Rivoluzione nelle tute spaziali

Al MIT assicurano che le ingombranti tute che hanno caratterizzato finora le missioni umane nello spazio saranno presto soppiantate da sistemi completamente differenti.


Rivoluzione tute spaziali

Basta con quelle tute pesanti e ingombranti che hanno finora protetto l’uomo nelle sue audaci esplorazioni spaziali, è ora di cambiare! E’ questo in sistesi l’obiettivo che si è data Dava Newman, docente di aeronautica, astronautica e ingegneria dei sistemi al MIT e responsabile principale di un progetto che la sta impegnando ormai da circa sette anni.

Il prototipo al quale il suo tem sta lavorando – chiamato BioSuit – si stacca completamente dal tradizionale concetto di tuta spaziale. Anzichè utilizzare un sistema di gas pressurizzato per proteggere il corpo degli astronauti contrastando il vuoto dello spazio, la nuova tuta impiega un sistema meccanico: strisce di materiali speciali avvolte strettamente intorno al corpo. Il trucco è quello di realizzare una tuta che sia aderente al corpo e si deformi con esso, lasciando in tal modo perfetta libertà di movimento.

La chiave per progettare un simile congegno è fare in modo che la struttura portante della nuova tuta coincida con le linee di non estensione. Tutti possiamo vedere che quando muoviamo gli arti la pelle si deforma per adattarsi al movimento, ma non tutta lo fa allo stesso modo. Vi sono linee particolari – le linee di non estensione, appunto – lungo le quali la pelle subisce deformazione minima. Nella BioSuit tali linee combaciano con l’ossatura portante, garantendo nel contempo il supporto meccanico e la massima libertà nei movimenti.

Il peso delle attuali tute spaziali si aggira intorno ai 130 chilogrammi e gli astronauti impiegano circa il 70% della loro energia per contrastare la presenza della tuta. Una situazione che risulta accettabile in condizioni di microgravità, ma che diventerebbe critica nel caso di esplorazione umana sulla Luna o Marte. La nuova tuta, invece, garantirebbe non solo una maggiore libertà nei movimenti, ma anche un minore dispendio di energie per il suo controllo.

L’impiego nello spazio, però, richiede che la BioSuit garantisca una pressione pari a circa un terzo della pressione atmosferica. Per il momento il prototipo realizzato è in grado di fornire circa due terzi di questa pressione, ma al MIT ritengono che l’obiettivo possa essere raggiunto già nei prossimi modelli. La BioSuit definitiva, inoltre, dovrà essere equipaggiata con alcuni dei sistemi utilizzati nelle tute spaziali tradizionali. E’ fuori discussione, ad esempio, che si dovrà prevedere una riserva di ossigeno ed è anche molto probabile che si impieghi il tradizionale sistema di pressurizzazione per proteggere il torso degli astronauti.

La tuta del futuro, dunque, manterrà qualcosa delle vecchie e ingombranti tute spaziali, ma avrà anche i gradevoli tratti di quegli abbigliamenti che molti film di fantascienza ci hanno reso famigliari.

Fonte: Coelum

Informazioni su Stefano Simoni 644 Articoli
Di professione informatico, è nato e vive a Roma dove lavora come system engineer presso una grande azienda nel settore IT. E' l'ideatore e sviluppatore di Astronomia.com, portale nato dal connubio tra due delle sue più grandi passioni: "bit" e stelle. Da anni coltiva l’interesse per la progettazione e lo sviluppo di siti web aderenti agli standard e per il posizionamento sui motori di ricerca.