Space Shuttle, Parte I

Tutti lo conoscono, ma in pochi sanno come funzioni in realtà questo gioiello tecnologico. Con il presente articolo vorrei cercare di darvi una descrizione qualitativa di questo complesso sistema di trasporto, del suo funzionamento e delle parti che lo compongono, senza però scendere troppo nel dettaglio per rendere il tutto comprensibile senza bisogno di un background tecnico specifico.

Shuttle. In italiano significa semplicemente “navetta”, ma in generale a questa parola non si può che associare lo Space Shuttle o, per chiamarlo con il nome corretto, lo Space Transportation System (STS), ovvero il simbolo indiscusso che ha dominato la scena delle missioni spaziali degli ultimi 30 anni. La macchina più bella, più potente e più affascinante che l’uomo abbia mai costruito.

Sono 3 gli elementi principali che compongono lo Space Shuttle:

  • I due Solid Rocket Boosters (SRBs) laterali bianchi
  • La grossa External Tank (ET) arancione centrale
  • L’Orbiter vero e proprio, quello in cui alloggiano gli astronauti ed il carico da trasportare
Principali componenti dello Space Shuttle
Fig. 1: Principali componenti dello Space Shuttle

Solid Rocket Booster

I due Booster laterali forniscono più dell’80% di spinta al lancio, senza di essi lo Shuttle non potrebbe nemmeno staccarsi dalla rampa di lancio, non si sposterebbe di un centimetro. Sprigionano una potenza inaudita, nei primi istanti dopo l’accensione riescono a generare circa 3.300.000 pounds di spinta l’uno, quasi 15 milioni di Newton. Bruciano solamente per un paio di minuti, generalmente la separazione avviene circa 124-125 secondi dopo il decollo, ma in questo breve lasso di tempo riescono a portare l’intera struttura fino a circa 44 km di altitudine.

Boosters Separations ripresa da una speciale telecamera del KSC
Fig. 2: Boosters Separations ripresa da una speciale telecamera del KSC

Il loro compito comunque non è solamente quello di generare cotanta potenza, ma svolgono anche un ruolo di sostanziale importanza dal punto di vista strutturale.

I boosters infatti si fanno anche carico di sostenere tutto il peso della restante struttura (External Tank + Orbiter) trasferendolo alla Piattaforma Mobile di Lancio (MLP) attraverso 8 punti di fissaggio (4 per ciascun Booster) che vengono fatti saltare con delle cariche esplosive immediatamente prima del decollo.

Una volta staccatisi dall’External Tank i Booster, con l’aiuto di un paracadute, ricadono lentamente in mare a circa 240 km al largo della costa orientale della Florida. Due apposite navi poi li recuperano e li riportano al Kennedy Space Center, dove vengono esaminati e ispezionati per poter essere riutilizzati (completamente o in parte) anche nei lanci successivi.

Recupero di un Solid Rocket Booster
Fig. 3: Recupero di un Solid Rocket Booster

Peculiarità dei Boosters è che essendo alimentati da un propellente solido (principalmente perclorato d’ammonio, alluminio e ossido di ferro) una volta accesi non possono più essere spenti. Sono dotati però di un dispositivo di sicurezza chiamato Range Safety System in grado, in caso d’emergenza (ad esempio razzi fuori controllo come durante l’incidente al Challenger nel 1986), di distruggerli evitando che si schiantino a terra con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

External Tank

Se grazie all’aiuto dei Booster gli astronauti riescono a spingersi fino a 44 km di altitudine è grazie all’External Tank che riusciranno a portarsi al di fuori dell’atmosfera. L’ET infatti è il vero e proprio serbatoio dell’Orbiter, un contenitore gigante di idrogeno e ossigeno liquidi che vengono pompati in pressione verso i tre propulsori principali dell’Orbiter, gli SSME (Space Shuttle Main Engine).

Le dimensioni di questo serbatoio sono impressionanti, circa 47 metri di $altezza$ per 8.4 metri di diametro, la Figura 4 dovrebbe rendere abbastanza l’idea. Al decollo arriva a superare le 760 tonnellate di massa, 630 delle quali sono costituite da ossigeno liquido, posto nella parte superiore per questioni di stabilità, e 106 da idrogeno liquido posto nella restante parte inferiore.

Nonostante la massa d’idrogeno sia circa un sesto di quella dell’ossigeno, il volume $inferiore$ in cui viene posto l’idrogeno è molto maggiore di quello $superiore$ riempito di ossigeno a causa della notevole differenza di densità tra il combustibile e il comburente allo stato liquido.

Il combustibile contenuto all’interno dell’External Tank comincia a bruciare pochi istanti prima del decollo (supportando i Solid Rocket Boosters) ed esaurisce i suoi quasi 2 milioni di litri all’incirca 8 minuti e mezzo più tardi, quando ad un’altitudine di circa 113 km lo Shuttle può ormai essere considerato come un vero e proprio “aereo nello spazio”.

A questo punto anche l’External Tank ha compiuto il suo dovere e seguendo una precisa procedura si stacca dall’Orbiter immettendosi in una predefinita traiettoria che la porterà a bruciare in atmosfera tramite quello che in gergo viene chiamato un “rientro distruttivo”. I detriti precipiteranno poi nell’oceano Pacifico o in quello Indiano, ben lontano dalle rotte navali, senza essere recuperati. L’ET è l’unica parte non riutilizzabile dello Space Shuttle.

Trasporto dell’External Tank verso il Vertical Assembly Building
Fig. 4: Trasporto dell’External Tank verso il Vertical Assembly Building

Orbiter

E veniamo all’Orbiter, quello a cui viene spontaneo pensare ogni qualvolta si nomini la parola “Shuttle”. L’Orbiter, contrariamente alle apparenze, è molto più simile ad un grosso aliante piuttosto che un normale aereo.

E’ infinitamente più complesso di un aliante comune, ma il suo principio di funzionamento, specialmente nella fase di rientro, è praticamente identico.

Una descrizione dettagliata dell’Orbiter richiederebbe un’infinità di tempo, ma anche volendo semplificare le cose al massimo sono talmente tante le curiosità che vale la pena sapere che preferisco raccontarvi il tutto in un articolo a parte dedicato esclusivamente ad esso: questo.

Vi riporto qui di seguito alcuni dati che anche se per molti di voi saranno ben noti, sicuramente per molti altri non lo sono. Nella storia della NASA sono stati solo 5 gli Shuttle costruiti, in ordine cronologico: Columbia (1981), Challenger (1983), Discovery (1984), Atlantis (1985) ed infine Endeavour (1992). In tutto sono stati effettuati 134 voli, per un totale di 66 satelliti messi in orbita.

Nove voli raggiunsero la vecchia stazione spaziale MIR mentre ben 34 hanno avuto come destinazione la ISS. L’ultimo volo dell’ultimo Shuttle, l’STS-135 è previsto per questa estate e con esso anche l’ultima navetta, l’Atlantis, andrà definitivamente in pensione occupando un qualche museo degli Stati Uniti.

Purtroppo il prestigio si paga spesso a caro prezzo e come in ogni cosa di grande successo non mancano le note dolenti.

Nel 1986 si verificò il primo grande disastro dell’era Shuttle, quando il Challenger esplose dopo soli 73 secondi di volo a causa del cedimento di una guarnizione del Solid Rocket Booster destro che causò una fuoriuscita di fiamme e la conseguente esplosione dell’External Tank. In questa tragedia persero la vita sette astronauti tra i quali anche la povera Christa McAuliffe, selezionata per diventare la prima insegnante ad andare nello spazio dal quale avrebbe dovuto tenere anche una lezione di scienza in collegamento con gli studenti di mezzo mondo.

Nel 2003 invece il secondo e ultimo incidente, quello del Columbia. Durante il rientro si staccò una mattonella dello scudo termico (danneggiata durante la fase di lancio) e venne quindi a mancare l’isolamento tra la parte $inferiore$ dello Shuttle che raggiunge di norma i 1600°C di temperatura e l’interno dell’abitacolo. Il flusso di calore penetrò istantaneamente all’interno dell’Orbiter polverizzando all’istante la navetta e i 7 astronauti che la occupavano.

Disastro del Challenger (1) del 28-01-1986 e del Columbia (2) del 01-02-2003
Fig. 5: Disastro del Challenger (1) del 28-01-1986 e del Columbia (2) del 01-02-2003

Nonostante lo Space Transportation System si sia rivelato un programma fallimentare dal punto di vista dei costi e con un’affidabilità non proprio conforme alle aspettative, rimane a mio avviso un grande successo dal punto di vista dell’immagine.

Con l’ultimo volo dello Shuttle Atlantis avvenuto a luglio 2011 si è chiusa un’Era. E’ la fine di un ciclo di missioni che ha permesso, oltre alla messa in orbita di importanti satelliti come lo Space Hubble Telescope, il completamento della Stazione Spaziale Internazionale.

Nei prossimi anni gli americani si affideranno alla Soyuz dei russi per raggiungere la ISS e nel contempo porteranno avanti progetti per lo sviluppo di una propria navicella spaziale. La NASA infatti, oltre a finanziare enti privati per lo sviluppo di sistemi di trasporto commerciali, sta sviluppando in parallelo un nuovo velivolo che porta il nome di Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV).

Si va verso il futuro, ma si ritorna al passato; si sta infatti investendo in un sistema di trasporto a stadi che sfrutta la tecnologia delle capsule, proprio come nell’odierna Soyuz e nelle vecchie missioni Apollo.

GTA (Ground Test Article) del Multi Purpose Crew Vehicle
Fig. 6: GTA (Ground Test Article) del Multi Purpose Crew Vehicle

Si investe in tecnologie più sicure, più economiche e più affidabili ma la bellezza, il fascino e l’impatto mediatico che hanno accompagnato lo Space Shuttle in questi ultimi 30 anni, difficilmente potranno essere eguagliati.

Volete sapere nel dettaglio come funziona l’Orbiter?
Proseguite la lettura con la seconda parte dell’articolo.

Informazioni su Davide Lamperti 7 Articoli
Nasce a Varese nel 1979. Si laurea nel 2004 in Ingegneria Nucleare ma la sua passione per l’astronomia e per tutto ciò che riguarda lo spazio lo spingono a proseguire gli studi con un Master di un anno e mezzo in Esplorazione Spaziale. Attualmente lavora a Torino presso Thales Alenia Space. Svolge analisi di supporto alle attività che gli astronauti compiono a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). In particolare si occupa da qualche anno del modulo spaziale Columbus. Anche se con i tempi che corrono è un’impresa quasi impossibile sogna tuttora di diventare come Paolo Nespoli.

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35 Commenti

  1. Cito: “non fidatevi di wikipedia che dice l’83%”.
    Beh, ma allora perché non correggete la voce di Wikipedia?

  2. Bellooo questo articolo, attendiamo la 2^ parte, e magari in futuro anche qualcosa sui Saturno lunari!:smile:

  3. Bellissimo articolo e complimenti a Lampo!
    Solo un piccolo dettaglio: in realta’ esiste un sesto Orbiter, il famigerato Enterprise (questi Trekkies sono ovunque! 😆 ) che era il prototipo.
    Pero’ capisco che non sia stato contato, visto che non era fatto per andare nello spazio, ma “solo” per testare le prestazioni nell’atmosfera e studiare i metodi migliori di rientro.
    E’ pero’ grazie ai test su Enterprise che lo Space Shuttle divenne realta’, quindi penso che meriti comunque di essere menzionato! 😀

  4. @MorenO

    eheh, ovviamente il prossimo articolo non potrà che essere sul Saturn V…nonostante vi abbia scritto che lo Space Shuttle sia la macchina più bella, potente e affascinante mai costruita sarò costretto a smentirmi sul “potente”…ma sul “bella e affascinanate” non cambierò mai opinione…

    @ Xander

    in effetti ero indeciso se metterlo o meno ma conoscendomi poi mi sarei dilungato x spiegare che veniva portato in quota di un 747, che l’External Tank inizialmente era verniciata di bianco e poi per questioni di massa venne lasciata arancione ecc… Ci sarebbero davvero un milione di cose da dire sullo Space Shuttle! E non volevo rendere l’articolo eccessivamente lungo…
    Comunque hai fatto bene a ricordarlo, grazie!

  5. A me piaceva tanto il “Buran” (chi se lo ricorda ?).
    Sono convinto che una versione più tradizionane, con il booster posto al di sotto, sarebbe stata globalmente assai più sicura e non molto più costosa.

  6. @Felix

    ehehe…il Buran è la brutta copia dello Shuttle! Mi ricordo che durante una lezione di “strutture pressurizzate” il prof stava facendo vedere una slide in cui disse “Ecco, potete vedere qui lo Space Shuttle che…MMM….maaaa….mmm….non capisco come mai gli abbiano messo le scritte in russo!”…ed era proprio il Buran!
    Abbiamo trattenuto tutti quanti a stento le risate! :mrgreen:

  7. La differenza sostanziale con lo Shuttle era che essendo privo di motori poteva anche essere montato su di un vettore.
    Un vettore qualsiasi.
    A mio parere fallì perchè i sovietici ne vollero fare la (brutta) copia dello Shuttle.
    Questo non sarebbe un ostacolo a a riutilizzarne il concetto.
    Dopotutto, visti i risultati, l’ idea di motori riutilizzabili, non é stata tanto economica come si sperava.

  8. Grande Lampo! Ben ritrovato come scrittore (o giornalista…) di Astronomia.com

    La famiglia sta crescendo… e bene direi! 😉 :mrgreen:

  9. @Lampo: Bene, alla fine ci sei anche tu nello staff. Mi fa un piacere enorme, benvenuto!!! E bell’articolo!! 😎
    Adesso, toccherà anche a me mettere due righe di presentazione. La cosa non è molto nelle mie corde, ma non posso più far finta di niente. 😥
    La cosa buffa è che noi varesotti stiamo monopolizzando il sito…. :mrgreen:
    Anzi, tu sei varesino emigrato, io varesotto stanziale…. 😆

  10. Grazie 1000 Red!!!

    Non ricordavo fossi di Varese anche tu…o forse non l’ho mai nemmeno saputo! Se dovesse esserci qualche evento interessante da quelle parti possiamo organizzarci! Alla fine io lavoro a Torino ma quasi tutti i weekend torno a Varese…

    E tu, quando ci scrivi qualcos’altro? Sull’acqua o su ciò che preferisci…?

  11. @felix

    il problema è che ormai si va su soluzioni più affidabili e più economiche. Vedi la Soyuz dei russi? Chiunque al mondo conosce lo Space Shuttle ma nessuno conosce la Soyuz…non è appariscente, è molto meno bella e affascinante di quella degli americani…è una capsula che “cade” attaccata ad un paracadute!

    Nel Buran anche se il carburante brucia solo nei vettori di lancio e non negli ugelli dell’orbiter, hai comunque un Orbiter ad atterraggio orizzontale che implicherebbe tutte le problematiche legate alla sicurezza e alla manutenzione che ha lo Space Shuttle…quindi probabilmente si rivelerebbe allo stesso modo antieconomico…

    E poi…lo Shuttle è lo Shuttle, non può essere imitato!!! (come avrete capito ho un debole per lo Shuttle…sono di parte! 😉 )

  12. @Lampo: Non ho mai scritto qui di essere varesotto, anche se l’ho lasciato intendere.
    Ci si può incontrare, se ti fa piacere, ma per adesso sono occupatissimo con la ristrutturazione della mia casa. Se ne parla a settembre…
    Questo è anche il motivo per cui non ho scritto altro, dopo l’acqua.
    Stavo pensando a qualcosa sulla meccanica quantistica, ma direi che sei tu il più qualificato per questo compito…. 🙂

  13. @ Lampo.
    🙂 Bella notizia, l’articolo sul Saturn V, l’aspetto, anche se ho già “divorato” il relativo articolo su Wiki :mrgreen: ….ma son sicuro che troverai notizie inedite sul “bestione” da 110 metri.. 😯

  14. Ci voleva l’articolo sullo Shuttle!

    Mentre leggevo l’articolo mi sono venute mille curiosità da chiedere.
    Ne faccio solo una per non esser troppo insistente: ma quanto spendevano in carburante per un solo lancio? Cose nell’ordine di 1 milione di euro? 😯

  15. @Carlo

    la stima dei costi è sempre una cosa parecchio complicata da fare, perchè bisogna tenere in considerazione un’infinità di fattori. Il costo dei due milioni di litri di Ossigeno e Idrogeno liquidi necessari ad ogni lancio non viene fuori da una semplice moltiplicazione del costo al litro per numero di litri…è molto più complesso. Considera anche che probabilmente è la NASA stessa a produrseli internamente…quindi i costi di produzione è quasi impossibile determinarli…

    Posso dirti invece che quello che si fa generalmente quando si parla di costi è determinare il costo per Kg messo in orbita, che sia LEO piuttosto che GEO o quel che serve…nel caso dello Shuttle si parla solamente di LEO ovviamente. Una delle criticità del programma spaziale STS è stata proprio questa. Con valuta odierna un Kg di payload messo in orbita con lo Shuttle costa sui 18000 dollari, considerando che il carico utile verso LEO dello Shuttle è poco più di 24 tonnellate, il costo di ogni singolo lancio si aggira sui 450 milioni di dollari. Tanto? Se così fosse lo Space Shuttle Program sarebbe stato un successo! Il problema è che se aggiungi i costi di “design and maintainance”, mediato su tutti i voli Shuttle, attualizzato ad oggi viene fuori che il costo di un Kg di Payload messo in LEO con Shuttle si aggira sui 60000 dollari, ovvero più di un miliardo e mezzo di dollari a lancio!

    Questo è il motivo del “fallimento” del programma spaziale Space Shuttle.

  16. Ottimo articolo!!! Direi che come inizio non c’e male! Aspetto con ansia il prossimo 🙂

  17. Grazie per la risposta Lampo.
    Eh si, lo shuttle è tanto bello quanto un pachiderma dal punto di vista dei costi.
    Speriamo che trovino al più presto un valido sostituto.

  18. Ciao a tutti,
    sono alle prime esplorazioni in questo bellissimo sito che ho conosciuto solo da poco e per la prima volta, superando la mia timidezza, ho deciso di lasciare un commento perchè ne vale la pena. Non potevo perdermi questo stupendo articolo sullo Space Shuttle che sta colmando tutta la mia voglia di sapere riguardo l’argomento; faccio i miei complimenti all’autore pregandolo di non stancarsi di proporre quanti più articoli possibile, magari aggiungendo sempre maggiori dettagli di carattere tecnico scientifico che mi interessano moltissimo. Colgo infine l’occasione per chiedere anche io a Lampo di proseguire a scrivere su questa tematica anche quando riterrà esaurito il capitolo Shuttle.
    Saluti, Gianni

  19. Perchè si continua in sostanza a sparare missili invece di progettare e costruire un ascensore orbitale?

  20. @lampo grandissimo articolo,semplice, di gradevole lettura e informativo,complimenti!
    Chiedo una cosa,un approfondimento,forse una pirlata se lo chiedo:
    -Lo Sojuz è di modeste dimensioni,penso sia utile sono come navetta da trasporto persone e cose di modesta grandezza.Ecco la domanda,in caso di necessità la SSI o ISS è provvista di moduli per grosse riparazioni?
    Oppure in quel caso si dovrà rispolverare il vecchio shuttle?
    Buona serata

  21. @Mario

    L’ascensore spaziale è una bella idea e sulla carta funziona pure bene…ma credo proprio che ci siano delle difficoltà costruttive per ora ancora insormontabili…

    @gimbo

    Cosa intendi per “moduli per grosse riparazioni”? E cosa intendi per emergenza? Perchè sulla ISS in caso di vera emergenza, per esempio in caso di depressurizzazione improvvisa della stazione causa impatto con un meteorite, c’è sempre almeno una Soyuz attaccata per tornare a terra nel più breve tempo possibile se sulla ISS sono in 3. Quando sono in 6 le soyuz disponibili sono 2. Quando va su lo shuttle arrivano ad essere in 12, 6 hanno a disposizione lo Shuttle e gli altri 6 le altre 2 Soyuz. in poche parole è sempre possibile x gli astronauti a bordo della ISS abbandonarla in qualsiasi momento se necessario.

    Grazie a tutti x i complimenti e x l’interesse!

  22. Facendo un rapido calcolo ogni External Tank al rientro sulla terra, bruciando ha immesso nell’atmosfera circa 30 ton. di lega d’alluminio, per 135 lanci risultano 4050 tonnellate di metallo polverizzato nell’aria… 🙁 , oltre naturalmente ai 2000 metri cubi di carburante bruciato al lancio…. che per 135 lanci risultano 270 milioni di litri…

  23. @Gianni

    grazie mille per i complimenti, mi fa davvero piacere. La seconda parte l’ho praticamente già scritta, quindi appena sarà possibile sarà pubblicata anche quella!

    @MorenO

    considera che l’External Tank non evapora al contatto con l’atmosfera, si distrugge in una miriade di piccoli pezzettini che ricadono a terra e andranno a posarsi sul fondo dell’oceano…fai anche conto che ogni giorno sulla terra cade qualche migliano di tonnellate di piccoli meteoriti, quelli che di notte si vedono sotto forma di stelle cadenti…quindi non mi preoccuperei tanto del metallo di una External Tank. Stesso discorso per il carburante, tieni presente che i due milioni di litri di idrogeno e ossigeno liquidi hanno come prodotto di reazione vapore acqueo…quindi non inquinano per niente, impatto ambientale nullo. I Booster laterali piuttosto sono molto chimici e rilasciano molte schifezze nell’aria! Ma questo è un pò il prezzo da pagare…e direi che vale decisamente la pena pagarlo… E comunque se lo paragoniamo a quanto inquiniamo tutti noi giornalmente con le nostre automobili stai tranquillo che lo Space Shuttle si trova ad ordini di grandezza inferiori…

  24. Ciao,io ho una curiosita’ che non sembra del tutto strana,vorrei sapere come sono gonfiati li pneumatici.(sono di gomma piena sono gonfiati ad elio,aria ecc.)
    Ti ringrazio per l’articolo che lo ho trovato molto interessante,grazie,ciao.

  25. @Franco

    scusa ma leggo solo ora. I pneumatici dello Space Shuttle sono riempiti con azoto gassoso. Quelli anteriori hanno una pressione di 300 psi mentre quelli posteriori di ben 315, il che corrisponde a quasi 22 bar!

    Qui puoi trovare maggiori informazioni se ti interessa…

  26. Ciao! Ottimo articolo!
    puoi soddisfare alcune mie curiosità?

    Ma quando decolla a che velocità arriva?
    A che altezza gira intorno alla terra?
    A che velocità gira intorno alla terra?
    Quanto ci mette a fare un giro completo della Terra?
    Perchè le orbite che compie intorno alla terra sono a sinusoide?
    Ma quando deve sganciarsi dalla ISS, se non ha più i serbatoi, chi gli da il carburante per rientrare sulla terra?

    Grazie !!! e addio vecchio, glorioso e fantastico SHUTTLE !!!

  27. Ciao Marco.

    Per un aereo a decollo verticale non ha molto senso parlare di velocità al decollo. Possiamo dire che lo Space Shuttle fin dal primo istante, quando si stacca dalla rampa di lancio, è in continua accelererazione. Aumenta quindi costantementte la propria velocità fino al distacco dell’ET quando ormai si trova in orbita a circa 27000/28000 km/h. A bordo della ISS ci sono anche dei cartelli gialli ironici con “Speed Limit” 17500 miles/h o 28000 km/h.

    Gli astronauti viaggiando a questa velocità fanno un giro della terra più o meno ogni 90 minuti, vuol dire che riescono a fare ben 16 giri al giorno…non male vedersi 16 albe e 16 tramonti ogni singolo giorno eh! La ISS orbita attorno alla terra ad un’altitudine di circa 350/400 km, tende sempre ad abbassarsi per via di forze non conservative (tipo dell’attrito e non perfetta sfericità della terra) ma regolarmente, ogni tot mesi, l’orbita viene riinnalzata tramite operazioni di reboost.

    L’orbita della ISS è sempre circolare, penso che la sinusoide a cui ti riferisci tu sia semplicemente la proiezione dell’orbita stessa su carta piana, su un planisfero per intenderci.

    Per quanto riguarda l’ultima domanda ti invito a leggerti il secondo articolo sullo Space Shuttle, che trovi qui. Vedrai che nella sezione “Sistemi di Propulsione” troverai la risposta… 🙂