Se i problemi di cuore di noi umani possono richiedere lunghe indagini per essere compresi, anche per alcuni oggetti celesti le cose non vanno diversamente. È il caso del cosiddetto “battito cardiaco stellare” caratteristico di un gran numero di stelle identificate dal satellite della NASA Kepler. Si tratta per lo più di sistemi binari, cioè sistemi di due stelle in orbita una attorno all’altra, la cui definizione deriva dal fatto che se si analizza la variazione della luminosità stellare nel corso del tempo, la curva di luce risultante assomiglia a un vero e proprio elettrocardiogramma, cioè il grafico che descrive l’attività elettrica del cuore. Gli scienziati sono interessati a queste stelle peculiari non solo perché si trovano in sistemi binari, ma anche per il fatto che le loro orbite sono decisamente allungate. Ciò fa di loro laboratori naturali per studiare gli effetti gravitazionali che le stelle esercitano su ciascuna componente. I risultati dello studio sono stati pubblicati lo scorso mese su Astrophysical Journal.
Nei sistemi binari caratterizzati da queste particolari componenti, la distanza tra le due stelle varia drasticamente man mano che esse orbitano l’una attorno all’altra. Le stelle possono avvicinarsi fino a qualche raggio stellare e allontanarsi fino a dieci volte la minima distanza durante il corso di un’orbita. Nel punto più vicino, la reciproca attrazione gravitazionale delle stelle le fa diventare leggermente ellissoidali, il che rappresenta uno dei motivi per cui la loro luminosità appare così variabile. Questa interazione, detta “forza di marea”, è simile a quella che causa, per l’appunto, le maree sulla Terra. Dunque, dallo studio di questi corpi celesti gli astronomi possono meglio comprendere come funziona questa fenomenologia per differenti tipi di stelle. Ad esempio, le forze di marea causano alle stelle una sorta di vibrazione: in altre parole, le dimensioni delle stelle fluttuano rapidamente durante il corso dell’orbita e questo effetto si nota, in particolare, nel punto di minima distanza.
«Possiamo immaginare il “battito cardiaco stellare” come rintocchi di campane che a ogni rivoluzione, quando le due stelle raggiungono la minima distanza, vibrano emettendo suoni molto alti, come se fossero colpite da un martello », spiega Avi Shporer, Sagan postdoctoral fellow presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, a Pasadena in California, e autore principale dello studio.
Nel corso degli ultimi anni, il satellite Kepler, attualmente in servizio con la missione K2, ha scoperto un gran numero di questi particolari sistemi binari. In un lavoro del 2011, alcuni ricercatori presentarono lo studio di un sistema stellare, denominato KOI-54, che mostra un incremento di luminosità ogni 41,8 giorni. Nel 2012, invece, uno studio successivo ha permesso di identificare nei dati di Kepler ben 17 oggetti dove si rivela una sorta di “battito cardiaco” a causa dell’andamento appena descritto delle curve di luce. Quindi, per approfondire le proprietà fisiche di questi sistemi stellari unici, sono stati necessari altri dati e osservazioni.
Lo studio condotto da Shporer ha permesso di misurare le orbite di 19 sistemi binari. Gli autori si sono concentrati su alcuni oggetti già noti identificati in precedenza da Kepler. In particolare, i ricercatori hanno utilizzato lo spettrometro HIRES (High Resolution Echelle Spectrometer), installato presso l’osservatorio W.M. Keck nelle Hawaii, che misura la lunghezza d’onda della radiazione incidente: essa diviene più lunga quando la stella si allontana dall’osservatore e, viceversa, più corta quando si avvicina. Questa informazione permette agli astronomi di calcolare la velocità degli oggetti lungo la linea di vista e, perciò, di misurare la forma dell’orbita.
«Abbiamo trovato che, nel nostro insieme di oggetti analizzati, le stelle che esibiscono il caratteristico ‘battito cardiaco’ tendono a essere più calde e più grandi del Sole», dice Shporer. «È possibile, però, che ne esistano altre con diversi valori di temperatura che non abbiamo ancora misurato». Gli autori ipotizzano, inoltre, che in alcuni sistemi binari può esistere una terza componente, che non è stata ancora rivelata, o addirittura una quarta.
«L’esistenza di questa particolare classe di stelle rappresenta un puzzle», fa notare Susan Mullally, una scienziata dell’Istituto SETI che lavora alla missione Kepler presso l’Ames Research Center della NASA, a Moffett Field in California, e co-autrice dello studio. «L’interazione mareale che si esercita sulle due componenti dovrebbe, in teoria, averle portate rapidamente in un sistema binario dalle orbite circolari. Solo la presenza di una terza componente può creare la forma allungata delle orbite che osserviamo».
I ricercatori stanno ora pianificando una serie di ulteriori campagne osservative per capire se esiste davvero una terza componente in questi sistemi binari. «Non vediamo l’ora di continuare la collaborazione tra gli osservatori terrestri e quelli spaziali in modo da comprendere ancora meglio la complessità del funzionamento di questi corpi celesti che esibiscono il caratteristico ‘battito cardiaco’», conclude Shporer.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su Astrophysical Journal: Avi Shporer et al. 2016 – Radial Velocpity Monitoring Of Kepler Heartbeat Stars
- Leggi il preprint su arXiv: Radial velocity monitoring of Kepler heartbeat stars
Articolo originale QUI.
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