Un “occhio” veramente gigantesco

Poco più di due mesi fa è stata approvata la costruzione del più grande telescopio ottico del mondo, che sarà compiuto tra meno di vent’anni. Avrà uno specchio a “mosaico” di 42 metri e sorgerà nel deserto del Cile. Ne approfitto per descriverlo brevemente e richiamare le ricerche di punta che dovrà affrontare e magari risolvere.

1. Il telescopio attraverso i secoli

Il miglioramento continuo della strumentazione per l’osservazione del cielo negli ultimi decenni è stata travolgente e ci ha portati a una visione sempre più chiara ed entusiasmante del Cosmo. Tuttavia, come sempre capita nella storia del sapere, prima o poi i nodi vengono al pettine e ci si trova di fronte alle domande più difficili e importanti. Ed è giusto che sia così. Dopo 400 anni dalla nascita del primo telescopio e dall’inizio dell’astrofisica, l’uomo è di fronte a interrogativi fondamentali riguardanti l’origine ed evoluzione dell’Universo. I telescopi stanno vivendo un’era fulgida e meravigliosa e siamo ormai veramente a un passo dai punti essenziali che si devono risolvere per aprire nuove frontiere della conoscenza.

La figura che segue (Fig. 1a,b) ci dona un’idea della cavalcata inarrestabile della strumentazione ottica a partire dalla nascita del cannocchiale galileiano. Da pochi centimetri di diametro si è passati al metro nel 1800 circa. L’avvento dei telescopi a specchio (ossia dei riflettori) ha fatto fare il primo passo fondamentale, mentre il rifrattore raggiungeva il suo limite proprio a tale dimensione. La lenta ma continua crescita delle nuove tecnologie ha poi permesso di aumentare in modo relativamente facile la superficie riflettente, passando dai 5 metri di Monte Palomar, che sembrava un limite invalicabile, alla creazione di telescopi a vari segmenti che dopo aver raggiunto i 10 metri hanno aperto la strada verso traguardi giudicati impossibili fino a pochi anni fa.

A quel punto il vero limite non era più la grandezza dello specchio, ma la possibilità di potere “leggere” ciò che veniva raccolto dalla superficie riflettente. Si potevano costruire “occhi” enormi, ma la maggior parte dell’ informazione veniva nascosta dai disturbi introdotti dall’atmosfera. Lo spazio sembrava l’unica soluzione e invece l’ottica adattiva ha permesso una svolta fondamentale: se non si poteva eliminare l’atmosfera si poteva deformare in tempo reale la superficie dello specchio e correggere le anomalie introdotte dalla massa d’aria. A seconda della deformazione dell’onda luminosa in arrivo, lo specchio riproduceva esattamente la stessa forma e ristabiliva l’onda originaria. Niente era più impossibile anche da terra.

Le dimensioni dei telescopi terrestri in funzione del tempo

Fig. 1(a). Le dimensioni dei telescopi terrestri in funzione del tempo. La linea nera si riferisce ai telescopi rifrattori (a lente), quella rossa ai telescopi riflettori (a specchio).

crescita nel tempo della superficie riflettente

Figura 1(b). Ancora più interessante è la crescita nel tempo della superficie riflettente, quella che in realtà definisce la quantità di luce che può essere raccolta dallo strumento. In questo diagramma si nota molto meglio l’enorme salto qualitativo del prossimo futuro.

I telescopi spaziali, completamente liberi dai problemi atmosferici, ma con dimensioni necessariamente più piccole, i radiotelescopi per le lunghezze d’onda estreme e i giganti terrestri stanno per fornire occhi straordinari per vedere e capire il passato e il futuro del Cosmo e forse per non sentirci più soli. Le grandi sfide del secolo appena cominciato si possono riassumere in pochi punti: su altre Terre è possibile o magari anche presente la vita? Quando e come si sono formate le prime galassie? Cosa sono la materia e l’energia oscura? Questi pochi punti ci condurranno automaticamente verso i primi istanti di vita dell’Universo e verso il suo futuro. E ci faranno sapere se siamo o non siamo soli in questa fantastica battaglia verso la conoscenza.

2. Il “mostro” di Cerro Armazones

In questo articolo non voglio e non potrei nemmeno descrivere tutti i telescopi più moderni e avanzati di oggi e di domani. Mi dedicherò solo a descrivere brevemente quello che sarà tra pochi anni il fiore all’occhiello dell’Osservatorio Europeo del Sud (ESO) e il più grande strumento ottico del mondo. Il suo nome è E-ELT, che sta per European Extremely Large Telescope e si merita tutto il nome con i suoi 42 metri. Sarà affiancato da due fratellini più piccoli, che vedranno la luce insieme a lui: il GMT (Giant Magellan Telescope) di Las Campanas (Cile) da 24 metri e il TMT (Thirty Meter Telescope) delle Hawaii da 30 metri. Ma occupiamoci più a fondo del “nostro” gigante. La sua operatività dovrebbe iniziare nel 2020 (un battito di ciglia).

Il telescopio ha un disegno innovativo basato su 5 specchi (Fig. 2) in modo da applicare una sofisticata ottica adattiva per correggere la turbolenza atmosferica. Lo specchio principale consiste di 1000 segmenti esagonali, ciascuno da 1,4 metri di diametro che crea una struttura complessiva di 42 metri. Esso sarà in grado di raccogliere circa 15 volte più luce di quanto riescano a fare oggi i più grandi telescopi ottici. La fase costruttiva inizierà nel 2011 e costerà circa un miliardo di euro. Lo specchio secondario ha un diametro di 6 metri. Un terzo specchio raccoglie la luce proveniente dal secondario e la invia su due specchi adattivi da 2,5 e 2,7 metri. Il primo è comandato da 5000 adattatori che possono correggere la forma dello specchio centinaia di volte al secondo, il secondo corregge gli effetti dovuti al vento e invia la luce alle strumentazioni che l’analizzano.

Lo schema ottico del gigantesco E-ELT

Figura 2. Lo schema ottico del gigantesco E-ELTingrandisci

Le dimensioni non sono casuali. Vi sono due ragioni fondamentali per aver scelto 42 metri. Una è la quantità di luce che può essere raccolta e l’altra è il livello dei dettagli osservabili. Ad esempio, con 42 metri si può misurare direttamente l’accelerazione dell’espansione dell’Universo (Fig. 3).

La linea rossa mostra la capacità di misurare la variazione di redshift in funzione del diametro di un telescopio

Figura 3. La linea rossa mostra la capacità di misurare la variazione di redshift in funzione del diametro di un telescopio. Per avere un risultato in grado di evidenziare una variazione nel redshift su un periodo di dieci anni è necessario che la sensitività allo spostamento di velocità radiale sia dell’ordine di 2 cm/sec. Questa è raggiunta proprio con un telescopio di circa 42 metri

Sapremo finalmente se l’espansione dell’Universo accelera, ossia se esso è aperto oppure piatto? Probabilmente sì e questo ci farà conoscere il futuro del Cosmo (Fig. 4).

La differenza tra le varie ipotesi sul futuro dell’Universo si potranno stabilire capendo se esiste un’accelerazione nell’espansione

Figura 4. La differenza tra le varie ipotesi sul futuro dell’Universo si potranno stabilire capendo se esiste un’accelerazione nell’espansione. E questa accelerazione, se reale, darà prove tangibili dell’esistenza dell’energia oscura, che dovrebbe tendere proprio a separare la materia fino alla disgregazione nelle particelle più elementari

Incidentalmente, questa precisione è anche quella che permetterà di evidenziare con il metodo spettroscopico esopianeti delle dimensioni terrestri.

La scelta del sito dove costruire il telescopio è stata lunga e accurata. Sono stati tenuti in conto vari fattori. Innanzitutto la qualità astronomica dell’atmosfera, come il numero di notti serene, l’umidità e il “seeing”, ossia la stabilità dell’aria. Ma anche i costi di costruzione e operazione e i vantaggi di sinergie scientifiche con altre strutture già esistenti. I siti pre-selezionati per lo studio approfondito finale sono stati quattro in Cile e uno nelle Canarie. Alla fine è stato scelto (marzo 2010) il Cerro Armazones vicino al Paranal, che dava un’altissima qualità di cielo unita al vantaggio di essere vicino all’Osservatorio VLT dell’ESO. Il Cerro Armazones è una montagna isolata di 3060 metri d’$altezza$ nella parte centrale del deserto di Atacama (Fig. 5), a circa 130 km dalla città di Antofagasta e 20 dal Cerro Paranal. Il numero di notti serene per anno è stato calcolata in più di 320. la Fig. 6 mostra un modello della struttura nel suo complesso.

Il Cerro Armazones nel deserto di Atacama in Cile

Figura 5. Il Cerro Armazones nel deserto di Atacama in Cile, dove sorgerà il nuovo gigantesco E-ELT dell’ESO.

Come appariranno la cupola e il telescopio E-ELT quando saranno completati

Figura 6. Come appariranno la cupola e il telescopio E-ELT quando saranno completati – ingrandisci

3. Cosa ci aspettiamo dall’E-ELT

Concludiamo con una breve carrellata sui problemi più entusiasmanti e insoluti del nostro Universo. Probabilmente il nuovo gigantesco telescopio, sia da solo che unito agli altri fratelli terrestri e spaziali, sarà in grado di risolverli.

a) Studio degli esopianeti

Da più di un decennio sappiamo che esistono pianeti attorno ad altre stelle, ma non siamo ancora stati capaci di avere un segnale diretto dell’esistenza di altre Terre. E-ELT raggiungerà una risoluzione in grado di mostrare la prima immagine diretta di questi oggetti e anche di analizzare la loro atmosfera per scoprire se esistono molecole che indichino la presenza di vita biologica. Molte altre domande avranno la loro risposta: i sistemi planetari come il nostro sono comuni? L’esistenza di pianeti rocciosi nelle zone “abitabili” (acqua allo stato liquido) è frequente o è una rarità? Com’è distribuita la materia pre-biotica nei dischi proto planetari?

b) Le leggi della natura sono realmente universali?

Mano a mano che torniamo indietro nel tempo e ci spingiamo più lontano nello spazio, tutti I fenomeni che si osservano sembrano indicare che le leggi della fisica sono universali e stabili. Tuttavia, ancora alcuni “buchi” esistono nella nostra conoscenza. La gravità e la relatività generale devono ancora essere testate in condizioni estreme. La straordinaria rapida espansione (inflazione) caratteristica dei primi momenti dopo il Big Bang non è ancora stata capita. La materia oscura sembra dominare la formazione delle grandi strutture dell’Universo, ma la sua vera natura resta un mistero. La recente scoperta della possibile accelerazione dell’espansione dell’Universo sembra aver bisogno di una energia oscura che è ancora meno comprensibile. Alcune domande sorgono perciò quasi ovvie: le costanti dell’Universo sono davvero costanti? Come procede realmente l’espansione dell’Universo? Siamo in grado di capire la natura stessa dell’energia oscura? Forse E-ELT con la sua eccezionale sensitività ci darà una mano molto importante per iniziare a comprendere.

c) Il ruolo dei buchi neri nella modellare l’Universo

I buchi neri hanno fatto impazzire moltissimi scienziati fin da quando Karl Schwarzschild li aveva formulati teoricamente in forma relativistica un centinaio di anni fa. Le osservazioni hanno poi dimostrato che essi esistono e anche su scala gigantesca. Non sono solo collegati a oggetti stellari, ma anche a corpi con masse milioni o miliardi di volte quella del Sole. Questi ultimi sembrano conoscere perfettamente la vita e la struttura delle galassie che li ospitano nel loro cuore centrale, dato che le loro proprietà sono correlate con la “casa” che li contiene. I più grandi stanno, ad esempio, nelle galassie più grandi. Potrebbero essere i buchi neri supermassicci una specie di segno inconfondibile della galassia che li ospita? Cosa realmente capita delle nostre leggi fisiche nei pressi dell’orizzonte degli eventi? Come si sono formati i buchi neri super massicci? Qual è stato il loro ruolo nella formazione delle galassie? Quante domande aspettano l’E-ELT!

d) Sappiamo veramente tutto sulle stelle?

Le stelle sono le fornaci nucleari dell’Universo in cui gli elementi chimici, compresi i mattoni fondamentali della vita, sono sintetizzati e riciclati. Sappiamo però veramente tutto di loro? L’E-ELT sarà in grado di osservare le stelle meno massicce dell’Universo e permetterà di analizzare e chiudere il ”gap” che ancora esiste tra formazione stellare e formazione planetaria. Sarà anche possibile datare la preistoria delle stelle e riconoscere le prime che hanno fatto la loro comparsa. Saremo forse capaci di “vedere” la loro nascita e comprendere gli eventi energetici più grandiosi dell’Universo collegati alla loro morte: i lampi nei raggi gamma.

e) Come si sono formate le galassie?

Le galassie sono state definite nel 1755 da Immanuel Kant come “universi isole” e tali sono rimaste fino all’inizio del ventesimo secolo per chiunque descrivesse le nebulose a spirale al di fuori della nostra galassia. Ma ancora adesso che ne conosciamo la vera natura, non riusciamo a vedere le singole stelle che le compongono, a parte casi eccezionali. Ciò sarà adesso possibile attraverso la separazione angolare fantastica del nuovo enorme telescopio dell’ESO. Potremo vedere le stelle singole fino a distanze di milioni di anni luce. Sapremo quante generazioni di stelle sono state create. Potremo anche vedere come le galassie si sono riunite tra loro nella preistoria del Cosmo.

f) La prima fase dell’Universo

Nei primi 380000 anni dopo il Big bang, l’Universo era così denso e caldo che la luce e la materia erano strettamente accoppiate. Solo dopo questo periodo l’espansione causò un raffreddamento che permise agli elettroni e ai protoni di combinarsi per creare l’elemento più semplice, l’idrogeno, mentre i fotoni si staccarono dalla materia. Dopo di ché si cominciarono a formare le prime stelle che si organizzarono poi in strutture sempre più grandi. E-ELT ci permetterà probabilmente di giungere a “vedere” la fine della fase “oscura” dell’Universo, come rappresentato nella Fig.7.

L’evoluzione dell’Universo dal Big Bang fino ad oggi, secondo le teorie più accreditate

Figura 7. L’evoluzione dell’Universo dal Big Bang fino ad oggi, secondo le teorie più accreditate. L’E-ELT potrà forse raggiungere l’era oscura (la “dark age”) e raccogliere la prima luce inviata al momento del disaccoppiamento dei fotoni dalla materia – ingrandisci

Per finire la Fig. 8 illustra l’E-ELT confrontato con i suoi fratelli minori. Non ci resta che aspettare qualche anno per vederli al lavoro…

I tre giganteschi telescopi ottici che dovrebbero diventare operativi intorno al 2020

Figura 8. I tre giganteschi telescopi ottici che dovrebbero diventare operativi intorno al 2020 – ingrandisci

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13 Commenti

  1. Articolo interessantissimo!!
    Ed inizia la spasmodica attesa in vista dell’attivazione di questa stupefacente macchina…
    🙂
    Ps: peccato cmq che la progettazione dei telescopi spaziali debba subire le limitazioni derivanti dalla mancanza dello sviluppo dei vettori spaziali!

  2. Caro Enzo ho sempre detto che ci aspettano nuove ed inaspettate scoperte sul nostro universo e , come vedo, si stanno sviluppando gli strumenti giusti. Sarà strabiliante assistere alle prime scoperte e ve ne saranno in tutti i punti che hai così chiaramente illustrato.
    Anche io spero che non si ponga limiti alla presenza di strumenti e quindi largo anche ai telescopi spaziali e largo anche alla continuazione delle missioni spaziali umane e non.

  3. sarà bellissimo, poter vedere un esopianeta reale… ma scusate se magari sono fuori tema, si sono scoperti numerosi esopianeti di stelle lontane, come mai non si pone attenzione al sistema alpha centauri? non sono informatissimo, ma i pianeti non ci sono o devono ancora essere scoperti? parlo di alpha centuari perchè naturalmenteessendo la piu VICINA a noi, sarebbe interessante poter dare una sbirciatina in casa a E.T. …… 😆

  4. per ora non sono ancora stati scoperti pianeti attorno ad alpha centauri…
    Comunque quel telescopio è davvero un mostro!!!!!!!!
    :mrgreen:

  5. WooooW! Sto telescopio è davvero un mostro!!! Ma la tecnica adattiva è già utilizzata in alòtri telecopi vero? Tra l’altro sono sempre stato convinto che gli specchietti esagonali a muoversi per correggere gli errori causati dall’atmosfera fossero quelli dello specchio principale! Invece da qui mi sembra di capire che quello principale sia fermo mentre solo i due specchietti terziari siano adattivi…

    Cmq sia, davvero spettacolare! Non vedo l’ora che entri in funzione!

  6. Un gran passo avanti per la ricerca scientifica questo telescopio.
    Però,vedendo le potenzialità che gia esprimono i telescopi orbitali,non sarebbe sbagliato investire quel miliardo di euro in uno strumento di magari “solo 10/15 mt in orbita che dovrebbe (teoricamente) avere una migliore risoluzione grazie alla sua posizione rispetto ad un telescopio a terra?

  7. Scusate………. sono un appassionato di astronomia da quando avevo 10 anni e tuttora continuo a seguire documentari e notizie pure su questo sito
    La mia domanda e:
    Il quasar e veramente l’oggetto piu potente di tutto l’universo
    Ringrazio anticipatamente per la risposta

  8. sono tornato!!!!!!
    spero di avere tempo (lentamente) di riprendere i contatti…..
    un abbraccio a tutti 😛

  9. Bentornato Enzo, finalmente potrai riscrivere tranquillamente i tuoi articoli e i tuoi racconti: che bello !

  10. ciao enzo
    anni fa ti avevo cercato per salutarti, che non avevo piu il numero, ma con la fama i contatti diventano evidentemente piu difficili. forse dal sito è piu facile. comunque complimenti per tutti i lavori e la carriera. (stavi meglio coi baffi) stefano cacciatori

  11. carissimo Stefano!!!!
    che piacere sentirti dopo tanto tempo. Sono entrato in una felicissima pensione che mi permette di scrivere sia di astronomia, ma anche di vino e gastronomia e additittura un paio di libri di fantascienza e cose simili. Teniamoci in contatto. Un abbraccio fortissimo
    Enzo
    Per Stefano (SIMONI), puoi dare la mia email al carissimo amico Stefano Cacciatori?
    Grazie!!!

  12. incredibile… avete notato… 42 ….. La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto. Strane coincidenze .. il telescopio che ci permetterà ci comprendere l’universo e scoprire pianeti extrasolari ha uno specchio da 42 m di diametro