Triangolazione

I viaggi nel tempo sono sempre stati un sogno irrealizzato. Forse però si potrebbe usare uno stratagemma diverso, una specie di triangolazione o qualcosa del genere. L’idea di questo racconto di pura fantascienza mi è stata data dal nostro lettore Fabrizio Manca, che ringrazio di vero cuore!

Il grande architetto Luigi Saltarelli, uno dei più acclamati e geniali personaggi del ventitreesimo secolo, era anche un appassionato astronomo e dedicava molto del suo tempo libero allo studio dell’astrofisica. Non solo a livello amatoriale, però, ma anche professionale e aveva al suo attivo scoperte importanti. Tanto per non smentirsi, era bravissimo anche nella tecnologia spaziale ed era spesso interpellato dalle agenzie internazionali per aiutarle a risolvere i problemi più complicati. Insomma, era una specie di Leonardo da Vinci redivivo, con le sue dodici lauree prese nell’arco di una ventina d’anni.

Triangolazione

L’architettura e la sua storia rimanevano comunque la passione più grande di Saltarelli. Non solo aveva costruito gli edifici più importanti e innovativi del suo secolo, ma aveva studiato come nessuno mai precedentemente le origini dell’arte e la sua evoluzione. In particolare, si era dedicato alle misteriose e inspiegabili somiglianze che esistevano tra le costruzioni delle civiltà più antiche, troppo lontane tra loro per avere avuto scambi di pensieri e d’idee. Le piramidi dei Maya e quelle egizie erano solo la punta dell’iceberg. Vi erano infinite altre analogie che sembravano davvero inspiegabili. Purtroppo, tutti i suoi studi eseguiti sui libri e sul $campo$, non riuscivano a trovare il legame mancante. Quanto sarebbe voluto tornare a quei tempi per assistere direttamente alle fasi costruttive e poter parlare con i grandi geni di quei tempi! Ma non vi era speranza di poter viaggiare nel tempo. Lo aveva inconfutabilmente dimostrato la legge di Lubor Tchykonich. Una deformazione temporale, infatti, avrebbe distrutto anche il tessuto spaziale.

Niente da fare, doveva pensare a un’altra strada. Luigi passava ore a studiare quel problema e ogni tanto si faceva anche prendere dalla fantasia più spinta e irrazionale. Potevano essere state entità aliene a dare il via alle nostre civiltà più prestigiose? Non vi erano assolutamente prove a riguardo, però era un’ipotesi che avrebbe risolto tutto… No, no, non poteva crederci. Gli alieni probabilmente esistevano da qualche parte, ma ancora non vi erano stati contatti, ne era più che sicuro!

L’idea folgorante gli venne per puro caso, durante una sua lezione in un liceo cittadino. Luigi era ovviamente anche un divulgatore eccezionale… Un giovane con larghi occhiali e l’aria da primo della classe gli fece la solita domanda sullo spazio e il tempo: “Scusi, professor Saltarelli, se ho capito bene, quando noi vediamo una stella che dista duecento anni luce, stiamo assistendo a qualcosa che è successo duecento anni fa. La stella potrebbe quindi anche non esistere più?” Luigi assunse il solito sorriso di circostanza e iniziò a spiegare che era proprio così e che guardare nello spazio voleva anche dire viaggiare nel tempo. La solita risposta che ormai ripeteva quasi meccanicamente. Quella volta, però, rimase profondamente scosso dalle sue stesse parole. “Guardare nello spazio è come viaggiare nel tempo…”. Come aveva fatto a non pensarci prima?

In realtà, a lui non interessava vedere il passato delle altre stelle, ma quello del suo pianeta. Avrebbe dovuto cambiare il luogo di osservazione. Ecco il punto chiave. Probabilmente qualche razza aliena viveva su un pianeta a circa cinquemila anni luce e stava osservando proprio adesso ciò che a lui interessava più di tutto: la nascita delle grandi architetture antiche. Poteva cercare di contattarli e farsi raccontare gli avvenimenti. Non era, però, una cosa semplice! Intanto doveva scoprirli e poi loro dovevano essere nel posto giusto, avere voglia di parlare con lui ed essere capaci di trasmettere informazioni a velocità infinita. Infatti, se fossero stati a una distanza dalla Terra di cinquemila anni luce, starebbero sicuramente guardando il periodo giusto, ma se gli avessero mandato anche subito le informazioni via radio o via luce, il povero Luigi le avrebbe ricevute solo tra cinquemila anni. Nonostante i grandi passi in avanti della medicina (Santi era anche un valente medico) non sarebbe riuscito a vivere tanto a lungo. No, doveva fare tutto da solo.

L’unica possibilità era di raggiungere in un tempo infinitesimo un altro corpo celeste, ad esempio distante duecento anni luce. Solo così avrebbe visto in diretta ciò che era capitato sulla Terra esattamente duecento anni prima. Sarebbe stato meraviglioso, ma non certo facile… Non era certo un gioco da ragazzi muoversi a velocità infinita in modo da essere nello stesso instante in qualsiasi luogo dello spazio. Aveva anche paura della parola che descriveva quella possibilità: onnipresenza, un attributo divino e non certo umano… Per un attimo pensò di poter risolvere la questione ricordando dei vecchi telefilm di tre secoli prima: Star Trek. In quei racconti di fantascienza ci si spostava immediatamente col teletrasporto, ossia disgregando la propria struttura molecolare per ricrearla in un luogo diverso. Purtroppo non si potevano raggiungere luoghi troppo distanti, altrimenti le molecole se ne sarebbero andate in giro per l’Universo, senza più incontrarsi. No, ci voleva qualcosa di diverso, fisicamente e tecnologicamente praticabile.

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7 Commenti

  1. racconto simpatico ed affascinante. tante volte ho immaginato anche io triangolazioni simili, che ci permettessero magari con una tecnologia del prossimo futuro di spostarci agevolmente nello spazio e recarci a debita distanza in maniera di osservare il nostro pianeta come virtualmente appariva x anni fa….

  2. Il protagonista del nostro racconto ha costruito un marchingegno per riuscire a far viaggiare la sua mente nello spazio, ma davvero sarebbe così assurdo riuscire a potenziare le nostre capacità extrasensoriali per far volare il nostro pensiero ovunque? Quella levetta d’ argento ci deve essere da qualche parte nel nostro cervello, o nel nestro cuore, o in tutte le nostre cellule…è che non sappiamo dove cercarla, nè come è fatta, nè come usarla. E sono sicura che qualche illustre personaggio ci sia riuscito.

  3. cara Barbara,
    forse hai ragione…. Alcuni grandi del passato, sia artisti immensi che pensatori forse ci sono riusciti…. 😯

  4. forse qualche alieno ce l’ha la levetta d’argento e l’ha usata come avrebbe voluto fare il nostro Luigi.

  5. Bel racconto!
    un viaggio nelle menti a ritroso..per capire anche meglio il futuro..
    se qualche alieno avesse la levetta, gli chiederei se i viaggi sono fatti di Scienza o di Co.Scienza :mrgreen: ….chiaramente preferirei il binomio Co.Scienza…
    rachiude più senno. 😉

  6. o forse Ra.Chiude è stato un lapsus freudiano…visto che il racconto parla di egizi e visto che parlare di Sole sta bene anche con l’astronomia? 🙄 😆
    ..chiedo perdono per la battuta.. :mrgreen: