Quando scrutiamo i vasti abissi del cosmo, attraverso stelle, pianeti, gas e polveri della nostra Via Lattea, c’è un intero Universo al di fuori che possiamo osservare. La nostra galassia è solo una fra centinaia di miliardi nell’Universo conosciuto, dove non importa in quale direzione guardiamo, incontreremo sempre una galassia nel nostro cammino, ammesso che sia sufficientemente lungo.

Almeno questo è quello che si è portati a pensare. Tuttavia, quando guardiamo l’Universo lontano, trovare galassie in ogni direzione si verifica soltanto per poche porzioni di cielo. Certo, ci sono numeri enormi di galassie là fuori, e non ha importanza a quale regione del cielo volgiamo lo sguardo, vedremo che l’Universo ne è totalmente cosparso.
Ma anche con questo a mente – a prescindere da quanta luce noi riusciamo a raccogliere, e da quanto sia grande il telescopio che utilizziamo o quanto a lungo cerchiamo – molte regioni di spazio rimangono oscure.

Ci sono due motivi per questo, che hanno a che vedere con come l’Universo è fatto. Normalmente pensiamo allo spazio come infinito: andando avanti per un tempo infinito, senza fine, riempito con la stessa “roba”, materia con cui è riempita la porzione di Universo locale in cui ci troviamo. Sebbene sia vero che la nostra posizione nello spazio non sia privilegiata rispetto ad altre, quello che vediamo qui e adesso è diverso da quello che vediamo altrove.
Per i meno esperti, la velocità della luce è veloce, ma l’Universo è molto grande. Quando guardiamo all’Universo distante, stiamo vedendo tutto ciò che c’era in esso milioni o anche miliardi di anni fa.

E l’Universo si è evoluto enormemente in quel lasso di tempo. Le stelle sono nate, vissute, hanno esaurito il loro combustibile e cessato di esistere, dando origine a generazioni successive di stelle. Le galassie inizialmente “blu” evolvono, diventando sempre più rosse dopo le ultime esplosioni di formazione stellare, dal momento che le stelle più blu e luminose sono anche le prime a morire. E le piccole galassie si uniscono l’una con l’altra, attratte irresistibilmente dalla gravitazione, la quale svolge l’unico compito che sa fare: agglomerare oggetti massivi con il passare del tempo.
Le galassie che vediamo oggi sono fondamentalmente differenti dalle galassie che vediamo quando guardiamo a miliardi di anni luce di distanza nell’Universo, ma non banalmente perchè esse siano meno evolute di quelle che esistono attualmente. Le galassie del lontano passato sono differenti perchè l’Universo stesso era a sua volta più giovane di adesso – meno tempo era cioè passato dal Big Bang – e anche perchè l’Universo stesso si è espanso durante tutto questo tempo.

Le galassie erano in un ambiente più denso nel lontano passato, ed erano costituite da diverse composizioni di elementi, e forse cosa ancora più importante, la luce emessa da queste galassie distanti è stata alterata dall’espansione dell’Universo.
Guarda QUI una breve animazione che mostra come la luce venga stirata a lunghezze d’onda maggiori.
In particolare, questa luce, principalmente emessa nell’ultravioletto per le galassie più giovani con le stelle più recentemente formate, è stata stirata dalla fabrica in espansione dello spazio così che sia passata non solo attraverso la porzione visibile dello spettro elettromagnetico, ma addirittura oltre di esso fino all’infrarosso. Quanto sembra ironico pensare che, una luce una volta non visibile ai nostri occhi sia stata resa visibile dall’espansione dell’Universo per un periodo di tempo, per poi diventare nuovamente invisibile in direzione opposta a causa della stessa espansione.

Credit: NASA / JWST team, via http://jwst.nasa.gov/comparison.html (main); NASA / JWST science team
La grande speranza del James Webb Space Telescope, il successore a infrarossi dell’Hubble Space Telescope, in grande attesa per il suo lancio nello spazio previsto nel 2018, è che esso sarà capace di osservare queste galassie e stelle primordiali direttamente, dal momento che è capace di osservare nell’infrarosso con sensitività senza precedenti rispetto a qualsiasi altro telescopio – da terra o spaziale – in tutta la storia dell’uomo.
Grazie ad un team capitanato dai ricercatori dell’UC Irvine, Ketron Mitchell-Wynne e Asantha Cooray, non vi è stato bisogno di aspettare l’arrivo del James Webb per sapere che queste galassie prima d’ora invisibili sono proprio là fuori. Invece, c’è un trucco geniale che risiede nel vedere lo spazio oltre le galassie visibili più distanti, dove tutto ciò che appare sulla lastra fotografica è oscurità.

Come vedete, in aggiunta alla luce che vediamo provenire direttamente da punti sorgente identificabili – cose come singole stelle e galassie – c’è anche un fondo non definito: la luce di fondo extragalattica. Questo non deve essere confuso con la radiazione cosmica di fondo, ma piuttosto è dovuto all’emissione totale da stelle e galassie nell’Universo, anche quando le stesse sorgenti individuali sono troppo deboli per essere viste.
Se guardiamo alle fluttuazioni in questa luce – la quale è stata interamente spostata a lunghezze d’onda dell’infrarosso per grandi distanze – possiamo misurare quanta luce è stata emessa da stelle e galassie quando l’Universo era appena di 500 milioni di anni, o meno del 4% della sua attuale età.

Credit: NASA / WMAP science team.
Utilizzando dati dal Cosmic Assembly NEAR-Infrared Deep Extragalactic Legacy Survey (CANDELS) e dal Great Observatories Origins Deep Survey (GOODS), gli scienziati sono stati in grado di rilevare la presenza di luce infrarossa ultra-distante che sicuramente non proveniva da stelle e galassie a distanze più vicine, ma piuttosto da almeno 30 miliardi di anni luce di distanza (o ad un redshift z > 8, per quelli più esperti fra di voi).
E, naturalmente, non abbiamo galassie individuali laggiù; abbiamo appena annunciato la scoperta la settimana scorsa, e non è qualcosa che si vede nelle fotografie di Hubble.

Credit: I. Labbé (Leiden University), NASA/ESA/JPL-Caltech (L); Adi Zitrin / Caltech (R).
Invece, quello che questo nuovo articolo ha dimostrato è la luce di fondo proveniente da sorgenti più distanti delle galassie scoperte da Hubble (vedi l’esempio della $galassia$ EGS8p7, di cui avevamo parlato QUI). Ciò che è realmente sorprendente è sintetizzato nelle conclusioni a seguire, ottenute da questo studio:
- Queste galassie sono energetiche e abbastanza luminose da essere osservabili con il James Webb Space Telescope.
- Le grandi lunghezze d’onda di 1.6 micron (1600 nanometri, un pò più di due volte la più grande lunghezza d’onda della luce visibile) sono attualmente dominate da queste galassie distanti ad alto-redshift.
- E finalmente, il livello di confidenza con cui queste galassie devono esistere è di circa il 99.2 %, praticamente certo.

Sulla base di stime sulla densità della luce stellare che è stata misurata, possiamo concludere che ci sono probabilmente almeno decine di miliardi di galassie aggiuntive oltre quelle che riusciamo a vedere già oggi, solo che a queste distanze incredibilmente elevate.
L’articolo originale è reperibile QUI.
L’articolo su Forbes è disponibile QUI.
La pre-stampa elettronica gratuita è disponibile QUI.
Dall articolo
Quanto è ironico pensare che una luce una volta non visibile ai nostri occhi sia stata resa visibile dall espansione dell universo per un periodo di tempo, per poi diventare nuovamente invisibile in direzione opposta dello spettro, sempre a causa dell espansione dell universo.
Soprattutto interessante notare che di tutta la banda elettromagnetica il nostro occhio ne riesca a percepire solo una frazione infinitesimale tra 400 e 800 nm circa. Tutto il resto è il buio...
Enrico, non so a te, ma a me sembra un po' sensazionalistico quest'articolo. Nel senso che mi sembra che le spari un po' grosse. Non è molto che si è parlato di una galassia con red shift 10. Posso capire galassie con luce ultravioletta che diventano visibili, galassie visibili che passano nell'infrarosso, ma da ultravioletto a infrarosso non lo vedo possibile per quello che fino ad adesso ho capito, non ci sarebbe il tempo ancora!!
Non ci avevo pensato!
1) La fisica basa le sue conclusioni sul livello di attendibilità annesso. La galassia che hai citato, con redshift 10, è ad oggi solo un candidato, cioè non è confermata, il che significa che il grado di confidenza è troppo basso per poter fare una conclusione (con molta probabilità non oltre il 50 %). Nell'articolo qui presente invece, si parla di distribuzioni di decine di miliardi di galassie con un livello di confidenza del 99.2 %, molto alto e praticamente certo. Il grado di attendibilità nei risultati scientifici è un aspetto fondamentale, che non può essere ignorato, ed è almeno tanto importante quanto la stessa scoperta scientifica, proprio perchè ne determina il suo valore. Bisogna imparare a prenderlo in considerazione quando leggiamo risultati in qualsiasi rivista o giornale di scienza, perchè è sempre facile dire: "ei guardate, ho trovato una cosa pazzesca", senza sapere quanto sia attendibile il risultato, ma non è affatto facile dire: "ei guardate, ho trovato una cosa pazzesca e sono sicuro al 99 % che sia così". Questo non è nel senso comune, la maggior parte della gente sconosce il tipo di metodologia e dunque prende per buona qualsiasi cosa venga pubblicata. Quindi attenzione per favore, c'è una grossissima differenza tra questi casi citati.
2) Che la luce abbia avuto il tempo o meno di passare dall'UV all'IR a causa dell'espansione è solo un problema di distanza temporale. In questo caso stiamo parlando di oggetti che emettevano anticamente nell'UV, prima ancora del limite raggiunto dal telescopio Hubble. Non vedo perchè non ci debba essere ancora stato il tempo per quella luce di passare all'IR, dove hai letto questa cosa? Prima di tutto IR, visibile e UV sono molto prossime in frequenza, non stiamo parlando di balzi enormi e impensabili. Secondo, se non vediamo quegli oggetti oggi nel visibile ma li vediamo nell'IR, è sicuramente perchè lo spettro emesso è già passato oltre il visibile. Inoltre, considerate le condizioni dell'Universo a circa 500 milioni di anni di vita, le temperature presenti imponevano emissioni nell'UV. Infine, non dimentichiamo che trattandosi di radiazione elettromagnetica, l'energia decresce con la quarta potenza del tempo, per un effetto combinato di espansione dell'Universo e termalizzazione, a differenza invece delle densità di materia che decrescono con il volume soltanto. Questo significa che l'effetto di stiramento della lunghezza d'onda con il redshift cosmologico è più forte di quanto imposto dalla stessa espansione.