Il modello cosmologico standard ΛCDM – Parte III: storia e proprietà della CBR

Continuando il nostro viaggio nella struttura e formazione dell’Universo, affronteremo in questa nuova parte uno delle evidenze osservative più importanti della cosmologia, la radiazione cosmica di fondo, ovvero l’eco del Big Bang. Ne descriveremo dunque le proprietà, l’origine e le osservazioni che ci hanno permesso di studiarla in modo così approfondito. Questo ci servirà per avere le basi per capire poi, nella prossima parte, come tale radiazione venga utilizzata per dedurre la struttura e l’evoluzione dell’Universo, così come la formazione ed il ruolo degli ammassi di galassie e delle regioni di vuoto al suo interno, nell’ambito del modello cosmologico standard ΛCDM.


Laboratorio della Bell Telephone dove Arno Penzias & Robert Wilson hanno scoperto per caso la radiazione cosmica di fondo.
Laboratorio della Bell Telephone dove Arno Penzias & Robert Wilson hanno scoperto per caso la radiazione cosmica di fondo.

Penso che la maggior parte degli appassionati del cielo avrà sentito parlare, almeno una volta nella sua vita, di radiazione cosmica di fondo o radiazione a microonde, anche nota come “eco del Big Bang”. Sulla scia dei precedenti due articoli sul modello cosmologico standard (Parte I e Parte II), continueremo questo viaggio nel cosmo più profondo trattando in questo articolo proprio della famosa radiazione cosmica di fondo, che abbrevieremo per comodità con CBR (dall’inglese Cosmic Background Radiation). Si tratta di una delle evidenze osservative più importanti in assoluto per la cosmologia moderna e a supporto della visione attuale che abbiamo del nostro Universo, come spiegata dal modello cosmologico standard ΛCDM. Talmente è stata ed è a tutt’oggi la sua importanza, che per la CBR sono state dedicate tre missioni spaziali consecutive, come vedremo in questo articolo.

La scoperta di questa radiazione paradossalmente è avvenuta per caso, quando nel 1965 Arno Penzias e Robert Wilson hanno rilevato uno strano rumore di fondo nei segnali che acquisivano ai laboratori della Bell Telephone. Questa scoperta è di fatto valsa il premio Nobel ai due tecnici della Bell, ottenuto nel 1978.

Esempio di legge di corpo nero. L'emissione di radiazione ha un andamento dato dalla legge di Planck. Il massimo dell'emissione in lunghezza d'onda decresce con l'aumentare della temperatura, come mostrano le varie curve sovrapposte, secondo la legge di Wien.
Esempio di legge di corpo nero. L’emissione di radiazione ha un andamento dato dalla legge di Planck. Il massimo dell’emissione in lunghezza d’onda decresce con l’aumentare della temperatura, come mostrano le varie curve sovrapposte, secondo la legge di Wien.

Cosa è di preciso la CBR? Abbiamo detto che si tratta di una radiazione, cioè di onde elettromagnetiche, o se preferite fotoni, che hanno una energia ben precisa. La radiazione in esame è rappresentata molto bene da quella che viene definita la legge del corpo nero, cioè un caso ideale in cui un corpo riesce ad assorbire tutta la radiazione che lo colpisce e di conseguenza a reirradiarla totalmente, senza che avvengano riflessioni (si dice infatti che in un corpo nero il coefficiente di assorbimento è uguale a quello di emissione). La radiazione emessa da un corpo nero è caratterizzata da una emissione a tutte le lunghezze d’onda (o frequenze), secondo la cosiddetta legge di Planck (vedi figura a lato), e diventa massima solo ad una determinata lunghezza d’onda, che è direttamente legata alla temperatura del corpo nero stesso (relazione nota come legge di Wien), mentre la radianza totale, cioè la quantità di energia emessa nell’unità di tempo dal corpo nero lungo tutto l’intervallo di frequenze (o se preferite l’area in rosa sotto la curva del grafico), è direttamente legata alla quarta potenza della temperatura (legge di Stefan-Boltzmann). Tutte le stelle ad esempio, incluso il nostro Sole, emettono proprio come un corpo nero. La CBR è dunque una radiazione di corpo nero anch’essa, corrispondente ad una temperatura di massimo di 2.725 gradi Kelvin.

Dalla meccanica statistica e dalla teoria dei quanti, ricaviamo la relazione che lega l’energia di un fotone all’energia termica, data come

Evoluzione dell'Universo dal Big Bang, in cui il plasma primordiale ha dato origine alla CBR all'epoca della ricombinazione e dove le minuscole anisotropie della stessa hanno poi consentito la formazione delle strutture galattiche a larga scala che oggi conosciamo.
Evoluzione dell’Universo dal Big Bang, in cui il plasma primordiale ha dato origine alla CBR all’epoca della ricombinazione e dove le minuscole anisotropie della stessa hanno poi consentito la formazione delle strutture galattiche a larga scala che oggi conosciamo.

h f = k T

dove h è la costante di Planck, k la costante di Boltzmann, T la temperatura del corpo nero che abbiamo menzionato poc’anzi, ed f la frequenza corrispondente della radiazione che vogliamo calcolare. Sostituendo i valori e ricavando f dalla formula, otteniamo che f ≈ 50 GHz (giga Hertz), cioè siamo nel regime delle microonde, da cui ne deriva il nome alternativo. Questa relazione ci fa anche capire che una temperatura più elevata corrisponde ad una frequenza più alta, e cioè ad una lunghezza d’onda più piccola. Viceversa, una temperatura più piccola produce una frequenza più bassa, e quindi una lunghezza d’onda maggiore.

Quali sono le proprietà osservative principali? Abbiamo già detto che la CBR è rappresentata dallo spettro termico di un corpo nero, con una temperatura nel regime delle microonde. In aggiunta a questo, essa è osservabile in qualunque direzione si osservi, cioè in qualunque punto dell’Universo. Un’altra caratteristica fondamentale è che essa di fatto non è perfettamente omogenea in ogni punto, ma la sua temperatura di picco ha delle leggerissime fluttuazioni (anche note come anisotropie, o disomogeneità), in base a quale direzione si osserva, con variazioni dell’ordine del centomillesimo di grado Kelvin (10-5 K) rispetto al valore centrale di temperatura. In seguito vedremo di capire perchè queste fluttuazioni, se pur piccole, sono essenziali per lo studio dell’Universo. Infine, la densità fotonica della CBR, ovvero il numero di fotoni di CBR per centimetro cubo, è pari a 411 fotoni/cm3 un valore veramente piccolo se confrontato al totale di fotoni che riceviamo dallo spazio, pari a circa 100 mila volte di più.

La CBR all'orizzonte di ultimo scattering è analoga alla luce che attraverso le nuvole giunge al nostro occhio in una giornata nuvolosa.
La CBR all’orizzonte di ultimo scattering è analoga alla luce che attraverso le nuvole giunge al nostro occhio in una giornata nuvolosa.

Come si è generata la CBR? Essa corrisponde ad un processo fisico ben preciso, previsto dal modello del Big Bang, ovvero la teoria secondo cui l’Universo nel passato era ridotto ad un piccolissimo volume, estremamente denso e caldo, poi espanso e raffreddatosi fino ai giorni nostri. Il processo fisico in questione è la ricombinazione, verificatasi nell’epoca in cui il plasma primordiale, costituito da fotoni, elettroni e protoni prima di allora a spasso nel plasma separatamente l’uno dall’altro, a causa dell’espansione dell’Universo si è raffreddato al punto in cui gli elettroni hanno potuto costituire insieme ai protoni i primi atomi, senza che il legame venisse distrutto dalla fortissima energia termica, facendo si che i fotoni iniziassero ad essere assorbiti. Per capire a cosa ciò equivale, basti immaginare di guardare in direzione del cielo in una giornata nuvolosa. Vedremo di fatto la superficie delle nuvole rivolta verso di noi, e non riusciremo a vedere oltre a causa del fatto che la luce non riesce ad attraversare la coltre di nubi, come mostra la figura. La ricombinazione rappresenta quindi per analogia quel momento in cui l’Universo è passato dall’avere una “consistenza” per così dire analoga a quella di una nuvola, ad una condizione di trasparenza come quella dell’aria che ci circonda in assenza di nuvole.

Da dove proviene la CBR? L’orizzonte di ultimo scattering è il luogo da cui la CBR è stata emessa, e corrisponde ad una superficie al tempo della ricombinazione, avvenuta circa 380 mila anni dopo il Big Bang. Al momento di essere emessa la CBR aveva una temperatura di 3000 gradi Kelvin, dunque molto più elevata rispetto ad oggi. Per analogia con la figura precedente, l’orizzonte di ultimo scattering rappresenterebbe la superficie della coltre di nubi nella parte inferiore, cioè quella rivolta verso di noi.

Il satellite spaziale COBE della NASA.
Il satellite spaziale COBE della NASA.

Ma passiamo adesso alle osservazioni che ci han permesso di capire le proprietà di questa radiazione. Il primo satellite a realizzare una mappatura globale della CBR è stato COBE (COsmic Background Explorer) nel 1989, il quale ha sfruttato i cosiddetti DMR (Differential Microwave Radiometers) per riuscire a rilevare le variazioni di temperatura confrontando fra loro porzioni di cielo in direzioni diametralmente opposte, e raggiungendo una risoluzione angolare di 7 gradi ed una precisione in temperatura di circa 1 millesimo di grado Kelvin, ovvero 1 mK (milliKelvin). COBE ha anche consentito di ricostruire tutto lo spettro termico della CBR, confermando dunque che essa si comporta come un corpo nero quasi perfetto e misurando la temperatura caratteristica di 2.2725 K che conosciamo, oltre alla densità fotonica menzionata prima. Questo è stato possibile grazie alla presenza di un altro strumento a bordo del satellite, noto come FIRAS (Far InfraRed Absolute Spectrophotometer).

Cosa ha trovato dunque COBE? Lo vediamo raffigurato nell’immagine in basso a sinistra, in tre differenti fasi di estrazione. Di fatto, la misura vera e propria corrisponde alla prima mappa in alto, che vediamo palesemente contraddistinta da due regioni soltanto, una in blu ed una in rosso, rappresentanti un effetto di allontanamento e avvicinamento (blueshift e redshift, rispettivamente) della radiazione osservata. Questa prima mappa di fatto non visualizza nulla della CBR, e prende il nome di componente di dipolo. La componente di dipolo non è altro che una componente che si genera nel momento in cui noi ci muoviamo rispetto alla sorgente, nel qual caso rappresentata dalla CBR e fissa intorno a noi (cioè non in movimento).

Mappa della CBR ottenuta da COBE. In alto, l'originale non corretta, dominata dalla componente di dipolo, data dal moto del Sistema Solare. Al centro la versione corretta sottraendo la componente di dipolo. In basso la mappa definitiva, senza la componente di dipolo e quella di emissione della Via Lattea.
Mappa della CBR ottenuta da COBE. In alto, l’originale non corretta, dominata dalla componente di dipolo, data dal moto del Sistema Solare. Al centro la versione corretta sottraendo la componente di dipolo. In basso la mappa definitiva, senza la componente di dipolo e quella di emissione della Via Lattea.

Il moto che causa la componente di dipolo è proprio quello del nostro Sistema Solare. Questo fa si che vediamo la radiazione di una metà di cielo, quella rivolta nella stesso verso del moto, che si avvicina rispetto a noi, visualizzata come temperatura più calda in rosso. Questo effetto è dovuto al fatto che quando la sorgente si avvicina a noi (o meglio in questo caso noi ci avviciniamo alla sorgente, ma il principio è identico), la sua frequenza diventa più alta, e quindi corrispondente ad una temperatura più elevata secondo la formula che abbiamo visto inizialmente in questo articolo. Viceversa invece l’altra metà opposta del cielo vedrà la sorgente allontanarsi, causando un redshift e quindi facendo diminuire la frequenza, cioè abbassando la temperatura (che vediamo colorata in blu). La prima operazione necessaria è dunque eliminare questa componente di dipolo. Con opportuni calcoli del moto del Sistema Solare, è possibile quantificarla e dunque toglierla dalla mappa con una sottrazione. Quello che otteniamo è la seconda figura al centro. In questa figura scorgiamo già diverse macchie sparse qua e la, ma in particolare notiamo una prominente regione rossa in orizzontale. Questa componente non è una enorme disomogeneità nella CBR ma è l’effetto della nostra galassia, la Via Lattea, osservata di taglio cioè lungo il piano del disco galattico. A causa della alta densità di stelle lungo il piano del disco, vediamo di conseguenza un aumento di temperatura che diventa dominante a causa della forte radiazione emessa in sua corrispondenza. Anche questa sorgente è da togliere al totale, in modo da ripulire ulteriormente la mappa e lasciarci esclusivamente i contributi dati dalla CBR. Una volta effettuata questa seconda operazione di correzione, il risultato finale che otteniamo è mostrato nella terza mappa in basso. Ecco finalmente la CBR con le sue anisotropie, cioè le “macchie” più calde e fredde che appaiono in tutta la mappa. E’ bene precisare comunque che queste macchie, così marcate ed evidenti nella mappa in falsi colori, sono solo piccolissime variazioni di temperatura rispetto al valore di 2.2725 K, pari a circa lo 0.00001 %, quindi davvero molto ridotte. Il motivo per cui le vediamo così evidenti nella mappa è perchè è stata scelta una scala di colori appositamente calibrata per essere sensibile a questo ordine di variazioni, quindi non frastornatevi, la CBR continua ad essere globalmente piuttosto omogenea!

Come possiamo interpretare le fluttuazioni in temperatura della CBR? Abbiamo detto che una temperatura maggiore corrisponde a fotoni che hanno una energia, o una frequenza, più elevata. Il modo di spiegare come queste variazioni siano state prodotte è di tirare in ballo la densità del fluido primordiale. Una densità maggiore corrisponde ad una compressione maggiore del fluido primordiale, e dunque ad una temperatura più elevata secondo le leggi della termodinamica. Per contro, una densità minore invece implica una decompressione, cioè una regione che è più rarefatta, e di conseguenza una temperatura più bassa. Cosa significa tutto questo? Che l’Universo primordiale, cioè l’Universo prima che la CBR fosse emessa, e al momento in cui la CBR è stata prodotta, non era di fatto realmente omogeneo, ma presentava regioni più dense e altre meno dense, come vediamo chiaramente dalle macchie presenti nella mappa della CBR prodotta da COBE. Questo ci fa capire quindi che queste piccolissime fluttuazioni hanno un significato molto molto importante, ci dicono cioè quanto l’Universo era disomogeneo e anche in quali direzioni. Capire le disomogeneità ci permette di fare luce sulla formazione di stelle, galassie e ammassi di galassie.

Il satellite NASA WMAP.
Il satellite NASA WMAP.

Intuitivamente infatti possiamo comprendere che le regioni a densità più elevata siano state poi terreno fertile per la nascita di stelle e galassie, grazie alla presenza di una maggiore quantità di materia. Viceversa, le regioni a densità più bassa sono associate ai grandi vuoti presenti nell’Universo che osserviamo, dove la scarsa presenza di materia non ha permesso il brulicare della formazione stellare e galattica.

A questo punto potete capire che il livello di dettaglio con cui riusciamo ad osservare queste anisotropie è un aspetto fondamentale per riuscire ad essere quanto più precisi possibile nel dedurre il comportamento e la distribuzione delle stesse in tutta la mappa della CBR. Per questo motivo, e poichè la risoluzione angolare di COBE non era di certo la migliore ottenibile, la NASA ha deciso di mandare in orbita un secondo satellite nel 2001, noto come WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe), con una risoluzione angolare di ben 20′ (primi di grado),  circa 20 volte più fine di quella di COBE quindi, scorgendo variazioni di temperatura fino a 10 milionesimi di Kelvin. WMAP ha dato un enorme contributo a migliorare la nostra conoscenza della CBR e dell’Universo primordiale, poichè il dettaglio raggiunto nel mapparla è stato notevolmente più elevato di quello ottenuto precedentemente da COBE, come mostrato nella figura in basso a sinistra in una stessa scala di colori.

Un tale livello di risoluzione ha permesso per la prima volta di utilizzare i dati di WMAP della CBR per ottenere dei vincoli sui parametri cosmologici, cioè sui parametri che regolano l’evoluzione e la composizione del nostro Universo, e che abbiamo già visto insieme nei precedenti due articoli.

La mappa di tutto il cielo della CBR, vista prima dal satellite COBE e poi dal satellite WMAP. E' possibile notare il notevole miglioramento dei dettagli causati dalle anisotropie in temperatura.
La mappa di tutto il cielo della CBR, vista prima dal satellite COBE e poi dal satellite WMAP. E’ possibile notare il notevole miglioramento dei dettagli causati dalle anisotropie in temperatura.

Andando un pò più nel dettaglio delle osservazioni con WMAP, possiamo identificare due tipi fondamentali di anisotropie:

Le anisotropie primarie: si tratta di variazioni di temperatura presenti al momento in cui la CBR è stata prodotta, cioè provenienti direttamente dall’orizzonte di ultimo scattering. Esse sono state causate da variazioni di densità, di velocità del gas e di potenziale gravitazionale sulla superficie dell’orizzonte di ultimo scattering.

Le anisotropie secondarie: sono variazioni di temperatura aggiuntive prodotte invece dalla presenza di grandi ammassi di galassie lungo il tragitto che i fotoni hanno percorso per arrivare a noi a partire dall’orizzonte di ultimo scattering. L’effetto è dovuto, come vedremo successivamente, alle buche di potenziale gravitazionale.

In altre parole, l’entità di queste fluttuazioni (cioè quanto ampia è la variazione in temperatura), e la loro dimensione caratteristica in termini angolari sulla mappa, ci danno informazioni dirette sulla storia che i fotoni hanno vissuto, cioè su ciò con cui sono entrati in contatto e che li ha generati, fornendoci dunque importantissime informazioni su tutto quello che è stato dell’Universo dall’epoca della ricombinazione fino ad oggi, tempo in cui osserviamo la radiazione.

Il satellite spaziale ESA Planck.
Il satellite spaziale ESA Planck.

In tempi molto recenti, ovvero nel 2009, l’ESA ha inviato in orbita la terza missione spaziale dedicata allo studio della CBR e con lo scopo di migliorare ulteriormente le osservazioni di WMAP, stiamo parlando cioè del satellite Planck. Planck è anche orgoglio italiano poichè vanta di possedere uno strumento a bordo che è tutto di fattura italiana, stiamo parlando dell’LFI, il Low Frequency Instrument, che insieme al secondo strumento, l’HFI (High Frequency Instrument) ha permesso di realizzare la mappa più dettagliata ottenuta ad oggi della radiazione cosmica di fondo. Planck ha infatti permesso di ottenere una risoluzione fino a 10 minuti d’arco, raddoppiando dunque il livello di dettaglio del precedente WMAP, e raggiungendo una sensibilità in temperatura fino al milionesimo di grado Kelvin, 1 μK (microKelvin), permettendo così di scorgere anche sottilissime fluttuazioni (10 volte più sensibile di WMAP quindi), come mostra l’immagine confronto in basso, un punto di grande rilevanza al fine di vincolare ulteriormente i modelli dell’Universo.

Il confronto della mappa della CBR ottenuta da WMAP e da Planck, utilizzando la stessa scala di colori.
Il confronto della mappa della CBR ottenuta da WMAP e da Planck, utilizzando la stessa scala di colori.

 L’utilizzo di strumenti a diverse bande di frequenza ha consentito ai ricercatori di separare in modo molto accurato i contributi provenienti dalla galassia da quelli invece esclusivi della CBR. Come abbiamo visto nel caso di COBE, questo passaggio è basilare nell’ottenere una mappa finale accurata della radiazione cosmica. Ogni contaminazione da altre sorgenti può produrre effetti deleterei sull’interpretazione del segnale che ne riceviamo e per questo risulta di particolare rilievo la possibilità di osservare il cielo a diverse bande di frequenza.

Una ulteriore capacità di Planck, anch’essa meglio sviluppata rispetto al suo predecessore WMAP, è legata al riuscire a misurare la polarizzazione della CBR. La polarizzazione è una proprietà misurabile per qualsiasi onda elettromagnetica, ed è legata al fatto che l’onda stessa è rappresentata da un campo elettrico ed uno magnetico che oscillano in direzione ortogonale fra loro. Ne avrete sicuramente sentito parlare se vi è mai capitato di acquistare un paio di occhiali da sole. La polarizzazione rappresenta la direzione in cui oscilla il campo elettrico che costituisce la radiazione elettromagnetica, come mostra la figura a lato.

Schema della polarizzazione di un'onda elettromagnetica. Supponendo che l'onda sia inizialmente non polarizzata (cioè il campo elettrico oscilla in tutte le direzioni) e sovrapponendo un filtro con una sola direzione preferenziale, l'onda passando attraverso il filtro diventa polarizzata, cioè il campo elettrico oscillerà nella sola direzione consentita dal filtro. Uno schema simile è in azione negli occhiali da sole polarizzati, ad esempio.
Schema della polarizzazione di un’onda elettromagnetica. Supponendo che l’onda sia inizialmente non polarizzata (cioè il campo elettrico oscilla in tutte le direzioni) e sovrapponendo un filtro con una sola direzione preferenziale, l’onda passando attraverso il filtro diventa polarizzata, cioè il campo elettrico oscillerà nella sola direzione consentita dal filtro. Uno schema simile è in azione negli occhiali da sole polarizzati, ad esempio.

Gli occhiali da sole sono a volte polarizzati in modo opportuno proprio perchè in tal modo ci consentono di bloccare il passaggio di determinate radiazioni nocive per i nostri occhi, come gli UV. Questo vale a dire che la radiazione può in generale (ma non sempre) mostrare una direzione preferenziale per l’oscillazione del campo elettrico, dicendoci così che qualche fenomeno in particolare ha condizionato la radiazione che osserviamo, oppure che essa sia stata proprio prodotta con questa proprietà a causa di un meccanismo ben preciso. Questa proprietà quindi ci fornisce ulteriori informazioni sulle sorgenti che hanno prodotto la radiazione e sulle caratteristiche fisiche del mezzo con cui essa è entrata in contatto. Ebbene, quanto scoperto da Planck, tentativo già effettuato da WMAP ma non sufficiente a trarre delle conclusioni per quel periodo, è che la CBR ha una piccola parte polarizzata, ovvero una porzione della radiazione cosmica ha un campo elettrico che oscilla in direzioni ben precise. Questo studio è attualmente in fase di sviluppo e permetterà ai cosmologi di aggiungere ulteriore dettaglio per vincolare il modello cosmologico che descrive l’Universo.

Nel prossimo articolo, più propriamente di carattere cosmologico, vedremo di capire insieme (ma senza l’uso di equazioni, quindi non temete!) come la CBR e le sue anisotropie vengono studiate e utilizzate per ricavare la struttura e l’evoluzione dell’Universo, la sua geometria, la densità di elettroni all’epoca della ricombinazione e l’effetto dell’energia oscura, nell’ambito del modello cosmologico standard ΛCDM. In parallelo con le supernovae, la CBR costituisce dunque un dato osservativo straordinario per verificare i modelli cosmologici e accrescere così la nostra comprensione dell’intero Universo.

Informazioni su Enrico Corsaro 88 Articoli
Nato a Catania nel 1986. Si laurea in Fisica nel 2009 e ottiene il titolo di dottore di ricerca in Fisica nel 2013, lavorando presso l'Università di Catania e di Sydney, in Australia. Dopo il conseguimento del dottorato ha lavorato come ricercatore astrofisico presso l'Università Cattolica di Leuven, in Belgio, e continua ad oggi la sua carriera nel Centro di Energia Atomica e delle energie alternative di Parigi. Appassionato del cosmo e delle stelle fin dall'età di 7 anni, il suo principale campo di competenze riguarda lo studio e l'analisi delle oscillazioni stellari ed i metodi numerici e le applicazioni della statistica di Bayes. Collabora attivamente con i maggiori esponenti mondiali del campo asterosismologico ed è membro del consorzio asterosismico del satellite NASA Kepler. Nonostante il suo campo di ricerca sia rivolto alla fisica stellare, conserva sempre una grande passione per la cosmologia, tematica a cui ha dedicato le tesi di laurea triennale e specialistica in Fisica e a cui rivolge spesso il suo tempo libero con la lettura e il dibattito di articoli sui nuovi sviluppi del settore.

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67 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. Citazione Originariamente Scritto da DarknessLight Visualizza Messaggio
    Interessante il discorso della polarizzazione della cmb...
    Hai visto Dark? Stavolta niente formule...anzi solo una ma molto semplice .

  2. La CBR ha una piccola parte polarizzata, ovvero una porzione della radiazione cosmica ha un campo elettrico che oscilla in direzioni ben precise. Questo studio è attualmente in fase di sviluppo e permetterà ai cosmologi di aggiungere ulteriore dettaglio per vincolare il modello cosmologico che descrive l’Universo.

    @Enrico Corsaro
    Hai qualche info in più al riguardo? Questa polarizzazione rappresenta forse un anisotropia di qualche tipo?

  3. La polarizzazione della CBR è da un punto di vista teorico legata a due tipi di effetti. Il primo prende il nome di modi E, e sono legati al processo di diffusione Thomson nel plasma (già osservati nel 2002), gli altri sono i modi B, che possono essere causati da due tipi di fenomeni fisici, il primo è per effetto del lensing gravitazionale dei modi E (anch'esso già osservato nel 2013), ed il secondo è per effetto delle onde di gravità dovute all'inflazione, il così discusso dibattito di BICEP2, come probabilmente ne avrai sentito parlare. E' stato infatti proporio grazie a Planck che la possibile rivelazione dei modi B dati dall'inflazione grazie alle osservazioni dal polo di BICEP2, è stata stroncata.
    Le analisi continuano in questa direzione, si vedrà dunque in futuro se ci saranno nuovi studi.

  4. Citazione Originariamente Scritto da Red Hanuman Visualizza Messaggio
    @Enrico Corsaro, come hai detto la radiazione di fondo è quasi uguale a quella caratteristica di un corpo nero. Questo "quasi" mi stuzzica: ci si può ricavare qualche informazione?
    Caro Red, essenzialmente il quasi l'ho utilizzato perchè in natura nulla è perfettamente uguale a come noi lo modellizziamo. Tuttavia per la CBR la parola "perfetto" è molto più appropriata che in altri contesti. Come ti mostra questa figura dello spettro di radiazione di corpo nero, la curva modellizzata passa perfettamente entro tutti i punti osservati. Con passa perfettamente intendo sempre entro le barre di errore. Per cui la risposta alla tua domanda è che in questo caso non è possibile ricavare alcuna informazione sensibile da eventuali piccole dieviazioni, dal momento che le barre di errore sui punti osservati sono della stessa grandezza, se non addirittura ben più grandi, delle deviazioni del modello .Allegato 12488

  5. Ciao Enrico.

    Nell’articolo si parla delle anisotropie presentate dalla RCF, esclusivamente in relazione a differenze di temperatura ma non in relazione a differenze di intensità.
    Da perfetto profano mi aspetto che almeno le fluttuazioni secondarie (quelle cioè provocate dalla maggiore densità di materia incontrata dalla RCF nel suo vagabondaggio cosmico) prevedano un assorbimento, più o meno importante, della RCF che quindi dovrebbe apparire meno densa (minor numero di fotoni per metro cubo di spazio) in direzione dei superammassi di galassie. Ciò effettivamente avviene sul piano galattico per effetto degli assorbimenti prodotti dalla Via Lattea, ma, per il resto del cosmo, accade la stessa cosa? E’ possibile, in linea di principio, stabilire la distribuzione delle galassie ricorrendo a questo tipo di analisi?

    Un’altra questione cosmologica in qualche modo connessa alla RCF, è la seguente:
    Ti chiedo se esiste una relazione matematica che indichi il raffreddamento dell’universo (ovvero la variazione della temperatura della RCF) in funzione del tempo. Siamo partiti da circa 3.000K (praticamente la temperatura superficiale di una nana rossa) con T=380.000 anni per arrivare agli attuali 2,27K con T=14,3 mld di anni: in mezzo cosa c’è e come è variato?

    Ed inoltre,
    combinando la legge di variazione del fattore di scala (aumento nel tempo delle dimensioni dell’universo) che, nel caso più accreditato di modello piatto, cioè in lenta espansione, vale a(T)=(T/T0)^2/3,
    con quella della temperatura, non si potrebbe ottenere la legge del raffreddamento dell’universo in funzione delle sue dimensioni?

    Si lo so, sto trattando il cosmo come se fosse una sferetta di laboratorio di cui valutare il raffreddamento ponendole a contatto un termometro…. ma sono sicuro che i cosmologi qualche ideuzza ce l’hanno ….

    A me interessano le formule, caro Enrico, sempreché non siano troppo complicate. Mi piace divertirmi a disegnare grafici, anche se vanno presi con le molle; servono comunque a farsi un’idea di come vanno – almeno qualitativamente – le cose.

    Grazie per l’attenzione e la … pazienza!

  6. Ottimi spunti @Cyg X-1, vediamo di risponderti.

    Citazione Originariamente Scritto da Cyg X-1 Visualizza Messaggio
    Nell’articolo si parla delle anisotropie presentate dalla RCF, esclusivamente in relazione a differenze di temperatura ma non in relazione a differenze di intensità.
    Da perfetto profano mi aspetto che almeno le fluttuazioni secondarie (quelle cioè provocate dalla maggiore densità di materia incontrata dalla RCF nel suo vagabondaggio cosmico) prevedano un assorbimento, più o meno importante, della RCF che quindi dovrebbe apparire meno densa (minor numero di fotoni per metro cubo di spazio) in direzione dei superammassi di galassie. Ciò effettivamente avviene sul piano galattico per effetto degli assorbimenti prodotti dalla Via Lattea, ma, per il resto del cosmo, accade la stessa cosa? E’ possibile, in linea di principio, stabilire la distribuzione delle galassie ricorrendo a questo tipo di analisi?
    Il problema di base qui è che la quantità di fotoni media che riceviamo dalla CBR è davvero molto bassa a confronto con tutte le altre sorgenti. Questo comporta in generale problemi nell'utilizzare l'informazione fotonica come numero fisico per fare deduzioni sulla distribuzione di materia che la CBR ha attraversato. Inoltre è praticamente impossibile separare la CBR da altre fonti di radiazioni semplicemente sulla base del numero di fotoni.
    Mi spiego meglio.
    Immagina di guardare in una sola direzione e di acquisire un segnale fotonico. In questo segnale ipotizziamo che sia contenuta sia la CBR che ad esempio l'emissione di una galassia localizzata proprio nel campo che stiamo inquadrando. Di base acquisendo semplicemente un conteggio del numero di fotoni non riusciamo a capire quanti provengano dalla CBR e quanti dalla galassia, è una informazione completamente amalgamata. Paradossalmente, se non sapessimo della CBR e dato il suo basso numero di fotoni per centimetrocubo, neanche potremmo mai dedurre che essa sia presente utilizzando un metodo simile. Capisci dunque che non abbiamo alcun modo di disaccoppiare le due sorgenti guardando solo al numero di fotoni. L'unico modo di distinguere sorgenti diverse è di analizzare invece le proprietà della radiazione in termini energetici e di polarizzazione. Infatti l'informazione di cui tu parli te la da proprio la fluttuazione in temperatura, che possiamo misurare con molta precisione e accuratezza, proprio perchè è principalmente l'energia dei fotoni a cambiare nei processi di assorbimento e riemissione che avvengono quando la CBR attraversa ad esempio un ammasso di galassia.

    Citazione Originariamente Scritto da Cyg X-1 Visualizza Messaggio
    Un’altra questione cosmologica in qualche modo connessa alla RCF, è la seguente:
    Ti chiedo se esiste una relazione matematica che indichi il raffreddamento dell’universo (ovvero la variazione della temperatura della RCF) in funzione del tempo. Siamo partiti da circa 3.000K (praticamente la temperatura superficiale di una nana rossa) con T=380.000 anni per arrivare agli attuali 2,27K con T=14,3 mld di anni: in mezzo cosa c’è e come è variato?

    Ed inoltre,
    combinando la legge di variazione del fattore di scala (aumento nel tempo delle dimensioni dell’universo) che, nel caso più accreditato di modello piatto, cioè in lenta espansione, vale a(T)=(T/T0)^2/3,
    con quella della temperatura, non si potrebbe ottenere la legge del raffreddamento dell’universo in funzione delle sue dimensioni?
    A queste domande possiamo sostanzialmente fornire una risposta unica. La densità di energia della radiazione decresce con la quarta potenza del tempo, ovvero un fattore 1 più rapidamente di quanto non decresca una densità volumetrica, come quella della materia ad esempio. Avevamo discusso in parte questo discorso nella Parte I di questa serie, che trovi QUI. Ti fornisco a seguire qualche dettaglio in più usando delle semplici relazioni.

    Considerando il fattore di scala a(t) come di fatto il "raggio" del nostro Universo in espansione, possiamo visualizzare le seguenti informazioni.
    La densità di energia di materia in funzione del fattore di scala cosmico è

    dove a3 è proporzionale al volume dell'Universo in base alle coordinate cosmologiche standard. Dunque una densità di energia di materia, cioè il numero di particelle per volume, che chiamo nM è proporzionale all'inverso del volume stesso, cioè

    Sostituendo il risultato dall'integrazione dell'equazione di Friedmann che hai già citato, per cui

    ottieni in definitiva che



    Per la radiazione invece dobbiamo considerare due effetti combinati.
    1) la densità fotonica, analoga alla densità di particelle di materia per volume, è anch'essa data come

    cioè proporzionale all'inverso del volume, ma a questo effetto si aggiunge
    2) lo stiramento della lunghezza d'onda dovuto all'espansione dell'Universo, che è espresso nel redshift cosmologico. Il redshift cosmologico in funzione del fattore di scala cosmico è espresso come

    cioè il redshift aumenta con l'inverso del fattore scala.
    Combinando i due effetti per la radiazione otteniamo in totale che

    Questo è il motivo per cui la radiazione, dominante nei primissimi istanti di vita dell'Universo, è rapidamente passata in secondo piano, diventando energeticamente pari alla materia nell'epoca della ricombinazione.
    Sostituendo a quest'ultima ancora una volta la dipendenza dal tempo dell'Equazione di Friedmann, otteniamo


    Citazione Originariamente Scritto da Cyg X-1 Visualizza Messaggio
    Si lo so, sto trattando il cosmo come se fosse una sferetta di laboratorio di cui valutare il raffreddamento ponendole a contatto un termometro…. ma sono sicuro che i cosmologi qualche ideuzza ce l’hanno ….

    A me interessano le formule, caro Enrico, sempreché non siano troppo complicate. Mi piace divertirmi a disegnare grafici, anche se vanno presi con le molle; servono comunque a farsi un’idea di come vanno – almeno qualitativamente – le cose.

    Grazie per l’attenzione e la … pazienza!
    Certamente fai bene, apprezzo che qualcuno abbia l'interesse di andare un pò più in dettaglio e tirare anche in ballo qualche equazione. Fammi sapere se le spiegazioni sono state chiare e grazie a te .

  7. Grazie Enrico, ad occhio e croce mi sembra di avere parecchi argomenti di riflessione.

    Me li leggo con calma dopodichè mi rifarò sicuramente vivo.