E’ lo spin a plasmare le galassie

Un nuovo studio spiega perché alcune galassie preferiscano una forma ad agglomerato invece della più tradizionale struttura a spirale: è tutta una questione di spin. L’alta concentrazione di gas non basta a giustificare come abbiano visto la luce la maggior parte delle stelle nell’Universo.


Le comuni galassie a spirale, come la Whirlpool galaxy alla sinistra dell’immagine, producono una quantità di stelle di gran lunga inferiore a quella prodotta dall’agglomerato visibile sulla destra. In rosso e giallo sono evidenziate le regioni più ricche di stelle. Crediti: Danail Obreschkow, ICRAR.
Le comuni galassie a spirale, come la Whirlpool galaxy alla sinistra dell’immagine, producono una quantità di stelle di gran lunga inferiore a quella prodotta dall’agglomerato visibile sulla destra. In rosso e giallo sono evidenziate le regioni più ricche di stelle. Crediti: Danail Obreschkow, ICRAR.

Un gruppo di ricercatori australiani ha scoperto perché alcune galassie preferiscano una forma ad agglomerato (clump) invece di una più tradizionale spirale: sembra sia tutta una questione di spin. Sarebbe la velocità di rotazione e non l’alta concentrazione di gas, come suggerito da una precedente teoria, a spiegare al meglio come siano nate la maggior parte di stelle nell’Universo che abitiamo.

«Dieci miliardi di anni fa l’Universo era zeppo di galassie che presentavano densi agglomerati di stelle. È solo con il passare del tempo che questi oggetti si sono evoluti in strutture di forma più regolare come le galassie a spirale», spiega Danail Obreschkow, dell’International Centre for Radio Astronomy Research (ICRAR), University of Western Australia. «La maggior parte delle stelle che possiamo osservare nel cielo, oggi, compreso il nostro Sole, devono essersi formate all’interno di agglomerati di questo genere».

Le galassie ad agglomerato sfornano stelle come se non ci fosse un domani. Siamo al ritmo di una stella a settimana. Numeri incredibili se confrontati con il ritmo mantenuto dalla nostra Via Lattea dove le stelle si formano al ritmo di una l’anno.

La scoperta, frutto della collaborazione fra l’ICRAR e la Swinburne University of Technology, si basa su un piccolo nucleo di galassie rare conosciute come DYNAMO. Anche se viste da noi con uno scarto di appena (si fa per dire) 500 milioni di anni, appaiono ancora nella forma di galassie ad agglomerato.

«In termini astrofisici 500 milioni di anni non sono molti. È probabile che queste galassie non abbiano assunto una conformazione diversa fino ad oggi», spiega Obreschkow. «È come guardare una nostra fototessera di un anno fa. Con le galassie a 10 miliardi di anni luce di distanza è tutto un altro paio di maniche. È come guardare una nostra foto da bambini. Possiamo riconoscere qualche tratto ma tutto da allora è cambiato radicalmente».

Gli australiani hanno misurato lo spin delle galassie DYNAMO servendosi degli osservatori Keck e Gemini alle Hawaii. Insieme a questi dati hanno misurato la quantità di gas che contengono. Il risultato? Questo genere di galassie ha uno spin decisamente basso: un dato che giustifica la struttura ad agglomerato di questi oggetti anche meglio e più correttamente dell’ipotesi che prevedeva un alto contenuto di gas.

La Via Lattea sembra presentare una velocità di rotazione tre volte maggiore, uno spin che sostiene la tipica struttura a spirale con cui oggi la rappresentiamo.

La prima osservazione del moto di rotazione delle galassie è stata eseguita esattamente 100 anni fa. «Una ricorrenza che rende il tutto ancora più emozionante», spiega Karl Glazebrook, astronomo della Swinburne University e fra gli autori dello studio. «100 anni dopo stiamo ancora rivelando il ruolo determinante che ha lo spin nel plasmare la conformazione di una galassia da un agglomerato bitorzoluto e ricco di gas alle belle simmetriche galassie che possiamo osservare oggi scrutando l’Universo».

L’articolo originale è disponibile su Media INAF.

Informazioni su Enrico Corsaro 88 Articoli
Nato a Catania nel 1986. Si laurea in Fisica nel 2009 e ottiene il titolo di dottore di ricerca in Fisica nel 2013, lavorando presso l'Università di Catania e di Sydney, in Australia. Dopo il conseguimento del dottorato ha lavorato come ricercatore astrofisico presso l'Università Cattolica di Leuven, in Belgio, e continua ad oggi la sua carriera nel Centro di Energia Atomica e delle energie alternative di Parigi. Appassionato del cosmo e delle stelle fin dall'età di 7 anni, il suo principale campo di competenze riguarda lo studio e l'analisi delle oscillazioni stellari ed i metodi numerici e le applicazioni della statistica di Bayes. Collabora attivamente con i maggiori esponenti mondiali del campo asterosismologico ed è membro del consorzio asterosismico del satellite NASA Kepler. Nonostante il suo campo di ricerca sia rivolto alla fisica stellare, conserva sempre una grande passione per la cosmologia, tematica a cui ha dedicato le tesi di laurea triennale e specialistica in Fisica e a cui rivolge spesso il suo tempo libero con la lettura e il dibattito di articoli sui nuovi sviluppi del settore.

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