
Disporre di un telescopio grande quanto la Terra è il sogno di tutti gli astronomi. Un paio di settimane fa, per una volta, il sogno è diventato realtà. E non è avvenuto in un racconto di fantascienza o negli auspici di un vago progetto per il futuro, bensì nel corso di un esperimento perfettamente riuscito.
A fine agosto, infatti, il radiotelescopio australiano di Coonabarabran è stato usato in simultanea con quello cinese in funzione presso Shangai e con altri cinque strumenti dislocati in Europa per studiare la radiosorgente 3C273. I dati provenienti da ogni radiotelescopio sono stati trasmessi a un centro di raccolta europeo dove un computer dedicato ha provveduto alla loro composizione e a una prima analisi.
Per rendere l’esperimento ancora più eclatante, poi, i risultati sono stati trasmessi a Xi’an, in Cina, a disposizione degli esperti informatici che stavano partecipando al 24° APAN (Asia-Pacific Advanced Network), il Meeting internazionale dedicato all’uso avanzato delle reti informatiche. Era proprio la trasmissione dei dati l’elemento che richiedeva maggiori attenzioni e per l’esperimento il traffico dei dati ha potuto contare su reti di trasmissione incredibilmente veloci. Basti dire che dall’Australia all’Europa i dati hanno viaggiato su una linea dedicata capace di un flusso di 1 Gb al secondo mentre per i collegamenti con la Cina si sono dovuti accontentare – si fa per dire – di una trasmissione a 256 Mb al secondo.
La regola di fondo che ha portato gli astronomi a progettare e realizzare sistemi di interferometria a lunghissima base (VLBI – Very Long Baseline Interferometry) è che più separati sono i telescopi più dettagliata potrà essere l’osservazione. In questo caso la separazione tra i due radiotelescopi più distanti è stata di 12.304 chilometri in linea retta, un valore molto prossimo al massimo possibile per antenne collocate sulla superficie del nostro pianeta.
Per la prima volta, insomma, gli astronomi hanno davvero potuto avere a loro disposizione un radiotelescopio grande quanto il pianeta. E’ pur vero che si è trattato di un esperimento e che bisognerà certo ancora attendere qualche anno perchè si possa contare su una rete di antenne stabilmente connesse, ma già i radioastronomi non stanno nella pelle.
Fonte: Coelum
geniale, sopratutto la connessione!!!:mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen:
mi fà piacere:razz: