Lo spirito olimpico vince sempre

Come nell’antica Grecia, anche nel futuro saranno le Olimpiadi a fermare od a risolvere le guerre più cruente. Una strizzata d’occhio anche all’antica Roma…

Lo spirito olimpico vince sempre

Vi erano già state delle avvisaglie durante il periodo della “guerra fredda”. Una volta era successo In Unione Sovietica ed una volta negli Stati Uniti. Le nazioni che erano politicamente (e finanziariamente) legate ad una o all’altra potenza, avevano deciso di non partecipare ai giochi olimpici per boicottare le strategie avversarie. Poi c’era stato un periodo di relativa tranquillità, ma la cenere covava inesorabile sotto al fuoco. L’esistenza di una sola vera potenza politica e militare aveva accontentato un po’ tutti, anche le nazioni che erano considerate dalla parte del “diavolo”. Bene o male tutti partecipavano alle Olimpiadi, tranne piccole defezioni del tutto insignificanti. Si cercava in qualche modo di paragonare i giochi moderni con quelli dell’antica Grecia, quando si fermavano le guerre per fare posto ai valori più alti dello sport e della lealtà. In realtà nell’era moderna le guerre non si fermavano per niente e la lealtà sportiva era spesso e volentieri l’ultima cosa che si cercava di seguire.

Il “doping” era ricorrente e anche le decisioni un po’ “strane” di certe giurie. Tuttavia si andava avanti con lo “spirito olimpico”, pieno di luoghi comuni e di commoventi storie di eroi che avevano sacrificato tutto per una piccola medaglia di simil-oro. Non che non ci fossero veramente atleti puri e decisi a mettersi in gioco con le soli armi dell’allenamento e dell’impegno costante. Tuttavia, giravano troppi soldi e le varie federazioni pensavano spesso solo ai ritorni economici o pubblicitari. E così anche i governi e gli industriali a loro più vicini. La vera gara consisteva nel costruire gli stadi e gli alberghi, nel vendere i “gadget” e dare spazio alla pubblicità delle maggiori aziende mondiali. Il resto era in fondo solo coreografia. Se poi il pubblico faceva il tifo per gli atleti, genuini o falsi che fossero, e sentiva gli occhi diventare lucidi al suono delle note degli inni nazionali, ancora meglio.

Dopo un po’ di tempo di predominio incontrastato degli Stati Uniti, altre nazioni si stavano affacciando nel contesto economico mondiale. Non certo l’Europa che in qualche modo restava legata al potere ed al mercato d’oltreoceano. E nemmeno il Giappone o la Russia, ormai solo una pallida controfigura del vecchio “gigante” sovietico. No, il vero pericolo veniva dalla Cina e dall’India (il cui binomio aveva già preso il nome di Cindia). La prima era ormai un’enorme fabbrica dove si costruiva di tutto a prezzi irrisori, la seconda il motore della ricerca informatica più avanzata. La loro unione avrebbe presto fatto un sol boccone dell’economia mondiale. I tentativi, a volte patetici, di screditare l’avanzata inarrestabile dei nuovi “padroni” del mondo avevano scarsa probabilità di riuscita. Il mondo stava ormai andando verso una nuova fase di contrapposizione economica e politica. Il vero nemico dell’Occidente non era certo l’Islam, con il quale si scatenavano le guerre più plateali, ma la Cindia che, pur ancora senza armi, aveva comunque intrapreso una scalata difficilmente arrestabile.

I primi veri scontri si ebbero poco prima delle Olimpiadi di Pechino del 2008. Quelli che sarebbero dovuti essere i giochi della pace e dell’apertura, stavano invece diventando una partita ad altissima tensione. La scintilla da cui tutto ebbe inizio furono i disordini del Tibet. La durissima “mano” cinese cadde troppo pesante sulla libertà di quel popolo pacifico e inerme. Era proprio quello che molti attendevano. Il passaggio della fiaccola, una volta fonte di gioia e di fratellanza, fu presidiato dalla polizia e degli eserciti, per evitare dimostrazioni che poi immancabilmente scoppiavano comunque in modo sempre più violento. Non si erano mai viste al mondo tante bandiere del Tibet come in quei mesi precedenti alle Olimpiadi: forse erano più numerose degli stessi tibetani. D’altra parte i cinesi non erano certo teneri e davano più che una ragione per schierarsi dalla parte opposta. Malgrado molti l’avessero sperato e probabilmente cercato con tutte le forze, non si arrivò però al boicottaggio. Ci si limitò a qualche improvviso malore di alcuni capi di stato, ad infortuni di molti atleti di punta, ad articoli di $fuoco$ contro le giurie di parte e la disorganizzazione locale, alla contestazione del pessimo cibo, dei trasporti carenti e dello smog che frenava gli atleti abituati a vivere nelle “pulite” metropoli occidentali, ecc., ecc.

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2 Commenti

  1. 😯 In pratica la guerra è diventata sport? E’ così che termina il racconto?
    Una parola per i Tibetani bisogna spenderla anche se il sito non è il luogo più adatto… infatti sono pienamente concorde con coloro i quali non accettano che le olimpiadi, simbolo di pace ed unione, si svolgano in Cina, dove non sono garantiti i diritti umani e dove si combatte da quasi settant’anni una “guerra silenziosa” (perchè taciuta) contro il Tibet, invaso dal popolo cinese. Solo adesso che c’è ragione di scandalo (tornando a media…) a causa delle olimpiadi, si parla nuovamente del problema tibetano. La cina continua a mostrare la facciata pulita, nascondendo anche al proprio popolo la realtà delle cose. Un esempio: nelle televisioni cinesi non vengono trasmesse le immagini delle manifestazioni dei tibetani e delle violenze da loro denunciate, quasi non esistesse la questione. Se questo è rispetto dei diritti umani…

  2. Ottimista, eh?! 😉
    Mi ricorda qualcosa di Stefano Benni, tipo alcune pagine da “la compagnia dei celestini”.
    Dopotutto non siamo tanto lontani da uno scenario del genere, ormai bombardare è diventato uno ‘sport’ per ricchi politicanti guerrafondai e lobbies assortite…