Lavorare sulla Luna

Uno studio presentato a un recente convegno riguardante i futuri insediamenti lunari mette in guardia sui rischi psicologici in agguato per i coloni del futuro.


Lavorare sulla Luna

Quando si parla della possibile colonizzazione del nostro satellite, al primo posto vengono giustamente messe le problematiche relative alla logistica degli approvvigionamenti e alla sicurezza degli ambienti che dovranno ospitare quei coraggiosi pionieri. Sulla Luna – almeno per ora – non ci si arriva in una manciata d’ore e le strutture abitative devono garantire un adeguato livello di sicurezza, facendosi carico anche di quei compiti di scudo che qui sulla Terra sono svolti dalla nostra provvidenziale atmosfera. In estrema sintesi, sono questi i problemi che assillano ogni giorno i progettisti delle future colonie lunari.

La permanenza di un essere umano sulla Luna, però, non deve fare i conti solo con gli aspetti fisici, ma coinvolge anche delicati meccanismi psicologici. Alcuni di questi sono stati al centro dello studio di Chester Spell (docente di management alla Rutgers School of Business), presentato al recente convegno sugli insediamenti lunari organizzato dalla Rutgers University.

Secondo Spell, i futuri coloni lunari dovranno fare i conti con i medesimi rischi di salute mentale che assillano i lavoratori che svolgono la loro attività in isolamento per lunghi periodi. E che questi rischi siano reali è ormai dimostrato. Studi scientifici hanno appurato come i lavoratori che operano in isolamento quasi totale – si pensi, per esempio, agli addetti degli insediamenti minerari australiani o delle stazioni in Antartide – siano particolarmente esposti a elevati rischi di depressione. “Proviamo dunque a immaginare – sottolinea Spell – cosa possa comportare un ambiente caratterizzato da un isolamento estremo qual è un insediamento lunare.”

Il rischio maggiore, sempre secondo lo studio di Spell, è che la depressione di un singolo individuo possa rapidamente contagiare tutti gli abitanti della base. Un simile crollo psicologico, cioè, potrebbe diffondersi a tutti i componenti del gruppo come una sorta di ‘contagio sociale’ mettendo a dura prova la tenuta mentale di ciascuno. Una situazione drammatica, che potrebbe avere tragiche ricadute. Non dimentichiamo, infatti, che in un ambiente isolato il corretto funzionamento di ogni cosa dipende strettamente da un armonioso lavoro di gruppo.

I futuri coloni lunari, insomma, oltre che su precisi piani di approvvigionamento e di sicurezza, dovranno poter contare anche su efficienti piani di pronto intervento psicologico.

Fonte: Coelum

Informazioni su Stefano Simoni 644 Articoli
Di professione informatico, è nato e vive a Roma dove lavora come system engineer presso una grande azienda nel settore IT. E' l'ideatore e sviluppatore di Astronomia.com, portale nato dal connubio tra due delle sue più grandi passioni: "bit" e stelle. Da anni coltiva l’interesse per la progettazione e lo sviluppo di siti web aderenti agli standard e per il posizionamento sui motori di ricerca.

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2 Commenti

  1. Data la tecnologia moderna lascerei alle macchine tutti i lavori, senza che per questo debbano presenziare esseri umani per lunghi periodi. Restano le macchine e ogni sei mesi i coloni si danno il cambio con una nuova squadra. Inoltre le macchine possono essere efficacemente controllate anche a distanza, magari da qualche base spaziale. Quindi il problema dell’isolamento non mi sembra insormontabile. Ma qual’è l’utilita di avere delle colonie lunari? La gente vorrebbe davvero andarci a vivere? Oppure ci farebbero un bel villaggio vacanze? 💡

  2. Allora sarebbe meglio mandarci dei monaci o degli eremiti, quelli non hanno proprio di questi problemi, sono gli unici addestrati anche per fare a meno di tante altre cose. 😉