C’è qualcosa di divertente che potete osservare all’interno del vostro congelatore: andate in cucina, aprite lo sportello e fate leva per staccare un cubetto dal portaghiaccio. Poi guardate all’interno dello scompartimento alla ricerca di brina, quella lanugine cristallina che è solita coprire i vostri piselli surgelati. Trovata? Bene, strofinate delicatamente il cubetto di ghiaccio sulla patina di brina.

Come? Non succede nulla? Naturale, cosa vi aspettavate, un fulmine per caso? In realtà, l’azione che avete appena compiuto sta proprio alla base del processo che origina i fulmini. A chilometri di distanza dalla terra, all’interno dei cumulonembi, piccoli cristalli di ghiaccio urtano costantemente contro frammenti più grandi. Questo strofinamento provoca una reazione simile a quella che si ottiene camminando sulla moquette con le calze ai piedi. Zott! Prima di accorgersene, dalla nube parte un fulmine che si schianta sulla terra.
Può sembrare difficile da credere che un fulmine, che nel suo percorso fino a terra è 3 volte più caldo della superficie del sole, possa nascere da piccoli frammenti di ghiaccio. Ma è ciò che succede, secondo la teoria, ed effettivamente gli esperimenti di laboratorio hanno confermato che si può generare elettricità dalla collisione ghiaccio-ghiaccio.
Tuttavia, questa storia può provocare un certo scetticismo. Così “abbiamo deciso verificare,” dice Walt Petersen, un ricercatore di fulmini della National Space Science and Technology Center di Huntsville, Alabama. Per più di tre anni, Petersen e i suoi colleghi hanno utilizzato il satellite TRMM per osservare ciò che accade all’interno di più di un milione di nubi. “TRMM ha un radar a bordo per misurare la quantità di ghiaccio contenuta in una nube. Ed ha un rivelatore ottico chiamato LIS per contare il numero di flash generati dai fulmini.” Confrontando i dati dei due strumenti, è possibile constatare se la quantità di ghiaccio in una nube, e i fulmini da essa generati, possano avere una relazione di dipendenza.
In effetti la risposta è si. “Abbiamo trovato una forte correlazione fra ghiaccio e fulmini in tutti gli ambienti – sul mare e in aree costiere.” Su scale globali, il coefficente di correlazione fra “densità di flash” dei fulmini (flash per il chilometro quadrato al mese) e “il percorso ghiaccio-acqua” (chilogrammi di ghiaccio per il metro-quadrato di nube) hanno superato il 90%. Sono state individuate correlazioni ancora più forti su scala ridotta su singole cellule della tempesta, dove, per esempio, circa 10 milioni di chilogrammi di ghiaccio produrrebbero un flash al minuto.
10 milioni di chilogrammi. Non meravigliatevi, questi sono i numeri di cui si parla, ecco sipegato perché non potreste mai ottenere una scintilla nel congelatore. Ci vuole molto, molto più ghiaccio per ottenere un fulmine.
In un vero temporale, milioni di pezzi di ghiaccio urtano costantemente gli uni con gli altri, spinti da correnti ascensionali che variano da una velocità di 20 fino a più di 150 Km/h. I piccoli cristalli di ghiaccio si caricano positivamente e aleggiano nella parte superiore della nube, mentre i corpi ghiacciati più ingombranti (che chiamiamo solitamente “grandine”) si caricano negativamente e precipitano verso il basso. Questa separazione genera mega-volt di tensione elettrica, e come conseguenza il fulmine.

Sopra: quantità di fulmini vs massa di ghiaccio misurata in celle temporalesche nel Kansas/Colorado (nero) e in Alabama (rosso).
Ora che la correlazione fra ghiaccio e fulmine è stata stabilita, ne può essere fatto buon uso. Petersen spiega: “i software per le previsioni meteo e climatiche hanno bisogno di conoscere quanto ghiaccio è contenuto nelle nubi. Il problema è che il ghiaccio è molto difficile da tracciare. Non possiamo disporre di un radar sopra ogni nube temporalesca per misurare il suo contenuto di ghiaccio. Per migliorare le nostre previsioni computerizzate, dobbiamo sapere dove è il ghiaccio.”
I fulmini potranno aiutarci in questa impresa. “Visto che c’è una così forte correlazione tra fulmini e ghiaccio, possiamo farci una buona idea di quanto ghiaccio c’è lassù contando i flash del fulmine.” I sensori come il LIS, che sono economici e possono essere posizionati sia al suolo che in orbita attorno alla Terra, renderanno fattibile l’operazione.
Fonte: http://science.nasa.gov/headlines/y2006/13sep_electricice.htm
non è possibile inprigionare questa energia,per farne uso?
Purtroppo non siamo ancora in grado di imbrigliare queste forme di energia.
penso invece che la tcnologia non ufficiale ne sia in grado.
come è in grado di produrre automobili ad aqcua (idrogeno).
purtroppo la logica capitalistica non permette che di queste innovazioni se ne faccia uso, in quanto non sarebbe remunerativo finquanto non si siano spremute
le risorse energetiche tradizionali (petrolio) e ieri (carbone ecc.)
Francamente mi riesce molto difficile pensare che siamo in grado di “controllare” una scarica da decine di milioni di volt, che arrivano fino a 50.000 gradi e che durano qualche millesimo di secondo.
Al di là del capitalismo, siamo consapevoli delle innovazioni come motori a idrogeno e quant’altro, e sicuramente l’eventuale genio che inventasse come imbrigliare un fulmine non tarderebbe a far conoscere la sua creazione, chi non vorrebbe passare alla storia per aver inventato una cosa simile?
In effetti è impossibile sfruttarle in quanto le scariche durano pochi millesimi di secondi ed è impossibile tecnicamente imbrigliare tutta questa energia per scaricarla poco alla volta nella rete, bisognerebbe imbrigliare fulmini di continuo per avere una fonte adatta, ciò è ovviamente impossibile
Come scrissi su EA vidi ,dopo un ricco pasto delle formiche attratte da cariche elettrostatiche che in pratica erano circondate da energia simile ai fulmini ma ricreata in piccolo(senza ghiaccio). Non so se è un modo per approfondire l’argomento.