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L’effetto farfalla
Il meteorologo americano Edward Lorenz parlò per la prima volta nel 1962 dell’“effetto farfalla”, espressione ormai divenuta linguaggio comune, per descrivere come piccolissime variazioni ambientali apparentemente insignificanti possano causare fenomeni imponenti e imprevisti.
Così ad esempio, quel piccolo cambiamento delle condizioni atmosferiche provocato dal battito d’ali di una farfalla in Brasile potrebbe, alcuni giorni dopo, scatenare un tornado in Texas. Questo certo non vale solo per la meteorologia. Prestiamo attenzione a tutto ciò che ci accade, perché non si sa mai cosa potrebbe scaturire da un fatto apparentemente banale.
L’operosità meticolosa della gravità
Come dice un noto proverbio: Roma non è stata costruita in un giorno. Ma il risultato finale, raggiunto anche grazie a tanti “battiti d’ali di farfalla”, è stato grandioso.
Le grandi cose spesso si costruiscono piano piano, con pazienza e perseveranza. Ed è questa la strategia che utilizza la forza di gravità per prevalere sulle altre. La gravità non ha fretta, e la sua lentezza d’azione a volte inganna.
E così, durante l’età oscura, accadeva che qualche atomo, vagando nello spazio seguendo l’espansione cosmica, finisse per trovarsi particolarmente vicino a qualche altro atomo. Poiché massa attrae massa, questi pochi atomi, se sufficientemente vicini, rimanevano uniti, formando un grumo di materia, inizialmente minuscolo. Un immaginario abitante del cosmo in quell’epoca probabilmente non avrà prestato particolare attenzione a questi piccolissimi gruppetti.
Eppure, benché piccoli, la loro massa era comunque un po’ più grande di quella dei singoli atomi. E come sappiamo, maggiore è la massa, maggiore è la forza di gravità che viene esercitata. Lentamente, in milioni di anni, il gruppetto diventa sempre più grande, e sempre più “attraente” per atomi di passaggio.
Incredibilmente, dall’incontro iniziale di pochi atomi di idrogeno ed elio, possono formarsi giganteschi ammassi di materia, che prendono il nome di nebulose.
Il meccanismo di formazione e sviluppo delle nebulose non è semplice, ed è già stato descritto in altri articoli sul nostro sito (links a fondo pagina). Non occorre qui entrare nei dettagli. Ci basti sapere che in alcuni casi, le nebulose possono diventare così massicce da non riuscire più a sostenere il proprio peso. La gravità, quindi, non solo attrae altra materia, ma porta la nebulosa a collassare su sé stessa. Gli atomi che la compongono vengono compressi sempre più gli uni contro gli altri, mentre altra materia cade sulla nebulosa, accelerando il processo.
L’accensione delle stelle
Questa compressione non può continuare per sempre. Arriveremo infatti a un punto in cui i nuclei atomici saranno così schiacciati gli uni contro gli altri da non poter più avvicinarsi oltre. La gravità però è inesorabile, e la massa aumenta! In questi casi, i nuclei di idrogeno saranno schiacciati così violentemente da fondersi.
Questo processo ci ricorda qualcosa! Ne abbiamo parlato riguardo la formazione dei nuclei di elio dall’idrogeno poco dopo il Big Bang (nucleosintesi primordiale). In quel caso erano le altissime temperature e pressioni dell’Universo primordiale a consentire la fusione di idrogeno in elio. Ora, invece, è la forza di gravità che ha compresso la massa così tanto da iniziare il processo di nucleosintesi.
Questo processo non solo crea un nucleo più pesante (con più protoni), ma produce anche fotoni. Grazie alla fusione nucleare, la nebulosa si è accesa! È diventata una stella.
Affinché si possa innescare la fusione dell’idrogeno, al centro della nebulosa si devono raggiungere temperature dell’ordine di 10 milioni di K! Quando ciò accade, la pressione della gravità dell’astro verso l’interno è controbilanciata dal rilascio di energia sotto forma di fotoni.
Il collasso pertanto si arresta, e la stella diventa stabile. Si dice che ora la stella si trova in equilibrio idrostatico (cioè la pressione degli strati esterni è controbilanciata dalla radiazione prodotta all’interno) e in equilibrio energetico (l’energia prodotta è pari all’energia irradiata e persa).
Occorrono almeno decine di milioni di anni, affinchè una nebulosa possa essere pronta per questo “esplosivo” avvenimento, ma quando accade, la festa è sfavillante. Ne è davvero valsa la pena!
Si stima che le prime stelle si siano formate qualche centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang. Con loro, l’Universo si riempie di nuovo di luce visibile, questa volta non creata dal Big Bang, ma da un processo diverso, regolato dalla forza di gravità. La gravità, alla chetichella, si è finalmente impadronita dell’Universo.
Il processo di formazione stellare è lo stesso attivo ancora oggi. Nei prossimi capitoli continueremo a lodare la gravità e i suoi gioielli, le stelle, per tutto ciò che donano all’Universo.
Per saperne di più:
Grazie come sempre @Francesca Diodati . Forse c'è un refuso
"di anni". Colpa mia