Sommario
Questa serie di articoli fa uso del Simulatore di costellazioni in 3D, descritto in questo articolo. Se si dovessero riscontrare problemi nel caricamento delle pagine, scaricare manualmente l’ultima versione di JRE (Java Runtime Environment) all’indirizzo:
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Quattro costellazioni che conosciamo pochissimo
Il significato di questo titolo apparirà subito chiaro: si tratta di costellazioni del cielo australe che dalle nostre latitudini si osservano in modo poco soddisfacente. Una di queste si può osservare abbastanza bene (Pyxis, la bussola, ma con poche stelle luminose e quindi osservabile solo sapendo dove cercarla), due sono visibili con maggiore difficoltà (le Vele e la Poppa, perché al massimo sono molto basse sull’orizzonte) e l’ultima infine assolutamente invisibile (la Carena, sempre sotto l’orizzonte ed è un peccato per la presenza di Canopo la seconda stella più brillante nel cielo notturno, dopo Sirio).
Proprio Sirio è il punto di riferimento per tentare di osservare le tre costellazioni visibili dalle nostre terre: in pratica si trovano a sinistra e sotto alla costellazione del Cane Maggiore (che presto incontreremo) dove appunto troneggia Sirio. Prima di analizzare una per una le quattro costellazioni ricordo che l’Argo Navis anticamente era appunto un’unica costellazione che nella seconda metà del 1700 venne suddivisa in tre parti (la carena, la poppa e le vele) dal francese Nicolas Luis de Lacaille. E’ successo che, dividendo la costellazione principale in tre parti, l’astronomo non ha rinominato le stelle (ricominciando da α, β ecc) e così si è creata un po’ di confusione, che non consente di capire subito quali sono le stelle più brillanti di ognuna delle tre: inoltre c’è da dire che le altre stelle più luminose avevano una denominazione dovuta a Flamsteed e cioè con lettere minuscole…
In tutto questo guazzabuglio, la povera costellazione della Pyxis come c’entra? In realtà non faceva nemmeno parte fisicamente della Nave (anche se a buon diritto poteva tranquillamente esserne l’albero maestro, o meglio il boma), ma dopo la suddivisione della Nave è rimasto molto comodo considerarla parte di questo entourage celeste.
Vediamo come veniva raffigurata la costellazione |
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In questo disegno vediamo la costellazione della Nave di Argo secondo quanto raffigurato da Bayer nella sua Uranometria
In questo disegno vediamo la costellazione della Nave secondo Hevelius (visualizzata specularmente, come sempre)
Le quattro costellazioni componenti, secondo Stellarium
La Nave in 3D |
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Diamo una rapida occhiata alla Nave di Argo, formata dalle quattro costellazioni: clicchiamo come sempre sulla figura girevole per aprire il programma in 3D. Otterremo una classica finestra blu nella quale vediamo un insieme di ben 101 stelle. Quello che ci interessa in questo momento è vedere la forma della costellazione, quella ufficiale. Già sappiamo che premendo il tasto “f” possiamo vedere una rappresentazione decisamente più riconoscibile e divertente di una nave un po’ sbilenca, a patto di guardarla inclinando la testa verso sinistra, altrimenti ci ritroveremo davanti un vecchio antenato del Titanic! Ricordo che queste nuove rappresentazioni sono il frutto dell’abile maestria dell’oramai ben noto e compianto H.A.Rey, che aveva trasformato parecchie costellazioni rendendole più leggibili.
Non mi soffermo nell’analisi delle singole stelle perché adesso vedremo una per una le parti che compongono il vascello cosmico.
La Carena in 3D |
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Iniziamo dalla carena, che come noto rappresenta la parte sommersa della nave stessa, lo scafo: per vedere la costellazione nella sua completezza, suggerisco di spostare il foglio a sinistra (con il tasto “z”) per poter riuscire a vedere Canopo (α Car).
I più attenti di voi avranno già notato sulla sinistra un mucchietto di stelle, attorno alla stella θ Car: si tratta di un ammasso aperto che ricorda molto le Pleiadi, tant’é vero che si chiama le Southern Pleiades (IC 2602). Se ruotiamo il foglio possiamo sincerarci che si tratta effettivamente di un simpatico ammasso stellare distante poco più di 450 anni luce, del quale invece non fa parte quella stella (per la cronaca si tratta di HIP 52487) posta a più di 1000 al.
In questa foto possiamo vedere l’aspetto dell’$ammasso stellare$ IC 2602, le Southern Pleiades e qui vediamo una foto realizzata con Celestia che ci permette di identificare alcune stelle più brillanti dell’ammasso.
La stella più vicina a noi (ad 86 al di distanza) si chiama b2 Car ed è la seconda componente di una doppia visiva (b1 e b2 rispettivamente di magnitudini 4.8 e 5.1, quindi abbastanza deboli), dove però in questo caso b1 si trova invece a ben 674 al di distanza.
Nel prossimo diagramma possiamo effettuare il consueto paragone di grandezza di alcune stelle dalla costellazione della Carena con altre che oramai metto sempre a confronto.
In particolare la stella gialla gigante, l Car (elle) di classe spettrale G3 (simile al Sole), l’ho fotografata dalla classica distanza di 10 UA e qui vediamo la foto: dalla stessa distanza di Saturno dal Sole, questa stella è brillantissima ed ha un diametro che supera i 7°.
Chiudiamo l’analisi della costellazione con una stupenda foto della nebulosa della Carena, ripresa dal mitico Hubble Space Telescope
In questa foto vediamo la Carina Nebula. Cliccando qui ne possiamo vedere una versione ad alta risoluzione
Le Vele in 3D |
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Iniziamo dal nome, Vele, che è plurale. Infatti la parola latina “Vela”, usata per definire la costellazione, è il plurale del termine neutro velum: di questo fatto si deve tener conto quando si legge il nome delle stelle. Ad esempio λ Vel si deve leggere lambda velorum e non “lambda velae” oppure “lambda velarum”. Trovo che sia giusto puntualizzare questo tipo di pronuncia, perché altrimenti si può incorrere in grossolani errori: giusto tempo fa seguivo un’osservazione in diretta sul web ed il bravo relatore, dovendo parlare di stelle della costellazione dei Cani da Caccia (CVn, che incontreremo sicuramente in un prossimo articolo), è caduto più di una volta su un accento sbagliato dicendo “Canes venatìci”, invece dell’ovvio e corretto Canes Venàtici. Occhio dunque perché è facile cadere in errore e fare brutte figure… Ma ora è giunto il momento di tuffarci tra le stelle!
Andando a guardare dietro alla mappa incontriamo come stella più vicina ψ Vel: in realtà si tratta di una coppia di stelle (A e B, entrambe praticamente grandi quanto il Sole e di classe stellare F0 ed F3, quindi decisamente più biancastre) poste a 61 al da noi e distanti fra loro meno di 16 UA. Grazie a Celestia mi sono recato in vicinanza della stella doppia e con il visore stellare ho intercettato le due componenti mentre ruotano intorno al baricentro comune. Poi sono andato a trovare i miei amici Psivelani per osservare il Sole: la nostra stella appare di sesta magnitudine in una zona di cielo in compagnia di Deneb e Vega (che già conosciamo) e di Sirio, Procione e Matar che conosceremo nel seguito.
L’analisi della grandezza delle stelle delle Vele ha portato ad una bella sorpresa: esiste una dozzina di stelle con un diametro superiore a 100 volte quello del Sole, compresa Suhail (λ Vel), una delle più luminose, con un rispettabilissimo 170x. Il diagramma di confronto è decisamente sovraffollato e sullo sfondo si intravvedono appena le stelle più grandi che abbiamo conosciuto nelle puntate precedenti.
Un viaggetto dalle parti di HIP 45505 è doveroso, dato che la stella risulta essere la più grande di questa costellazione con un diametro di 240 volte quello del Sole: dalle classiche 10 UA la stella si presenta come un disco luminosissimo di più di 10° di diametro (un vero mostro!) e ne sanno qualcosa i miei simpatici amici Hipquarantacinquemilaerotti che sfoggiano un’invidiabilissima abbronzatura blu scura.
Terminiamo l’analisi della costellazione con la bellissima foto della $Nebulosa$ delle Vele, che per certi versi somiglia alla ben nota M57 della Lira.
La $Nebulosa$ delle Vele
La Poppa della Nave in 3D |
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Eccoci alla Poppa della Nave di Argo e cioè la parte della nave contrapposta alla prua: ricordo questo piccolo dettaglio, dal momento che sia nella rappresentazione di Bayer che in quella di Stellarium viene visualizzata invece la Prua di una nave. Hevelius aveva disegnato il timone, quindi è corretto, ma nella rappresentazione di Stellarium si vede addirittura la vela gonfiata verso la direzione di navigazione, a meno che la nave non vada in retromarcia!! Mi sa che una volta di queste segnalerò il misfatto ai simpatici creatori del programma.
Analizzando le stelle in 3D non abbiamo gruppetti di stelle ma una (HIP 40693) posta ad appena 41 anni luce da noi: ecco un’ottima occasione per una rimpatriata con gli amici Hippi-quaranteni che era tanto tempo che non vedevo (sono quasi scomparsi dalla circolazione…).
Una volta tanto la stella è grande quanto il Sole, di classe spettrale K, e dunque non un mostro di stella: Celestia conferma la presenza di tre pianeti gassosi (b, c e d) ed il Sole visto da lassù appare di $magnitudine$ 5.3 in compagnia di stelle quali Vega, Sirio, Procione, Tarazed (dell’Aquila) e Enif (Pegaso). Anche in questo caso, per il gioco della posizione tridimensionale delle stelle nel cielo, da qui si vedono abbastanza vicine stelle (Vega e Sirio) che da noi sono parecchio distanti nel cielo.
Aggiungo che gli Hippi-quaranteni sono dotati di capelli molto lunghi (uno stereotipo…) che gli cadono sugli occhi un po’ come accade al cugino It della famiglia Addams: per questo motivo non riescono a osservare bene il cielo… Ma tagliarseli un po’ sti capelli, visto che non sono più nemmeno di moda?!
Anche in questa costellazione ci sono stelle molto grandi: la stella HIP 40091 ad esempio è una stella arancione come Aldebaran, ma 190 volte il Sole, mentre ξ Pup è una stella gialla come il Sole, ma pari a 120 volte: è sempre strano rendersi conto che per vederla in cielo grande come il nostro Sole, il nostro pianeta si dovrebbe trovare (abbastanza ovviamente) a 120 UA dalla stella. Centoventi UA sono veramente tante: se ci pensate è un po’ più della distanza che la sonda Voyager I ha percorso nello spazio fin dalla data del suo lancio!
In questa costellazione possiamo trovare tre ammassi stellari aperti catalogati già dai tempi di Messier: leggo e riporto che sono oggetti molto belli da vedersi anche con un binocolo.
In questa foto vediamo l’$ammasso stellare$ M47
Qui vediamo invece l’$ammasso stellare$ M93
Ed infine uno spettacolarissimo ammasso aperto con una $nebulosa$ ad anello incorporata. M46 è così bello da aver ricevuto la denominazione di “Ring in a Jewel Box” (anello in un cofanetto di gioielli). Fantastico!
Dulcis in fundo, un cofanetto di gemme preziose
La Bussola in 3D |
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Chiudiamo l’analisi delle costellazioni componenti la Nave con questa piccola costellazione formata da poche stelle poco luminose (α Pyx è appena di $magnitudine$ 3.7) nessuna delle quali ha ricevuto un nome, a parte un improbabile Al Sumut abbinato alla più luminosa, ma che non avevo mai sentito. Niente nomi, nessun oggetto deep sky importante, stelle poco luminose, la stella più vicina a noi (λ Pyx) a 192 anni luce…
Poi uno si spiega perché gli astronomi della stella α non parlano mai, ma si fanno ben capire con i gesti… eh già, sono Alsumuti… Per giunta sono pure un po’ antipatici: mi sa che hanno perso la bussola…
Ma no, salviamo questa costellazione, che nel suo piccolo possiede anche tre belle stelle di grandezza importante: HIP 41723 è una parente di Aldebaran ma è quasi due volte tanto, mentre HIP 42394 e 43215 sono rispettivamente 84 e 93 volte il nostro Sole: non c’è male, dato che comunque sono più grandi di Rigel. Ma questo è un fatto che stiamo riscontrando oramai ogni volta che analizziamo una costellazione!
I nomi delle stelle |
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Iniziamo dalla costellazione della Carena
- Canopo (α Car): dal nome del comandante della flotta di Menelao al ritorno dalla guerra di Troia: trovo stranissima e impronunciabile l’accentuazione sulla “a”. Io l’ho sempre chiamata Canòpo…
- Miaplacidus (β Car): parola pseudolatina ma di significato ignoto
- Avior (ε Car): significato sconosciuto
- Aspidiske (ι Car): dal greco piccolo scudo, detta anche Turais
- Vathorz Posterior (θ Car): l’ho trovato in internet, ma dubito che mai nessuno l’abbia chiamata così…
- Vathorz Prior (υ Car): stessa cosa della stella precedente
- Simiram (ω Car): nome un po’ più dolce, ma ignoto
- Drys (χ Car): altro nome sconosciuto e probabilmente mai usato
Ora la costellazione delle Vele
- Regor (γ Vel): è il nome Roger letto al rovescio
- Suhail (λ Vel): è l’unico nome veramente usato in questa costellazione, seppur di origine sconosciuta
- Tseen Ke (φ Vel): probabile origine cinese
- Koo She (δ Vel): anche questa
- Markab (κ Vel): dall’arabo nave
- Al Haram (μ Vel): sicuramente dall’arabo, ma di significato ignoto
Passiamo alla costellazione della Poppa della Nave
- Naos (ζ Pup): dal greco nave, è l’unico nome ufficiale (che non va pronunciato naòs)
- Asmidiske (ξ Pup): una probabile alterazione del nome Aspidiske che abbiamo visto nella Carena
- Ahadi (π Pup): probabilmente dall’arabo
- Tureis (ρ Pup): dall’arabo piccolo scudo
- Altaleban (τ Pup): nome arabo un po’ inquietante
- Kaimana (ν Pup): altro nome trovato in internet, ma mai sentito prima
Ed infine la costellazione della Bussola
- Al Sumut (α Pyx): parola di origine araba sul cui significato non è dato sapere nulla, trovato anche questo su internet
Quando possiamo osservare queste costellazioni? |
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A completamento di quanto detto all’inizio, la Carena non è mai visibile alle nostre latitudini, le Vele culminano bassissime sull’orizzonte alle 21 (il nostro orario standard perché comodo) a metà aprile, la Poppa della Nave ai primi d’aprile ed infine la Bussola culmina a meridione nella seconda decade di aprile, ma anche lei molto bassa sull’orizzonte.
come sempre esaustivo e le foto sono bellissime complimenti!!! 😀
grazie Beppe!! 😳 😉
Ma se noi rapportassimo le dimensioni di queste stelle al nostro piccolo sistema solare dovremmo moltiplicare per 120 (nel caso di quella PUP, 120 volte il sole) tutte le distanze: ovvero la Terra a 120 UA, Giove a 600 UA (5 UA x 120), Plutone che è a 50 UA (afelio), moltiplicato 120 si troverebbe a 6000 UA!! 😯
Quindi le stelle giganti grandi 5 o 600 volte il sole o anche 1420 volte come KY Cygni hanno dei pianeti, il loro eventuale “plutone” si troverebbe ad anni luce?
@Moreno
non credo sia così diretto il calcolo!
immagino che ci siano altre considerazioni da fare, per le quali lascio la parola a chi è più esperto! 😉
Accidenti, Pier!!! Che opera monumentale!! Bravo!!
Anche se forse è un po’ troppo carico come articolo….. 😯
@Moreno: Come ho avuto già l’occasione di scrivere, la luce che riceve un pianeta da una stella è in relazione diretta con la temperatura superficiale e con il quadrato del raggio, e inversa col quadrato della distanza.
Quindi, per avere la medesima illuminazione della Terra da una stella 120 volte più grande del Sole, bisogna porsi a 120 UA di distanza, ammesso che le due abbiano la stessa temperatura superficiale.
Se la stella è più fredda, bisognerà avvicinare il pianeta, se è più calda il pianeta andrà allontanato. In ogni caso, cambierà il picco di luminosità e quindi la frequenza emessa con intensità maggiore…
@Red
monumentale, davvero… una faticaccia!! 😉
Basta leggerla un po’ per volta! magari per addormentarsi la sera, in queste serate torride! 🙁
le prossime puntate saranno più snelle, ma non è nemmeno detto… 😯
dipende dall’ispirazione!
saranno comunque ricche di informazioni e di foto meravigliose!!! Grazie infinite all’HST che ci regala questi spettacoli della natura!!
Grazie della risposta, 🙂 poi avrei anche un’altra curiosità da un milione di dollari, anche se forse vado un po’ O.T.: Qual’è il pianeta più distante dalla sua stella fra tutti i pianeti extrasolari fin qui scoperti?
Fatto piccola ricerca, e quindi mi rispondo da solo: si tratta di FOMALHAUT b, e si trova a circa 😯 115 UA dalla sua stella, 25 a.l. da noi…