
Le stupende immagini della High Resolution STEREO Camera (HRSC) a bordo della Mars Express non servono solamente a darci informazioni sul presente di Marte, ma ci possono anche svelare importanti avvenimenti del suo passato. L’ultima scoperta è stata presentata da Gerhard Neukum (Freie Universität di Berlino) nel corso della Lunar and Planetary Science Conference svoltasi a metà marzo a League City (Texas).
Neukum e i suoi collaboratori hanno utilizzato le immagini della HRSC per studiare la distribuzione dei piccoli crateri di Marte e da questa, determinando le età di ampie regioni superficiali del pianeta, ottenere informazioni sul susseguirsi di episodi di rinnovamento superficiale dovuti a violente eruzioni vulcaniche.
L’idea è molto semplice: maggiore è il numero di crateri presenti in una regione e maggiore è il tempo che il flusso di meteoriti ha avuto a disposizione per lasciare il suo indelebile segno. Alcuni hanno avuto da ridire, anche recentemente, sulla validità del metodo, sostenendo che i piccoli crateri non siano riconducibili a separate cadute meteoritiche, bensì ai frammenti lanciati tutt’intorno in occasione degli impatti di maggiori dimensioni. Le immagini raccolte nel corso degli ultimi sette anni dalla Mars Global Surveyor, però, hanno mostrato che la formazione craterica è un meccanismo tutt’ora attivo e pertanto il metodo del conteggio dei crateri può essere giudicato corretto.
Quello che è emerso dall’analisi di Neukum è che il vulcanesimo responsabile del rinnovamento superficiale di Marte non è un processo tutto sommato costante, come avviene sulla Terra, ma presenta una successione di cinque violenti episodi verificatisi dopo le fasi iniziali di formazione planetaria e intervallati da periodi di relativa calma. Secondo la ricostruzione cronologica dei ricercatori, il primo dei cinque episodi di attività vulcanica si verificò circa 3.5 miliardi di anni fa, seguito, due miliardi di anni più tardi, da una seconda recrudescenza delle emissioni laviche. Il terzo episodio avvenne tra i 400 e gli 800 milioni di anni fa, il quarto si colloca 200 milioni di anni fa e l’ultimo un centinaio di milioni di anni or sono. Neukum e i suoi collaboratori stimano che l’incertezza sulla datazione degli episodi più antichi sia di 100-200 milioni di anni, mentre per quelli più recenti ritengono che l’errore sia dell’ordine di 20-30 milioni di anni.
Durante queste estese e violente eruzioni, non fu certamente solo la lava a diffondersi sulla superficie di Marte. L’intenso calore generato dall’attività vulcanica, infatti, avrà sicuramente portato in superficie anche grandi quantitativi di quell’acqua che è imprigionata nel sottosuolo di Marte, causando rapidissime inondazioni su larga scala. Secondo alcuni planetologi, questi episodi di intenso vulcanesimo potrebbero essere interpretati quasi come i tentativi di un pianeta di stabilire un sistema di tettonica a zolle. Un obiettivo che – per nostra fortuna – è stato pienamente raggiunto sul pianeta Terra, ma che su Marte non ha finora dato esito positivo.
Questo, però, non significa che l’epoca del vulcanesimo marziano sia definitivamente tramontata. “L’interno del pianeta – dice Neukum – non è ancora freddo, dunque può ancora succedere”. Certo che sarebbe un bel colpo assistere a una di queste eruzioni in diretta…
Fonte: Coelum
In effetti, v’è chi sostiene che Marte stia uscendo da un’era glaciale e che la sua fine coinciderà con la ripresa dell’attività vulcanica. Sempre secondo tale teoria, la vita del pianeta sarebbe sostanzialmente scandita da ere glaciali (che renderebbero Marte così come lo conosciamo) alternate a periodi umidi e più caldi (Marte come s’ipotizza sia stato nel passato). Dato che il pianeta rosso conserva un suo calore interno, questo – periodicamente – determinerebbe un risveglio dell’attività vulcanica che determinerebbe lo scioglimento dell’acqua ghiacciata, un ispessimento dell’atmosfera e quindi una maggior pressione ed un (più marcato) effetto serra, con conseguenti precipitazioni piovose. Si ritiene, però, che ad ogni nuovo “risveglio” vulcanico, Marte perderebbe parte del proprio “potenziale termico” sino a quando non sarà più sufficiente per risvegliare i vulcani, precipitando il pianeta in una definitiva era glaciale.
Sia come sia – ere glaciali o meno -, sarebbe davvero meraviglioso ed indescrivibile lo spettacolo di un Monte Olympus che erutta magma, o pennacchi di fumo sui Monti di Tharsis… e vedere acqua liquida scorrere sulla superficie… e nubi umide addensarsi nei cieli marziali… e lo spettacolo della pioggia scrosciare sui brulli terreni di “Orus il Rosso” (come gli Egizi chiamavano Marte)… Ma, come diceva una nota pubblicità del passato: “Questa è scienza, non fantascienza”, perciò… accontentiamoci degli spettacoli e delle emozioni che già oggi Marte sa darci, anche perché credo che, dati i tempi geologici, seppur dovesse verificarsi uno scenario come quello prima descritto, difficilmente noi potremmo vederlo…
Una domanda allo staff di astronomia.com.
Le eruzioni vulcaniche di Marte erano effusive (tipo Hawaii o Etna) oppure esplosive (tipo Vesuvio)?
E’ possibile formulare un’ipotesi attendibile?
Grazie. 😀
@Alessandro,
la maggior parte sono simili (Olympus,Pavonis, Ascraeus, Arsia, ecc.) sono vulcani a scudo tipo quelli delle Hawaii. Tutti effusivi differiscono dal Mauna Loa, ad esempio, solo per le dimensioni. Queste sono maggiori probabilmente perchè non essendoci stato spostamento della crosta, gli apparati hanno aumentato sempre più le dimensioni (quelli delle Hawaii hanno vita molto corta perchè il “punto caldo” si sposta velocemente). Sono invece esplosivi alcuni altri vulcani come il Ceraunius Tholus e i più famosi Hadrica e Tyrrhena patera. Loro assomigliano molto al St. Helens. OK ?
@Alessandro,
se vuoi saperne di più ed avere ottime immagini puoi andare al sito http://www.solarviews.com/eng/marsvolc.htm
Davvero molte grazie!!
E complimenti per il sito: è da molto che lo “seguo”, anche se non ho mai partecipato, prima d’ora, alle discussioni.
Di nuovo, grazie e siete fantastici!