La Gravità


Autobiografia di un Protone

Quando la materia venne decretata dominante nel neonato Universo, passata la paura di annientarmi con un antiprotone, per la prima volta cominciai a guardarmi intorno con calma, e a godermi l’ambiente. Senza porre alcuna resistenza mi stavo muovendo libero nello spazio, che aumentava man mano che l’Universo si espandeva. Anche allora, come adesso, non era così evidente di essere trasportato dall’espansione, in quanto nessuno occupava, o occupa, un punto di osservazione privilegiato da cui vede gli altri allontanarsi; al contrario, ogni punto si allontana dagli altri in maniera uniforme e omogenea. Eppure l’Universo si allargava enormemente, e allo stesso tempo la temperatura scendeva e la densità tra noi particelle diminuiva, aumentando il mio senso di libertà e di autonomia.

Vagai indisturbato per oltre 500000 anni – uso riferimenti temporali terrestri per semplicità, anche se è strano utilizzarli per descrivere quei momenti, dove la Terra, il Sole, e i loro moti erano miliardi di anni nel futuro. Gironzolavo curioso, tra le particelle che per fortuna si diradavano sempre di più. Per lo più incontravo elettroni, tipetti caotici e invadenti che saltavano come folletti da una parte all’altra, con cui non volevo aver niente a che fare, e protoni liberi come me.

Occasionalmente c’erano anche protoni accoppiati a uno o due neutroni, e in alcuni casi anche due protoni e due neutroni insieme. Ero molto giovane allora, e non conoscevo bene le forze che regolavano la fisica, e quindi tutti noi. Per quanto mi riguardava, io stavo bene per conto mio. Apprezzavo molto i fotoni, che come me sembravano cercare a tutti i costi il loro spazio e la loro libertà. Non avevo alcun desiderio di stringere amicizia con i neutroni; riguardo i protoni poi, ogni volta che passavo vicino a un mio simile provavo l’impulso innato di allontanarmi. Non mi domandavo il perché; era la mia natura. Mi lasciavo trasportare dall’inerzia in beata solitudine, finché…

Uno di quei esserini fastidiosi, un elettrone insomma, iniziò ad avvicinarsi con aria sospetta. Cominciò a pedinarmi, più cercavo di scrollarmelo di dosso più lui mi seguiva, finché riuscì ad avvicinarsi a sufficienza per incollarsi a me. Provai a convincerlo ad andarsene, ma invano. Cercai di staccarlo da me, niente da fare. La forza elettromagnetica attrae particelle di carica opposta, ora lo so! Gli elettroni hanno carica negativa, noi protoni positiva.

Rassegnato, alla fine rinunciai nell’impresa, e decisi di ignorarlo e continuare nella mia esplorazione del cosmo come se lui non esistesse. Guardandomi intorno, dopo quella pausa di distrazione, notai che a moltissimi protoni che incontravo era accaduta la stessa cosa: tutti si trascinavano dietro un elettrone, alcuni reticenti come me, altri più socievoli sembravano contenti di aver finalmente stretto un legame con qualcuno. In effetti avrei potuto essere più comprensivo con il mio piccoletto. Ho rimpianto di essere stato così scontroso, dopo averlo perso di vista miliardi di anni fa. Ma io sono un protone timidone, e a quei tempi ero molto più introverso di quanto non lo sia ora, temprato dalle mille avventure che ho vissuto. Capii cos’era successo: la temperatura era scesa a sufficienza per permettere agli elettroni di incatenarsi a noi protoni, e di formare quindi i primi atomi. Io e il mio elettrone avevamo ufficialmente composto un atomo di idrogeno, di cui io costituivo il nucleo!

Con la nascita degli atomi, gli elettroni smisero di gironzolare in maniera disordinata e caotica nello spazio, e ciò rese l’Universo trasparente per i fotoni, che finalmente liberi da ostacoli, iniziarono la loro pazza corsa cosmica alla velocità della luce.

Io e il mio elettrone invece viaggiavamo a velocità moderata, come tutti i barioni in condizioni normali; vagavamo leggeri e silenziosi in quello che voi spesso definite il vuoto, che in realtà non è affatto vuoto, poiché pullula di particelle come me. Il panorama era piuttosto noioso; ogni tanto incontravamo atomi di idrogeno come noi, a volte qualche atomo di elio – nuclei composti da due protoni e due neutroni, con due elettroni intorno, – ma niente di che. Ci salutavamo distratti, senza gran che da raccontarci. Finché, dopo molto tempo, direi…un miliardo di anni circa, notai un gruppetto di atomi stranamente vicini tra di loro. Mi avvicinai, trascinando con me il mio elettrone, avvertendo per la prima volta un senso di profonda curiosità. Rimasi sbalordito: anche se la maggior parte era costituita da atomi di idrogeno o di elio, che ben conoscevo, c’erano anche alcuni esemplari di atomi maestosamente grandi, composti da un numero enorme di protoni e neutroni; in uno ne contai 26! Come diavolo si erano formati? Notai che atomi di tutti i generi continuavano ad avvicinarsi curiosi, e non se ne andavano più, rimanevano lì, come incollati agli altri. E mentre osservavo questo strano comportamento, mi resi conto che la stessa cosa stava accadendo a me. Una forza irrefrenabile mi attraeva verso quell’agglomerato di materia. Era solo curiosità?

Io e il mio elettrone diventammo presto componenti del gruppo, che i miei nuovi compagni chiamavano nebulosa. Era un ambiente piacevole: per la prima volta scoprii la gioia di socializzare e di chiacchierare. Alcuni di noi avevano molto da dire, al contrario di quelli come me. Erano appunto i componenti di quei rari atomi giganti che mi avevano colpito così tanto. Era affascinante ascoltare le loro storie strabilianti sulla loro formazione. Parlavano di stelle, fusione nucleare, sintesi degli elementi…cercavano di essere chiari ma per noi, semplice idrogeno ed elio, erano concetti estranei.

Una cosa però l’avevo capita. Esiste una forza potentissima nell’Universo, chiamata Gravità, che porta la massa ad attrarsi sempre di più con il ridursi della distanza. E’ la forza dominante nel cosmo, poiché agisce anche a distanze molto grandi, a differenza della forza nucleare ed elettromagnetica che avevo imparato a conoscere. Era grazie alla gravità che si erano potute formare nebulose come la nostra. Allo stesso tempo, la gravità avrebbe potuto trasformarle. Ora sapevo che la mia pacifica esistenza nel sereno ambiente della nebulosa poteva finire, e questo a causa della gravità. Ma come ciò funzionasse esattamente rimaneva per me un mistero.


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7 Commenti

  1. bello!
    penso che così si potrebbe cominciare ad appassionare alla scienza i bambini, a scuola.

  2. cari amici dello staff di astronomia.com,
    una volta che il racconto sarà terminato si potrebbe avere la possibilità di scaricarlo in pdf? credo sarebbe utile avere il discorso tutto compatto, anche perchè darebbe la possibilità di stamparlo tutto compatto…

  3. @Giuseppe
    Grazie, siamo contenti che la storia ti piaccia! Faremo sicuramente qualcosa del genere…
    Ciao
    🙂 😉
    Fra e Teo

  4. Grazie Paola, sei sempre troppo carina!
    Teo ormai ci prende gusto…. 🙂

    A prestissimo
    Fra