
Un articolo pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” descrive una ricerca su possibili pianeti in formazione attorno alla pulsar Geminga. Gli astronomi Jane Greaves e Wayne Holland hanno utilizzato il James Clerk Maxwell Telescope (JCMT) alle Hawaii per poter effettuare osservazioni a lunghezze d’onda submillimetriche e capire i meccanismi di formazione di pianeti in un sistema dopo una supernova.
I primi esopianeti vennero scoperti non in orbita attorno a una stella nella sua sequenza principale bensì in orbita attorno a una pulsar, un tipo di stella di neutroni originata da ciò che rimane di una stella massiccia dopo la sua esplosione in una supernova. La loro esistenza è rimasta un mistero perché una supernova emette una quantità di materiali a energie talmente elevate da distruggere i pianeti di un sistema.
L’ipotesi è che sistemi del genere nascessero letteralmente dalle loro ceneri, usando i materiali emessi dalla supernova e successivamente attratti dalla stella di neutroni. Il problema era riuscire a rilevarli perché sembrano essere molto rari ed è necessario utilizzare strumenti molto potenti per catturare le alterazioni dei tempi di arrivo degli impulsi radio dalla pulsar che essi causano con la loro forza di gravità.
La pulsar Geminga (Gemini gamma-ray source) venne scoperta nel 1972 dall’astrofisico Giovanni Bignami e già nel 1997 un team di astronomi pensò di aver trovato un pianeta in orbita attorno ad essa ma successivamente ciò venne smentito a causa di alcune irregolarità, chiamate in gergo glitch, riscontrate nella sua rotazione. Molto tempo dopo, Jane Greaves ha studiato quei dati per costruire un’immagine della stella di neutroni e dell’area circostante.
La maggior parte dei dati raccolti arriva però dalle osservazioni effettuate con il JCMT e precisamente con le sue macchine fotografiche SCUBA e SCUBA-2 (Submillimetre Common-User Bolometer Array). Le immagini scattate mostrano un segnale verso la pulsar e un arco attorno ad essa. Jane Greaves l’ha paragonato a un’onda di prua (bow-wave) che si forma in corrispondenza della prua di una nave che si sta muovendo.
La pulsar Geminga si sta muovendo a una velocità molto maggiore di quella del suono nel gas interstellare perciò è possibile che il materiale venga catturato da quell’onda e che alcune particelle finiscano verso la stella di neutroni. Nel corso del tempo questi materiali si accumulano e potrebbero formare addirittura nuovi pianeti.
Nell’immagine la pulsar Geminga è indicata nel cerchio nero e si sta muovendo verso l’alto e il lato sinistro. L’arco arancione tratteggiato e il cilindro mostrano l’onda di prua. La regione inclusa copre una larghezza di circa 1,3 anni luce ma probabilmente l’onda di prua si estende anche oltre ed è stata fotografata solo in parte per i limiti delle due SCUBA.
Le conclusioni di Jane Greaves e Wayne Holland non sono ancora definitive. Il loro obiettivo è quello di effettuare nuove osservazioni con il radiotelescopio ALMA, attualmente il più potente del mondo, che ha anche una notevole sensibilità alle lunghezze d’onda submillimetriche. Maggiori dettagli permetteranno di verificare i modelli proposti dai due astronomi.
Se il mistero della formazione di pianeti attorno a stelle di neutroni è stato risolto, sarebbe interessante cercare di capire che razza di condizioni ci potrebbero essere sulla loro superficie. Sono a dir poco inospitali per forme di vita paragonabili a quelle terrestri ma qualche scrittore di fantascienza “hard” potrebbe pensare a forme di vita molto esotiche.
Articolo di Massimo Luciani originariamente pubblicato su tachyonbeam.com
Ringrazio per la preziosa collaborazione corrado973.
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