Il detentore del record di massa dei buchi neri stellari, dunque, si annida nella galassia M33, a circa 3 milioni di anni luce di distanza dalla Terra. Stando infatti ai dati raccolti sia da Chandra, l’osservatorio spaziale per la radiazione X, sia dal Gemini, uno dei giganteschi telescopi che affollano la vetta del Mauna Kea alle Hawaii, la massa di M33 X-7, questo il nome in codice del buco nero, sarebbe di 15,7 masse solari. Un autentico record, ma nel contempo un valore che rischia di creare qualche problema agli astrofisici teorici che si occupano di evoluzione stellare.
L’annuncio delle particolarità di M33 X-7 e del sistema binario cui appartiene è apparso qualche tempo fa sulla rivista Nature in uno studio curato da Jerome Orosz (San Diego State University) e dai suoi collaboratori. Sempre all’analisi del medesimo sistema, poi, è dedicato uno studio di Wolfgang Pietsch, coautore anche del lavoro di Orosz, pubblicato su Astrophysical Journal.
M33 X-7 non è isolato, ma orbita intorno a una stella compagna ed è proprio l’osservazione dell’eclissi che si verifica puntualmente ogni tre giorni e mezzo che ha fornito agli astronomi i dati per calcolare le caratteristiche del sistema. E si è così scoperto che non è solamente il buco nero a essere da record. Anche la stella intorno alla quale orbita M33 X-7 è quasi da primato: le misurazioni, infatti, hanno indicato che la sua massa è pari a 70 volte quella solare. Insomma, prima che un’esplosione di supernova trasformasse una delle due stelle in un buco nero, le due compagne erano entrambe degli autentici pesi massimi e la prima a scomparire – questo suggeriscono gli attuali modelli di evoluzione stellare – è stata la stella più massiccia.
Ma questo scenario pone una spinosa domanda ai teorici. Poichè in sistemi di questo tipo si assiste a fenomeni di vistosa perdita di materiale, come è possibile che una delle stelle sia riuscita a mantenere massa sufficiente per originare un buco nero così massiccio? Per far tornare i conti, infatti, si dovrebbe ipotizzare una perdita di massa 10 volte inferiore a quella predetta dagli attuali modelli.
L’esistenza di M33 X-7 potrebbe dunque suggerire che i nostri modelli non sono poi così corretti. Oppure che le stelle di una certa massa potrebbero anche permettersi qualche libertà in più delle altre, magari tenendosi stretto più materiale per far sì che la loro esplosione di supernova risulti più luminosa e il buco nero più massiccio.
Così, mentre si lascia ai teorici il compito di dirimere la spinosa questione, c’è chi suggerisce di tenere bene a mente SN 2006gy, una supernova incredibilmente brillante originata da una stella che – si dice – pesava 150 volte il nostro Sole.
Fonte: Coelum