LIGO, forse un solo Nobel non basta

Buchi neri come la coppia all’origine dell’onda gravitazionale registrata lo scorso settembre, se abbondanti a sufficienza, potrebbero coincidere con l’introvabile “dark matter”. Media INAF ha intervistato uno degli autori dello studio, Alvise Raccanelli, della Johns Hopkins University, e chiesto un commento a Michela Mapelli dell’Osservatorio astronomico di Padova.


Se il lieto fine non vi soddisfa, che ne dite di due? Un po’ come nella fiaba della Bella addormentata, dove non solo il bacio che potrà strapparci all’incantesimo infine arriva, ma addirittura giunge dalle labbra d’un principe. Potrebbe essere accaduto il 14 settembre 2015. Il condizionale è d’obbligo, parliamo d’un’ipotesi con più d’un caveat. Ipotesi, però, abbastanza “pesante” da venir pubblicata domani, 19 maggio, da Physical Review Letters – la stessa rivista sulla quale uscì, lo scorso febbraio, l’annuncio della prima rilevazione di onde gravitazionali.

Rappresentazione artistica dei due buchi neri all’origine delle onde gravitazionali rivelate da LIGO. Crediti: SXS Lensing
Rappresentazione artistica dei due buchi neri all’origine delle onde gravitazionali rivelate da LIGO. Crediti: SXS Lensing

E infatti proprio di quell’evento si tratta: il cosiddetto “segnale GW150914”, così chiamato dalla data in cui è stato rilevato. Secondo i ricercatori della Johns Hopkins University che hanno scritto l’articolo, fra i quali il premio Nobel per la fisica Adam Riess, l’ormai celebre “doppia firma” rivelata quel giorno dai due esperimenti LIGO, oltre a certificare l’esistenza delle onde gravitazionali potrebbe anche essere – allacciate le cinture – la firma della materia oscura.

Sì, proprio così: onde gravitazionali e materia oscura in un colpo solo. Il “segreto” starebbe nella natura di quei due grossi buchi neri la cui fusione è all’origine delle onde: potrebbero infatti essere buchi neri risalenti all’epoca immediatamente successiva al Big Bang. Ed è proprio a una persona che li conosce bene, quei due, essendo stata fra le prime al mondo a predirne l’esistenza, che ci siamo rivolti per capire meglio la portata dello studio: Michela Mapelli, dell’INAF di Padova.

«È un risultato molto interessante, perché apre una nuova prospettiva sullo studio dei buchi neri di origine primordiale [in inglese, primordial black holes, PBHs]. Se lo scenario proposto fosse confermato», dice Mapelli, «gli autori potrebbero fare il “colpaccio”: capire la composizione della materia oscura e allo stesso tempo interpretare l’osservazione delle onde gravitazionali. Tuttavia ci sono incertezze enormi, come gli autori dell’articolo giustamente sottolineano. Ad esempio, questo modello richiede che i buchi neri primordiali possano formare sistemi binari sufficientemente stretti da arrivare a coalescenza in un tempo di Hubble: la cosa è tutt’altro che semplice».

Grandi le incertezze, dunque, ma enormi le potenzialità di questo lavoro della Johns Hopkins University. Lavoro che, oltre al già citato premio Nobel, vede fra gli autori anche un giovane fisico veneziano, Alvise Raccanelli, che si è laureato a Padova nel 2007 e dal 2011 lavora negli Stati Uniti – prima al JPL della NASA e ora alla Johns Hopkins. Lo abbiamo intervistato.

Alvise Raccanelli
Alvise Raccanelli

Raccanelli, davvero, come suggerisce il titolo del vostro articolo – “Did LIGO detect dark matter?” – c’è la possibilità che l’evento GW150914, la prima firma delle onde gravitazionali, sia stata al tempo stesso la prima firma della materia oscura?

«Sì, potrebbe essere stata anche la prima firma della materia oscura. Nel senso che, nel nostro modello, una miriade di buchi neri primordiali costituiscono quella che viene definita materia oscura. In realtà non abbiamo ancora “visto” la materia oscura, ma ne sentiamo solamente gli effetti gravitazionali. Gli stessi effetti gravitazionali potrebbero essere causati da buchi neri di circa 30 masse solari, formatisi agli albori dell’universo. Questi buchi neri primordiali potrebbero formare sistemi binari e collidere, rilasciando onde gravitazionali. La rilevazione di queste onde gravitazionali sarebbe quindi una traccia dello scontro di due buchi neri di questo tipo».

Quanto potrebbero essere rari, scontri fra buchi neri primordiali come questi?

«Il risultato che abbiamo trovato è che dovrebbero esserci circa 5 eventi per gigaparsec cubico all’anno. La frequenza calcolata da LIGO usando i dati che hanno raccolto finora è compresa tra 2 e 53 per gigaparsec cubico all’anno. Ancora una volta, quindi, il nostro modello non sembra contraddetto dalle osservazioni».

Tutto tornerebbe, dunque?

«Come argomento contrario possiamo dire che è un modello un po’ inaspettato, e per certi versi sorprendente. Bisognerebbe poi ancora spiegare come e quando questi PBHs si sono formati all’inizio dell’Universo, e altri dettagli. Al momento è una proposta, interessante e possibile. Vedremo».

Ma questi buchi neri che renderebbero non più necessaria la materia oscura, in cosa sarebbero diversi, e in cosa uguali, rispetto ai “normali” buchi neri?

«La differenza rispetto ai buchi neri “normali” sta nel fatto, come dicevo, che questi sono buchi neri formatisi nei primi istanti di vita dell’Universo, non come collasso di stelle massive ma per via di complicati meccanismi che accadono nell’Universo primordiale».

Ed è possibile distinguerli dagli altri?

«In un paper che abbiamo sottomesso da poco – s’intitola “Determining the progenitors of merging black-hole binaries” e ne sono il primo autore – proponiamo un metodo per combinare cataloghi di galassie e osservazioni di onde gravitazionali per distinguere tra il modello in cui i PBHs costituiscono la dark matter e modelli più “tradizionali” (con i buchi neri che evolvono da stelle comuni in epoche recenti). Lo possiamo fare perché, secondo i nostri calcoli, fusioni di PBHs di 30 masse solari avvengono in galassie piccole e con pochissime o nessuna stella. Quindi, se troviamo che le onde gravitazionali provengono soprattutto da galassie grandi e con tante stelle, il nostro modello non funziona. Se invece provengono principalmente da galassie piccole e con poche o nessuna stella, questo sarebbe un punto a favore del nostro modello.

In un altro articolo in preparazione (con primo autore un altro ricercatore del nostro gruppo, Ilias Cholis) stiamo cercando di capire se l’eccentricità dell’orbita del sistema binario di buchi neri può servire come ulteriore discriminante. Poi abbiamo anche un altro paio di idee, ma… preferisco non svelarle, per ora :-)».

Torniamo allora alla vostra ipotesi: se fosse confermata, significa che là sotto al Gran Sasso potrebbero smantellare tutti quegli esperimenti per la ricerca di WIMPs o altre particelle di dark matter? E la composizione dell’universo, cosa diventerebbe, senza più quella materia oscura che ne costituiva circa un quarto?

«È presto per dirlo, e soprattutto servirebbero indicazioni molto più forti che il nostro modello sia corretto, prima di abbandonare le ricerche di WIMPs. Quanto alla composizione, avremmo circa il 70 percento di dark energy e il 5 percento di materia barionica, proprio come adesso, mentre il restante 25 percento… sarebbe di buchi neri primordiali. Poi, certo, si dovrebbe capire se questi buchi neri primordiali sono fatti di materia barionica oppure no. Insomma, c’è ancora molto lavoro da fare, sia dal punto di vista teorico che osservativo. La ricerca di WIMPs ha comunque contribuito a testare diversi modelli di fisica delle particelle e investigare molti fenomeni quali i raggi gamma, quindi non sarebbe stato in ogni caso lavoro sprecato. Ma ripeto, è presto per dire quale modello è quello corretto: serviranno anni di osservazioni di onde gravitazionali per capirlo».

Per saperne di più:

  • Leggi il preprint dell’articolo “Did LIGO detect dark matter?“, di Simeon Bird, Ilias Cholis, Julian B. Muñoz, Yacine Ali-Haïmoud, Marc Kamionkowski, Ely D. Kovetz, Alvise Raccanelli e Adam G. Riess

Articolo disponibile su Media INAF.

Informazioni su Enrico Corsaro 88 Articoli
Nato a Catania nel 1986. Si laurea in Fisica nel 2009 e ottiene il titolo di dottore di ricerca in Fisica nel 2013, lavorando presso l'Università di Catania e di Sydney, in Australia. Dopo il conseguimento del dottorato ha lavorato come ricercatore astrofisico presso l'Università Cattolica di Leuven, in Belgio, e continua ad oggi la sua carriera nel Centro di Energia Atomica e delle energie alternative di Parigi. Appassionato del cosmo e delle stelle fin dall'età di 7 anni, il suo principale campo di competenze riguarda lo studio e l'analisi delle oscillazioni stellari ed i metodi numerici e le applicazioni della statistica di Bayes. Collabora attivamente con i maggiori esponenti mondiali del campo asterosismologico ed è membro del consorzio asterosismico del satellite NASA Kepler. Nonostante il suo campo di ricerca sia rivolto alla fisica stellare, conserva sempre una grande passione per la cosmologia, tematica a cui ha dedicato le tesi di laurea triennale e specialistica in Fisica e a cui rivolge spesso il suo tempo libero con la lettura e il dibattito di articoli sui nuovi sviluppi del settore.

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4 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. Per commentare aggiungo che comunque questi BH potrebbero in caso spiegare la materia oscura cosmologica (curvatura dello spazio-tempo, lensing, etc.) ma non vedo però come possano spiegare le curve rotazionali galattiche. E' comunque una ipotesi interessante ma da prendere con le dovute precauzioni!

  2. Pienamente d'accordo col tuo commento @Enrico Corsaro. Per spiegare la rotazione delle galassie, dovrebbero essere circondate di questi mini buchi neri o sbaglio. Anche perché la materia mancante per spiegare la stabilità delle galassie è veramente tanta. Però questo è un ragionamento, loro fanno i calcoli...

  3. Citazione Originariamente Scritto da Enrico Corsaro Visualizza Messaggio
    Per commentare aggiungo che comunque questi BH potrebbero in caso spiegare la materia oscura cosmologica (curvatura dello spazio-tempo, lensing, etc.) ma non vedo però come possano spiegare le curve rotazionali galattiche. E' comunque una ipotesi interessante ma da prendere con le dovute precauzioni!
    E come si spiegherebbero le interazioni tra ammassi di galassie, quelli in cui la ... "materia oscura" non risulta frenata dall'interazione gravitazionale a differenza della materia barionica (gas e stelle) per cui ne risulta una distribuzione finale della "materia" del tutto particolare!? I buchi neri, anche se primordiali, non dovrebbero interagire normalmente?