Nel 1972, gli astronauti dell’Apollo hanno scampato di poco una probabile catastrofe: il 2 agosto di quell’anno, è apparsa sul sole una grande e cattiva macchia solare che ha cominciato ad eruttare continuamente per più di una settimana, producendo una radiazione solare da record, formata da un gran flusso di protoni. Soltanto per un puro caso e per tanta fortuna non è avvenuta una tragedia: infatti le eruzioni sono avvenute proprio nell’intervallo di tempo fra le missioni degli Apollo 16 e 17 e così gli astronauti hanno evitato la tempesta solare.

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I ricercatori ancora oggi si domandano che cosa sarebbe potuto accadere se la schedulazione delle missioni fosse stata differente: cosa sarebbe successo se gli astronauti fossero stati presi alla sprovvista senza protezione sulla superficie della luna?
Il filmato mostra uno dei Flare del 1972: a causa della sua forma l’eruzione era stata ribattezzata “cavalluccio marino” (ndr: forse per esorcizzarne la spaventosa violenza…).
La NASA ha bisogno di sapere: l’agenzia spaziale è in gran fermento per preparare nuovi invii di astronauti sulla luna, per installare così un avamposto dotato di equipaggio, un notevole passo avanti per l’invio finale degli esseri umani su Marte o forse altrove nel sistema solare. Queste missioni porteranno gli astronauti ben al di fuori della protezione del $campo$ magnetico terrestre, per mesi se non per anni e la NASA deve assolutamente essere in grado di salvaguardare questi intrepidi esploratori da eventuali tempeste solari.
Ecco che perciò gli scienziati stanno ricreando in laboratorio una tempesta artificiale di radiazione solare e ne stanno testando gli effetti su un manichino appositamente creato, Matroshka.
Il manichino Matroshka dell’ESA e il suo omologo Fred della NASA hanno già volato a bordo dello Shuttle e della ISS (Stazione Spaziale Internazionale), coinvolti in esperimenti che hanno studiato come altri tipi di radiazione (quali i raggi cosmici) penetrano nel corpo umano. Ed ora, gli scienziati del Laboratorio Nazionale di Brookhaven nella città di Upton – New York, stanno sottoponendo un torso artificiale ad un fascio di protoni per sapere come gli astronauti sarebbero stati colpiti e come avrebbero reagito all’evento del 1972.
Al Johnson Space Center di Houston, il responsabile del Programma Radiazione della NASA, l’italo-americano Francis Cucinotta afferma: “Vogliamo sapere quanto siamo arrivati vicini ad una pericolosa esposizione acuta di radiazioni”, che nel gergo degli esperti in radiazioni, altro non è che una breve ma intensa esposizione. Questa radiazione colpisce per un tempo relativamente breve (da pochi minuti ad alcune ore), proprio come un flare solare, ma è ben diversa dalla cosiddetta esposizione cronica, che viceversa gli astronauti subiscono normalmente mentre viaggiano nello spazio: i raggi cosmici colpiscono i loro corpi in uno stillicidio che dura mesi se non addirittura anni. Con l’esposizione cronica, il corpo ha tutto il tempo di riparare o sostituire all’occorrenza le cellule danneggiate, mentre viceversa un’esposizione acuta dà al corpo pochissimo tempo per far fronte al danno subito.
Cucinotta continua affermando che “Gli effetti biologici dipendono fortemente dal rapporto tempo-quantità di radiazioni: una dose di radiazione ricevuta in un lasso di tempo molto breve è da due a tre volte più dannosa della stessa dose ricevuta in un tempo di alcuni giorni.”
Ad una prima analisi, l’evento del 1972 sembrerebbe far parte alla categoria eventi acuti: dopo tutto si trattava di un flare solare. Ma c’è un problema: in realtà si è trattato di una serie di flare che ha prodotto una tempesta di radiazioni più lunga e meno impulsiva rispetto al solito. L’esposizione alle radiazioni non sarebbe stata nè cronica nè acuta, ma una via di mezzo. Ed è in questa zona di mezzo, che può fare la differenza proprio la quantità di radiazione che realmente raggiunge gli organi vitali della persona (pelle e muscoli) rispetto a quella bloccata dalle tute spaziali.
Chi sta aiutando gli scienziati nell’analisi di questi dettagli è proprio Matroshka, una replica a grandezza naturale di un torso umano, realizzato in materiale plastico, senza le braccia e le gambe (figura a fianco), con o senza un camice protettivo. Il materiale plastico riproduce assai fedelmente la densità degli organi e dei tessuti del corpo umano e questo torso è fittamente ricoperto da centinaia di sensori di radiazione.
Tra l’altro possiede persino cellule sanguigne vere e proprie: “Abbiamo messo i globuli in piccoli tubi nello stomaco ed in alcune zone del midollo osseo”, alcuni in profondità all’interno del torso mentre altri vicini alla superficie, laddove c’è meno “pelle” a bloccare la radiazione. “Una delle domande che ci siamo posti è se le parti meno protette del midollo osseo possano essere colpite molto più duramente” aumentando così i rischi di leucemia e di altri tipi di cancro.
L’uso di cellule sanguigne vere consente agli scienziati della NASA di vedere quanto le radiazioni danneggino il DNA delle cellule. Le particelle ad alta velocità della radiazione di protoni possono colpire il DNA, rompendo le molecole a forma di stringa. Normalmente le cellule stesse possono riparare queste rotture, ma se durante un breve periodo di tempo si presentano parecchie rotture, ecco che i danni possono essere irreparabili: nel migliore dei casi, le cellule si autodistruggono, mentre nel peggiore dei casi, vanno per conto loro e crescono fuori controllo, diventando cancerogene.
Per sottoporre Matroshka ad una tempesta di radiazioni tipo quella del 1972, gli scienziati del Laboratorio Radiazioni Spaziali della NASA a Brookhaven hanno pensato di usare un fascio di protoni ad alta energia. Il fascio viene proiettato fuori in modo da avere uno spessore di 60cm nel punto in cui si trova il torso artificiale. Incrementando passo passo il livello totale di energia, gli scienziati riescono a replicare lo spettro di energia tipico dei protoni dell’evento del 1972.
Nel prossimo esperimento, il cui responsabile è Guenther Reitz del Centro Aerospaziale Tedesco (DLR) a Colonia, i sensori di radiazione di Matroshka riveleranno quanta radiazione di protoni raggiunge le varie parti del corpo del manichino. E Cucinotta aggiunge “Usando i protoni, si potrà avere una differenza di un ordine di grandezza (un fattore dieci) tra una parte del corpo ed un’altra” (ndr: il forse lontano parente della nostra splendida attrice, vuol dire che tra le varie parti del corpo ci possono essere zone che vengono colpite circa dieci volte di più di certe altre).
I risultati degli esperimenti aiuteranno i pianificatori di missioni spaziali a calcolare quanta schermatura da radiazioni sarà necessaria per proteggere i veri astronauti da tempeste tipo quella del ’72 ed inoltre guideranno i ricercatori nella giusta direzione nel trovare trattamenti medici che possano contribuire ad attenuare gli effetti di un tal evento.
A differenza di un astronauta vero, Matroshka può però affrontare più flare solare senza subirne le terribili conseguenze. Una rapida trasfusione dei globuli e… voilà… Matroshka è pronto per un altro esperimento!
Si dia inizio alla simulazione dei flare solari – rimanete sintonizzati per conoscerne i risultati.
Fonte: http://science.nasa.gov/headlines/y2009/03jun_fakeastronaut.htm
spesso siamo portati a pensare al cosmo come ad un luogo tranquillo e silenzioso, questo articolo ci fa rendere conto invece di quante “forze” (mi sia consentito il termine poco tecnico da neofita) interagiscono al di fuori dello schermo protettivo della ns atmosfera e delle difficoltà e dei pericoli che i viaggi nello spazio presentano per il fragile corpo umano……..
come dire che viaggiare nello spazio non è proprio “una passeggiata”
sorrisoastronauta
non sapevo neanche che il corpo potesse riparare le cellule colpite dalle radiazioni! pensavo che gli astreonauti fossero schermati!!! è un esperimento importantissimo, anche perchè non penso che si possa prevedere cosa produce la nostra stella. bell articolo!!!
Se non ricordo male il DNA può essere recuperato solo in caso di singola rottura, cioè in caso di rottura di una sola delle due eliche…la doppia rottura della molecola di DNA invece, soprattutto in alcuni punti critici, porta inevitabilmente alla morte della cellula.
Il grosso problema delle radiazioni è proprio il fatto che interagiscono con il corpo umano secondo processi stocastici, quindi lo studio degli effetti da radiazione può essere condotto per lo più a livello statistico…e purtroppo (o meglio per fortuna!) la mancanza di campioni da studiare (per esempio persone che abbiano assorbito elevate dosi di radiazione, come gli abitanti di Chernobyl) rende questo campo ancora particolarmente “buio” se paragonato ai progressi che sono stati invece fatti nel settore nucleare in genere…
Una cosa però è sicura: assieme all’astronomia e all’infinitamente grande, le radiazioni e l’infinitamente piccolo sono quanto di più affascinante si possa mai studiare e “comprendere”…
io purtroppo non so quasi niente di DNA, se non quello imparato al liceo e perciò milioni di anni fa e quando del DNA si sapeva molto meno di adesso.
Però almeno so capire il significato del titolo di quel vecchio film di fantascienza del 1997 che si intitolava “GATTACA La porta dell’universo” !!
Grazie a wikipedia vedo che c’erano attori del calibro di Ethan Hawke, Uma Thurman, Jude Law…
Bellissimo articolo! Davvero, quanti pericoli ci insidiano là fuori nel cosmo. Anche sulla Terra non siamo molto tranquilli – terremoti, uragani, alluvioni… – ma se pensiamo a quanto l’atmosfera ci protegga, al clima mite del nostro pianeta rispetto agli estremi dell’universo…che meraviglia è la nostra Terra!

Grazie Pierlu
vorrei fare una domanda allo staff di Astronomia.com :
in caso di buchi nell’ ozono molto grandi o assottigliamento o diminuizione del campo magnetico terrestre gli esseri umani come si possono difendere dalle radiazioni solari?? E queste ultime in assenza di protezioni naturali es. OZONO – CAMPO MAGNETICO, sono in grado i oltrepassare gli oggetti es. muri, case, montagne, acqua, ecc. ecc.