L’Umanità non ha avuto altre occasioni per vedere da vicino Urano, Nettuno e i loro satelliti dopo i fugaci “fly-by” da parte della sonda americana Voyager-2, rispettivamente nel Gennaio 1986 e in Agosto 1989. Adesso la NASA ha rilasciato uno studio che illustra come una missione (o più missioni) di indagine approfondita potrebbero raggiungere quei sistemi, sganciando una sonda atmosferica e possibilmente entrando anche in orbita, analogamente a quanto fatto da Cassini su Saturno e da Galileo e Juno su Giove.
Lo studio fa parte del prossimo “Decadal Survey” per il 2022-32, una occasione in cui gli scienziati planetari attribuiscono priorità alla loro lista di auspicabili missioni future. L’ultimo Decadal riguardava le opportunità dal 2013 al 2022 e conteneva studi dettagliati di sviluppo per le missioni di “Mars Rover 2020” e “Europa Clipper“, anche se un orbiter dedicato a Urano era in lista come una terza, distante possibilità. Se queste priorità verranno recepite nel 2022, la NASA comincerà a sviluppare concretamente il progetto”.
I principali obiettivi includerebbero uno studio sull’atmosfera dei due pianeti, il loro interno e il sistema di anelli, nonché una ricognizione delle principali lune. La grande luna retrogradata di Nettuno, Tritone, è di particolare interesse, poiché si ritiene che sia un oggetto catturato dalla cintura di Kuiper (KBO).
Come si vede nella tabella seguente, la missione dovrebbe partire nel 2030/31 e raggiungere l’obiettivo (Urano o Nettuno) nella prima metà degli anni ’40. Si tratta di tempi piuttosto lunghi se comparati ai 9 anni impiegati da New Horizons per raggiungere Plutone, ma è un pegno inevitabile se si vuole realizzare una sonda capace di rallentare ed entrare in orbita invece di effettuare un semplice fly-by.
Lo studio prevede un carico utile di almeno 50 kg con tre strumenti principali e una sonda atmosferica simile a quella usata da Galileo su Giove. Come minimo, il carico scientifico dovrebbe comprendere uno spettrometro di massa, fotocamere a campo largo e ristretto, un magnetometro e sensori di polvere.
In alternativa alla propulsione chimica tradizionale su una traiettoria diretta, specialmente nel caso di un orbiter su Nettuno, si potrebbe utilizzare un nuovo sistema di propulsione solare-elettrica (SEP) attualmente in fase di sviluppo. Proprio come i propulsori a bordo della missione Dawn, la propulsione elettrica offrirebbe la capacità di mantenere spinte limitate ma per lunghi periodi.
Lo studio identifica una finestra ottimale di lancio per una missione verso Urano che utilizzi un “gravity assist” da parte di Giove tra il 2030 e il 2034, mentre la stessa finestra per una missione verso Nettuno va dal 2029 al 2030. Invece per fare una missione verso Urano che sfrutti un aiuto da parte di Saturno, tale manovra andrebbe effettuata prima del 2028, come mostrato di seguito.
Una missione di questo tipo sarebbe una “Flagship mission” per la NASA, ovvero una missione di elevato costo (come Cassini e Curiosity), sui 2 miliardi di dollari; se si dovesse decidere di esplorare entrambi i pianeti, il lancio di due sonde richiederebbe un costo compreso tra 2 e 3 miliardi. Per contro, le missioni di fascia media vanno da 0.5 a 1 miliardi di dollari e quelle “New Frontiers” (Juno e OSIRIS-Rex) e “Discovery” (Lunar Prospector o Messenger) costano meno di 500 milioni.
Inizialmente, una missione di ritorno su Urano e Nettuno era stata denominata “New Horizons 2” e sarebbe stata un clone di quella inviata su Plutone, ma è stata successivamente scartata per vincoli di costo
Articolo di Marco di Lorenzo originariamente pubblicato su AliveUniverse.
Ringrazio per la preziosa collaborazione corrado973.
Grazie anche a @corrado973