JWST completa il fine phasing: l’immagine di test è straordinaria

Non è ancora tutto pronto per le immagini scientifiche, ma il telescopio spaziale ci mostra le sue prime galassie sullo sfondo della stella usata come riferimento per la calibrazione.


Sono immagini fantastiche quelle rilasciate in queste ore dalla NASA.

L’occasione è la conferma che due nuove cruciali operazioni di calibrazione del telescopio James Webb sono state completate. Nello specifico parliamo delle coarse phasing e fine phasing, con le quali i 18 segmenti dello specchio primario sono stati movimentati per compensare i reciproci scostamenti verticali con una precisione nell’ordine delle decine di nanometri.

Nei video qui di seguito una rappresentazione grafica di queste due operazioni (già descritte brevemente in precedenti news).

Crediti: NASA’s Goddard Space Flight Center Conceptual Image Lab

Ed ecco a voi la tanto agognata immagine, quella che suggella il termine della prima fase delle operazioni di allineamento degli specchi!

Immagine di allineamento finale per il JWST. Crediti: NASA/STScI

La stella al centro dell’immagine (2MASS J17554042+6551277) era il vero bersaglio di questa acquisizione, ma la straordinaria sensibilità del telescopio ha già catturato anche decine se non centinaia di distanti galassie che adornano così questa storica acquisizione. L’uso di un filtro rosso, scelto tra gli svariati in dotazione al telescopio, è servito ad aumentare il contrasto.

Poco sopra ho parlato di “prima fase” perché non è finita qua! Nel corso delle prossime sei settimane i tecnici proseguiranno le attività che prevedono l’allineamento degli strumenti di imaging e la verifica dei rispettivi campi visivi (progettati quasi tutti leggermente scostati tra loro). Al termine sarà reiterata la sequenza di fine phasing per eliminare ogni piccolo errore residuo.

Ciascun aspetto del telescopio spaziale Webb sinora analizzato ha incontrato le attese o addirittura superato le aspettative, e il team responsabile dei lavori è fiducioso di poter concludere la parte di Optical Telescope Element alignment almeno entro inizio maggio. Seguiranno circa due mesi di preparazione degli strumenti scientifici, con la prima immagine ad alta risoluzione attesa per l’estate. Ma già ora questa acquisizione rappresenta lo scatto a maggior risoluzione mai eseguito negli infrarossi.

Il telescopio ha scattato anche un nuovo selfie.

Il nuovo autoscatto che il JWST si è fatto! Crediti: NASA/STScI

Questa curiosa immagine è stata acquisita con la NIRCam attivando uno speciale filtro, non usato per l’acquisizione di dati scientifici ma per il monitoraggio delle procedure ingegneristiche e di calibrazione. A differenza del precedente stavolta tutti gli specchi risultano illuminati, in quanto perfettamente allineati verso la stella di riferimento. Le ombre dei tre bracci si disegnano nitidissime sullo specchio primario, e fa una certa impressione realizzare che sono proiettate da una singola stella distante decine di anni luce (edit: pare siano circa 2000, secondo la descrizione riportata nell’APOD del 19 marzo)

Ricordate il vecchio selfie?

Ne abbiamo fatta di strada da allora!

Fonti:
https://www.esa.int/Science_Exploration/Space_Science/Webb/Webb_reaches_alignment_milestone
https://www.jwst.nasa.gov/content/webbLaunch/deploymentExplorer.html

Informazioni su Antonio Piras 72 Articoli
Ingegnere elettronico per lavoro, da sempre appassionato di scienza. Scopro l'osservazione astronomica grazie al telescopio della LIDL (ebbene sì) che mi svela le lune medicee un giorno prima di Galileo...ma 405 anni dopo. Da allora la passione cresce a dismisura e attualmente la coniugo alla fotografia, altro grande hobby.

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2 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. Ho scritto questo approfondimento sul perché questa immagine sia così, spero sia interessante.

    Qualche chiarimento sulla prima immagine del telescopio James Webb per gli appassionati di fotografia e fisica.

    Allegato 47408

    Questa fotografia (già famosissima) è quella che il JWST ha scattato alla stella 2MASS J17554042+6551277 dopo la prima fase di allineamento degli specchi. La stella, sebbene distante 2000 anni luce, abbaglia il telescopio e satura il suo rivelatore nel vicino infrarosso.
    Ma perché quelle strane e fastidiose punte attorno alla stella nonostante sia un telescopio così avanzato e costoso?
    La ragione della loro presenza risiede in un principio fisico ineludibile, a cui persino il più potente telescopio spaziale non può scampare: la diffrazione della luce.
    Quando un raggio luminoso incontra un bordo si comporta in un modo un po' lontano da quella che è la nostra esperienza quotidiana: invece di essere innocuamente bloccato, si trova a venir separato (diffratto) lungo direzioni perpendicolari all'orientazione del bordo inciso. I due raggi così risultanti sono denominati diffraction spike, o picchi di diffrazione, e sono dovuti alla natura ondulatoria della luce.
    Questo fenomeno fisico si manifesta in una grande varietà di apparecchi ottici, per esempio telescopi e obiettivi fotografici.
    Nei telescopi riflettori (cioè dotati di specchi) lo schema ottico in linea di massima prevede che molto vicino all'ingresso del tubo vi sia un piccolo specchio (il secondario) che viene tenuto sospeso al centro dello strumento da un'esile struttura (ragno o spider in inglese) solitamente con quattro bracci disposti a croce. Ciascuno di quei 4 bracci genera la propria figura di diffrazione, risultando quindi in ben 8 spike. Ma poiché i bracci sono perpendicolari tra loro a coppie, gli spike finiscono per sovrapporsi risultando così solo 4. Il telescopio Hubble ha proprio una struttura ottica il cui specchio secondario è sorretto da 4 bracci, e le sue fotografie delle stelle più luminose sono inevitabilmente afflitte dai diffraction spike.
    Allegato 47409
    La diffrazione della luce interviene anche nella fotografia tradizionale, quando una fonte luminosa molto intensa viene fotografata con l'obiettivo chiuso (diaframmato, in gergo) e genera quelle caratteristiche punte che si allontanano a raggiera dall'oggetto. Ciò che sta generando gli spike, in questo caso, sono le lamelle del diaframma. Quando un obiettivo ha un numero pari di lamelle, per le ragioni viste prima, genera un analogo numero di spike. Quando invece le lamelle sono in numero dispari, ecco che gli spike invece non si sovrappongono e raddoppiano in numero. Così un obiettivo con 6 lamelle genera 6 spike, mentre un obiettivo con 7 lamelle ne genererà 14! La preferenza per l'uno o per l'altro risultato dipende poi dal gusto personale. Questo difetto ottico viene compensato rendendo la chiusura delle lamelle la più circolare possibile, in modo che non esista un bordo netto che generi una direzione preferenziale verso cui diffrangere la luce. Un bordo perfettamente circolare definisce un continuo di direzioni, ciascuna troppo flebile per generare uno spike consistente.
    Riusciamo ora a spiegare come si sono generati alcuni degli spike della foto del JWST, ovvero per "colpa" dei tre tralicci che sorreggono lo specchio secondario e che danno luogo a 3 fasci luminosi: quello orizzontale (dovuto al traliccio attaccato alla parte superiore della struttura) e quelli obliqui (causati dai due tralicci inferiori).

    Però resta il grande fascio verticale, chi l'ha generato?
    Ed ecco che interviene di nuovo la sovrapposizione degli effetti di diffrazione: è la forma stessa degli specchi, con le loro sagome esagonali, che sta dando luogo agli spike! Ogni bordo ne genera una coppia, con i bordi opposti tra loro che generano coppie di spike sovrapposte. E così ogni specchio esagonale genera fasci luminosi su 3 direzioni, orientate tra loro con il medesimo angolo che esiste tra i lati di un esagono, ovvero 120°.
    La genialità dei progettisti è stata di disporre i tralicci inferiori con un angolo tra loro di 60° così da generare dei diffraction spike che vanno a sovrapporsi perfettamente con i fasci dovuti agli specchi. In questo modo, invece di avere 12 raggi, le immagini di JWST ne avranno solo 8.

    La sovrapposizione degli effetti di diffrazione è ben descritta dall'immagine seguente che illustra vari casi di complessità crescente, sia per sistemi ottici semplici che per l'avanzato telescopio James Webb
    Allegato 47410
    Allegato 47411

    Crediti immagini: NASA; NASA, ESA, and H. Richer; Wikimedia+NASA/STSI