La classica visione un po’ stereotipata del “brodo” primordiale terrestre, in cui molecole organiche non esageratamente complesse si siano lentamente sviluppate fino a dar luogo alla vita vera e propria, sta perdendo di credibilità. Sembra proprio che le condizioni fisiche del nostro pianeta, qualche miliardo di anni fa, fossero ben lontane dall’avere le caratteristiche chimiche per stimolare una crescita rapida delle forme pre-biotiche. Per certe reazioni sono necessarie temperature e pressioni che la Terra non possedeva.
Ricerche svolte sulla simulazione di impatti cometari sulla crosta terrestre sembrano dimostrare che solo questi fenomeni violenti abbiano potuto fornire le giuste condizioni.
Sappiamo che le comete contengono un gran numero di molecole semplici, come l’acqua, l’anidride carbonica, il metanolo e l’ammoniaca. L’energia, liberata dall’impatto, è proprio quella necessaria a guidare le successive reazioni chimiche.
Il flusso di materiale organico rilasciato sulla Terra attraverso la caduta di comete e asteroidi, durante la celebre fase del “Bombardamento Tardivo”, intorno a poco meno di quattro miliardi di anni fa, si dovrebbe aggirare su 10 trilioni di chili per anno, vari ordini di grandezza superiore alla massa organica che era già presente sul pianeta. Gli esperimenti di laboratorio più recenti mostrano che una cometa di media grandezza, mentre attraversa l’atmosfera terrestre, si riscalda esternamente, ma rimane fredda internamente. Al momento dell’impatto si produce un’onda di shock violentissima dovuta alla compressione. Ne deriva un aumento mostruoso di pressione e temperatura che possono dominare le reazioni chimiche all’interno della cometa prima che interagisca con l’ambiente circostante. La collisione può facilmente generare le condizioni termodinamiche per la sintesi organica. Questo processo rapido avrebbe depositato sulla crosta terrestre una notevolissima concentrazione di specie organiche.
In particolare, gli studi hanno mostrato che pressioni di shock e temperature moderate (360 000 atmosfere e 2500 °C) su una mistura di ghiaccio ricca di anidride carbonica producono un gran numero di eterocicli contenenti azoto, che si dissociano per formare idrocarburi aromatici durante la successive fase di espansione e raffreddamento. In altre parole, i precursori prebiotici delle basi del DNA e dell’RNA. Invece, condizioni di shock molto più alto ( 480 000 – 600 000 atmosfere e 3500 – 4500 °C) portano alla sintesi del metano e della formaldeide, così come a catene di idrocarburi molto lunghe. Il raffreddamento e l’espansione producono, poi, composti del carbonio e dell’azoto che sono considerati precursori prebiotici
In parole semplici, le comete e i loro impatti avrebbero fornito le basi necessarie a costruire la vita senza aver bisogno di catalizzatori aggiuntivi, o della radiazione ultravioletta e altre speciali condizioni al contorno. Insomma, le comete “sbattendo” violentemente non hanno avuto bisogno di aiuti esterni per dare il via ai mattoni fondamentali.
Non è difficile capire che esperimenti di questo tipo sono fondamentali per comprendere e per guidare le future ricerche sulla vita non solo della Terra, ma di tutto l’Universo.
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della serie.... basterebbe investire i soldi sulla ricerca sul nostro Pianeta anziché spenderli in robot ultratecnologici su Marte.....
Dire in televisione che per comprendere la nascita della vita potrebbe essere sufficiente studiare gli impatti di comete e asteroidi (oggetti malvagi), anzichè portare dei robot a fotografare altri pianeti, non susciterebbe di certo altrettanto scalpore.
Articolo veramente chiaro! Direi da incorniciare!
Mi risolve diversi dubbi!
Come al solito grazie! :-)
quindi no giganti gassosi negli altri sistemi solari= no comete che si dirigono nei pianeti interni= no vita
leggevo qualche giorno fa su una nota rivista di settore, che alcuni "esperti" propongono di ridurre al minimo la sterilizzazione dei rover o robot vari nelle future probabili missioni, il tutto per abbattere i costi delle missioni (anche di molto), portando ad ipotesi (e sottolineo ad ipotesi) che eventuali "forme di vita" terrestri non potrebbero sopravvivere ai viaggi interplanetari o alle condizioni a volte estreme (come la radiazione solare) di Marte.
ma mi domando:
sono Planetologi questi che propongono queste ipotesi o lavorano a masterchef?
lungi da me capirci veramente qualcosa in ambito di planetologia, ma c'è qualcosa in tutto questo che non mi torna del tutto!!!
hai proprio ragione caro Enzo, da un lato "ammettono" (tra le righe) di aver fatto degli errori nelle missione in corso, e dall'altro lato dicono.... vabbè, ormai il vaso è rotto..... della serie .... ma che ce frega , ma che ce importa.....( noto stornello romano)....