
Poiché la temperatura di buona parte del gas che compone le immense nubi sparse nell’Universo è tipicamente di una ventina di gradi sopra lo zero assoluto, gli astronomi si devono ingegnare non poco se vogliono catturare la sua debole radiazione nella regione millimetrica e submillimetrica dello spettro. Lo strumento impiegato per tali ricerche è il bolometro, in sostanza un termometro particolarmente sensibile con il quale si misurano le microscopiche variazioni di temperatura provocate dalla radiazione incidente.
Detto così sembra quasi banale, ma per rilevare quelle microscopiche fluttuazioni termiche bisogna che il bolometro operi a temperature solo di qualche decimo di grado superiori allo zero assoluto e l’unico modo per garantire queste condizioni è quello di ricorrere all’elio liquido, con tutte le difficoltà logistiche che questo impiego comporta. Come se questo non bastasse, poi, le misurazioni devono fare i conti con un paio di altre grosse grane. La prima è costituita dal vapore acqueo presente nell’atmosfera terrestre, che, proprio nella regione millimetrica e submillimetrica, riesce ad assorbire in modo incredibilmente efficiente ogni segnale proveniente dallo spazio; la seconda grana è quella di riuscire a neutralizzare il potente disturbo del calore presente in atmosfera e che rischia di mandare in confusione ogni strumento.
Per porre rimedio alla prima limitazione è indispensabile scegliere siti osservativi che garantiscano un’atmosfera con i livelli di vapore d’acqua i più bassi possibile. La piana di Chajnator, a 5100 metri di quota sulle Ande cilene, è a questo proposito uno dei siti migliori al mondo ed è per questo che è stata scelta quale sede dell’ambizioso progetto ALMA (leggi approfondimento). Proprio a Chajnator è operativo APEX, il progetto pilota che ha il compito di sondare le potenzialità e verificare le soluzioni tecniche delle antenne da 12 metri che costituiranno il cuore di ALMA.
La strada per aggirare il secondo ostacolo, invece, è più tecnica e consiste nel progettare particolare software il cui compito è quello di fungere da filtro e isolare il debole segnale dal rumore di fondo.
Nei giorni scorsi a Chajnator il sistema APEX è stato equipaggiato con LABOCA, il sensibilissimo apparecchio di ripresa basato su una matrice di 295 bolometri sviluppato al Max Planck Institute for Astronomy di Bonn (Germania). In pratica è una macchina fotografica digitale che, anziché un CCD, impiega una matrice di sensibilissimi termometri. “Dato che allo stato attuale non vi sono possibili impieghi commerciali per un simile strumento – ha sottolineato Ernst Kreysa, responsabile del gruppo che ha progettato e costruito il nuovo strumento – abbiamo dovuto sviluppare tutto quanto da soli.” E non deve essersi trattato di una passeggiata. Basti solo pensare alle notevoli difficoltà connesse con l’impiego di elio liquido in quella landa desertica a 5100 metri di quota che è la piana di Chajnator.
Le prime osservazioni hanno mostrato che è stato fatto un ottimo lavoro e hanno già messo in luce le incredibili potenzialità di LABOCA. Gli astronomi, ovviamente, già pregustano quando il sistema di ripresa verrà finalmente utilizzato con ALMA.
Fonte: Coelum