è la Nebulosa di Orione. E chissà che non si riesca anche a individuare la pistola che ha sparato quei proiettili.
Fonte: Coelum
il cosmo non finisce mai di stupirci e di affascinarci,certo più si affinano le tecniche e le teconologia e più scopriamo inoltre un grazie a voi per il farci partecipi in tempo reale e in maniera chiarissima acnhe per i principianti