La caccia

La passione dell’uomo per l’arte venatoria può portare ad avventure terribili e molto pericolose.


Quando riposava durante le ore diurne, digerendo le prede catturate di notte, non si sarebbe certo detto che il Mastorex era la più terribile macchina da guerra del regno animale. Non vi era pianeta visitato dall’uomo che possedesse un carnivoro così spietato, veloce e preciso nel colpire e nell’uccidere. Al suo confronto, gli ultimi dinosauri come il Velociraptor sembravano galline spaventate. Non avendo antagonisti quando era in piena attività (per lui tutti erano potenziali prede), il suo problema era la digestione. Questa fase era lunga e complicata. Perdeva completamente le forze e la capacità di muoversi. Sarebbe stato in balia di molte di quelle specie che al buio cercavano di evitarlo con tutte le loro forze. E allora metteva in atto la sua capacità eccezionale di mimetizzarsi e di rimanere immobile per ore e ore. Alla prime luci dell’alba entrava in una foresta di Gigantofelci ed assumeva la posizione di riposo. Nessun animale del suo pianeta sarebbe stato in grado di riconoscerlo: il corpo diventava identico ai grossi tronchi ovali della pianta e la criniera assumeva l’aspetto delle lunghe foglie setose e contorte. Sembrava un espediente ben poco dignitoso per il signore del pianeta, ma era la legge della natura. In tal modo durante il giorno anche le altre creature potevano svolgere indisturbate le loro attività vitali, per poi pensare solo a nascondersi e fuggire al calare della notte.

La caccia

Queste caratteristiche avevano fatto del Mastorex la preda più ambita per i cacciatori terrestri. Appena scoperto il pianeta era stato facilissimo procurarsi alcuni esemplari colpendoli di giorno, utilizzando i sensori infrarossi che non si facevano certo ingannare dalla mimetizzazione perfetta. Tuttavia sorsero presto due enormi problemi. Innanzitutto una caccia indiscriminata avrebbe decimato e portato alla scomparsa in tempi brevissimi quella stupefacente meraviglia del regno animale. Ma ancora più importante era il fatto che, se ucciso mentre riposava, il terribile carnivoro avrebbe conservato la sua forma diurna. E non era certo un grande trofeo da esibire nel salotto di casa. Anche se catturato ancora vivo, la situazione non sarebbe cambiata, in quanto si sarebbe fatto morire senza più riprendere le sue vere fattezze. E gli bastava una sola notte senza cibo per soccombere per fame. Doveva mangiare solo prede vive e completamente libero di agire indisturbato. La cattività per lui voleva dire morte.

Furono allora stabilite regole ben precise per la caccia del Mastorex. Erano vietati i sensori infrarossi, e poteva essere ucciso solo di notte. L’avventura assumeva allora toni ben più spaventosi rispetto a qualsiasi altra battuta di caccia nei pianeti della galassia. Per poter partecipare il cacciatore doveva aver già dimostrato una capacità di adattamento, una rapidità di fuoco ed un’intelligenza nel seguire le tracce, del più alto livello. Solo coloro che avevano ottenuto il diploma di primo grado in caccia selvaggia potevano prenotarsi per quello che era diventato il sogno e l’incubo di qualsiasi appassionato. E l’attesa per il proprio turno era spesso molto lunga, anche superiore a due o tre anni. Ma ne valeva la pena, soprattutto se alla fine si tornava a casa e si poteva esibire in sala quello stupefacente groviglio di denti, zanne, aculei e unghie affilatissime. Il problema era che ben pochi tornavano … Il Mastorex non solo era un carnivoro spietato e velocissimo, ma era anche molto intelligente. Sapeva benissimo far finta di non accorgersi che qualcuno lo seguisse e poi, all’improvviso, nascondersi ed attaccare. L’effetto sorpresa della belva non dava speranza a nessun cacciatore. L’unica possibilità di averne ragione era sparare da almeno venti metri di distanza, soprattutto alla schiena.

Negli ultimi dieci anni di caccia regolamentata, solo il 20% dei temerari erano tornati a casa e solo il 3% era riuscito a portare con sé la preda tanto ambita. Moltissimi erano infatti stati sbranati (era inutile andarne a cercare i resti) e tanti avevano desistito non appena sentito l’urlo terrificante del Mastorex risuonare nella foresta. Ma chi tornava vincitore aveva un futuro roseo davanti a sé: televisione, cinema, libri e fama sarebbero stati il suo solo impegno futuro.

Quel giorno di pioggia del 2147 venne finalmente il turno di John Stenton, originario del Texas e chiamato dagli amici “Carabina Jo” per la sua rapidità nell’uso di un’arma ormai obsoleta, ma pur sempre validissima nel duello diretto. E poi lui usava pallottole a ruota dentata, che si aprivano in una specie di rosa piena di aculei avvelenati prima di entrare nella carne della preda. Quest’ultima, se colpita, sarebbe morta entro due secondi. Poteva quindi permettersi di sparare anche a distanza ravvicinata e quindi a colpo sicuro. John era anche considerato un uomo di ferro: non si sarebbe certo fatto prendere dalla paura nemmeno per un solo attimo, che sarebbe stato sicuramente quello decisivo per la sua sconfitta.

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5 Commenti

  1. Eheh…
    Un finale che fa uscire un sorriso beffardo sul viso!! 😀
    Il Prof. come al solito riesce a rallegrarmi la mattina con i suoi racconti unici 😉

  2. Confesso che tifavo per il Mastorex. Ma il finale m’é piaciuto lo stesso, per il consueto senso di “giustizia” che abita nei suoi racconti (poi magari mi sbaglio…).

  3. @Alex,
    in effetti non dico niente della fine del Mastorex…probabilmente si è salvato….
    😆

  4. decisamente coinvolgente la descrizione delle emozioni del cacciatore stenton, finale a sorpresa superlativo!
    in una parole: accattivante