Tom era un bel ragazzone di 14 anni. Spalle larghe, gambe robuste, due mani che sembravano quelle di suo padre, capelli neri e ricci. Ma gli occhi erano sempre persi nel vuoto. I medici erano stati chiari fin dall’inizio con i signori Norton: il loro unico figlio aveva un grave ritardo mentale. Non vi erano speranze, al limite si poteva renderlo autosufficiente e capace di semplici ed infantili ragionamenti. Niente di più.
Il colpo fu durissimo, ma la famiglia reagì nel modo migliore. Cercò sempre di trattarlo come un bambino normale, lo mandò nella migliore scuola, specializzata in casi del genere, malgrado dovesse fare i salti mortali per pagare la salatissima retta mensile. A tavola lo lasciavano fare. Se spesso si sporcava o gli cadeva il cibo per terra, facevano finta di niente, anzi talvolta il signor Norton fingeva anch’egli di sporcarsi maldestramente e, con le sue smorfie, riusciva anche a fare brevemente sorridere il suo Tom.
Era un bambino di una dolcezza infinita e riusciva a giocare con niente: un bastoncino lo teneva occupato per ore e ore; un tappo ed un bicchiere d’acqua lo appassionavano e gli facevano perfino brillare quegli occhi così normalmente spenti. Ma i veri problemi nascevano con i contatti esterni. Quando la mamma lo accompagnava ai giardini per prendere un po’ d’aria fresca, gli altri bambini già abbastanza grandicelli lo evitavano, oppure, ancor peggio, lo prendevano in giro, costringendolo a volte a fare azioni ridicole e umilianti. Anche se sembrava che niente lo potesse urtare, Tom nel suo intimo ed in maniera forse inconscia doveva sicuramente soffrire. Lui non lo faceva trasparire e guardava gli altri con lo stesso sguardo spento ed ebete di sempre. Ma la mamma era convinta che lo ferissero duramente e ne soffriva moltissimo.
Andava un po’ meglio con i bambini decisamente più piccoli di lui, che lo accettavano facilmente non sapendo ancora decifrare compiutamente il suo ritardo mentale. Purtroppo, in quei casi, erano le madri che intervenivano per allontanare i propri figli da quello che consideravano un pericolo latente. Un ragazzo così grande e robusto, completamente idiota, poteva passare alle maniere forti e far del male ai loro piccoli indifesi. Le uscite ai giardini divennero perciò sempre più rare e Tom passava ormai la maggior parte del suo tempo a casa. Gli avevano anche comprato un cagnolino tutto pelo che non lo mollava un attimo. Il ragazzo gli si era affezionato profondamente e lo trattava con tutti i riguardi. In realtà il povero Tom non era capace di far male ad una mosca e sapeva benissimo dosare la sua notevole forza. Ma era un “diverso” ed il suo destino segnato senza alcuna speranza.
Qualche volta lo mandavano a scuola da solo, seguendolo a distanza, e lui ne era contento e spaventato al tempo stesso. Ma serviva sicuramente, dicevano i medici, ed i Norton avevano accettato quell’angoscia supplementare con rassegnazione. Che tristezza quando lo vedevano fermarsi a guardare i ragazzi giocare. Una volta era stato attratto da una partita di basket giocata nel campetto a fianco della chiesa. I giovani giocatori si erano accorti della sua presenza e con la cattiveria tipica di quell’età lo avevano invitato a tirare il pallone a canestro. Tom aveva già faticato a tenerlo in mano e poi lo aveva lanciato ad una velocità impressionante verso il muro di fronte, ben lontano dalla meta. Quante risate. Anche lui aveva cercato di ridere, ma non ci riusciva molto bene ed aveva proseguito a capo chino verso la scuola.
Me-ra-vi-glio-so!!!
Un buon racconto per affrontare meglio una nuova buona giornata!
Grazie professore, il mio cuor gioisce!! : 😳 grin:
@ Ivonne
grazie a te come sempre … 😛 😛
con tenerezza si raccontano i maggiori soprusi.
con maggior decisione ci si dovrebbe indignare davanti alla stupidità -quella vera, dico, quella di chi non ha “passione-compassione”, nè stupore o innocenza-
ancora una volta dalla parte di chi ha meno -meno gioia, meno possibilità, meno consensi, ma anche meno “furbizia”, meno cattiveria.-
ci vorrebbe un esercito di zynklon, disposti a “regalare” intelligenza a molti terrestri!
gloria ad altair IV
sorrisoaquilino
daria
Caro prof, con questo racconto si è veramente superato!!
Non ho parole per farle i miei complimenti, sarebbe da 6 stelle ma purtoppo (o pultroppo?? 🙄 ) posso dane solo 5…
@Alessandro,
😳 😳 mi lusinghi … In realtà piace anche a me…
STUPENDO! MERAVIGLIOSAMENTE COLMO DI UNA DOLCEZZA INFINITA! un sogno da portare nel cuore per consolare l’anima costretta a vivere una realtà ostile e talvolta perversa!
@ enzo
ASSOLUTAMENTE nessun difetto, sarà perchè ogni volta che la leggo vi scorgo un’emozione in più, un piccolo passaggio che descrive emozioni semplici ma VERE, come quella ridda di sentimenti che un genitore prova nel guardare il proprio figlio, uno sguardo che racchiude ed esprime la più grande forma di amore di cui l’essere umano sia capace, quella verso i propri figli. (anche se non sempre è così… purtroppo)..
altra descrizione magistrale: quel sentimento di ansia e timore che sopraggiunge quando davanti ai nostri occhi sta prendendo forma un sogno che quasi non si aveva il coraggio di sognare, la paura di confrontarsi con il sogno che diventa realtà per paura della delusione che potrebbe seguirne (paura che spesso porta a dire o fare str…omiche, che talvolta rischiano distruggere sul serio quella bellezza impalpabile di un sogno che pian piano prende forma) …. ma il tuo racconto è un sogno, non rispecchia l’amara realtà, ci regala invece la purezza di un’emozione incontenibile!!!! ….
ecco qui tutti i difetti del tuo racconto!!!! 😀
sorrisononriescoacontenerelemozione 😳 🙂