Le stelle si originano a seguito del collasso gravitazionale di una nube molecolare, la quale è generalmente caratterizzata da moti turbolenti che avvengono al suo interno e che ne dominano la dinamica rendendola caotica. Una nube molecolare di grande massa genera spesso numerosi ammassi stellari, ognuno dei quali può contenere anche migliaia di stelle. Ci basti pensare che circa la metà della formazione stellare della nostra Via Lattea sta avvenendo all’interno di appena un paio di decine di nubi molecolari di grande massa (cosiddette nubi molecolari giganti).
Da un punto di vista osservativo, le regioni di formazione stellare sono oscurate dalla presenza di polveri. Questo limita sensibilmente le nostre capacità di studio di tali regioni, poiché si possono sfruttare solo bande elettromagnetiche specifiche come in particolare l’infrarosso ed il radio. Da un punto di vista teorico, lo studio della formazione stellare è reso particolarmente complesso dal fatto che durante questa fase le stesse nubi molecolari subiscono una variazione di densità di circa 10 ordini di grandezza. Questo ci impedisce di analizzare il processo nella sua interezza e ci impone quindi di decomporre il problema in diverse sottoparti. La comprensione della fisica che regola le regioni di formazione stellare rappresenta pertanto ad oggi una sfida sotto tutti i punti di vista, ed è al contempo di fondamentale importanza in astrofisica poiché è direttamente legata alla nostra comprensione dell’evoluzione stellare, della formazione dei sistemi planetari, e della formazione, evoluzione, e struttura della nostra stessa Via Lattea e delle galassie in generale.
Un modo alternativo di affrontare il problema è quello di analizzare gli ammassi stellari. Gli ammassi stellari infatti, a differenza delle regioni di formazione stellare, sono generalmente privi di polveri e gas poiché debellati per gran parte a seguito del processo di formazione, e sono ben visibili in numerose bande elettromagnetiche, compresa quella ottica. Il vantaggio di studiare stelle in ammassi è che queste — al contrario di stelle di campo che sono il risultato di piccoli sistemi stellari dissolti con il passare del tempo e di cui si è persa ogni traccia — possono preservare l’impronta di quelle che erano le condizioni iniziali della nube che le ha generate. Lo studio delle stelle di ammasso ci permetterebbe quindi di ricavare informazioni sul loro passato. E’ chiaro pertanto che da questo punto di vista gli ammassi stellari possono svolgere un ruolo di primaria importanza nella comprensione della formazione stellare.
Una tematica poco affrontata e discussa fino ad oggi è relativa all’evoluzione della $rotazione$ e del momento angolare durante le fasi formazione degli ammassi e delle stelle in generale. La presenza di una $rotazione$ e di un momento angolare globali nella nube molecolare dovrebbe riflettersi in un allineamento degli assi di $rotazione$ delle stelle che vengono generate dalla nube stessa. Questo perché le stelle erediterebbero l’orientazione del momento angolare (comune fra tutte) dalla nube originaria. Studi precedenti effettuati su alcuni giovani ammassi aperti, tra cui le Pleiadi, non hanno però trovato una evidenza della presenza di questo allineamento degli assi di $rotazione$ per le stelle di questi ammassi. Le tecniche utilizzate per misurare l’inclinazione degli assi di $rotazione$ erano però essenzialmente limitate a giovani stelle, non molto distanti da noi.
In tempi recenti l’asterosismologia, cioè lo studio delle oscillazioni stellari atto a ricavare le proprietà intrinseche e fondamentali delle stelle, ci ha mostrato come sia possibile misurare il momento angolare stellare, e quindi l’inclinazione dell’asse di $rotazione$, con grande affidabilità e precisione, soprattutto per le cosiddette giganti rosse. Le giganti rosse sono stelle di massa piccola e intermedia che hanno lasciato la fase di sequenza principale poiché hanno esaurito il bruciamento dell’idrogeno nel nucleo, iniziando così ad espandersi con un progressivo raffreddamento degli strati esterni. La maggior parte delle giganti rosse osservate ad oggi tramite le missioni spaziali dedicate all’asterosismologia, come in particolare NASA Kepler, ci mostra che queste stelle hanno oscillazioni ben visibili, che ci permettono di analizzarle anche se si trovano molto distanti da noi. Alcuni modi di oscillazione, detti modi di dipolo, ci danno una informazione diretta sull’inclinazione dell’asse di $rotazione$, in base alla loro conformazione visibile dallo spettro di frequenza, cioè dallo spettro ottenuto con l’analisi di Fourier della curva di luce di una stella.
La nostra attenzione si è focalizzata sui due ammassi aperti NGC 6791 e NGC 6819, appartenenti alla Via Lattea. La distanza dei due ammassi supera i 2 kpc (7 mila anni luce) per NGC 6819 per i 4 kpc (13 mila anni luce) per NGC 6791. Questi ammassi sono particolarmente evoluti e antichi, con NGC 6791 avente una età che supera addirittura gli 8 miliardi di anni, ed NGC 6819 i 2 miliardi di anni, ed entrambi contengono migliaia di stelle, fra le quali una ricca popolazione di giganti rosse. Queste giganti rosse sono state osservate dal satellite spaziale NASA Kepler per più di 4 anni consecutivi. Il sottoscritto, insieme ad un gruppo internazionale di ricercatori, ha analizzato le curve di luce di 50 giganti rosse con oscillazioni, con masse comprese tra circa 1 e 2 masse solari, è ciò ha permesso di caratterizzare le proprietà di migliaia di modi di oscillazione stellari (circa 4000) tramite l’ausilio di tecniche Bayesiane.
Utilizzando dunque l’informazione fornita dalle oscillazioni abbiamo misurato direttamente l’angolo di inclinazione dell’asse di $rotazione$ di ciascuna stella, con grande precisione e accuratezza. Quanto osservato è che quasi tutte le stelle del campione hanno assi di $rotazione$ fortemente allineati fra loro, poiché puntano in una stessa direzione nel cielo. L’evidenza di questo risultato supera i cosiddetti 5 sigma di confidenza per ciascuno degli ammassi in esame e non lascia spazio ad alcun dubbio. Dalla conformazione dell’ammasso, dalla grande distanza reciproca fra le stelle che ne fanno parte, e dall’entità di questa particolare condizione di allineamento osservato oggi, deduciamo che questo fenomeno deve necessariamente essersi originato nella fase di formazione degli stessi ammassi stellari, avvenuta miliardi di anni fa.
Per capire le condizioni di formazione dei due ammassi in questione ci siamo avvalsi di simulazioni numeriche di idrodinamica in 3D, che ci hanno permesso di misurare la percentuale di energia rotazionale rispetto a quella di energia turbolenta nelle fase che vede la formazione di un proto-ammasso stellare, cioè di quello che poi diventerà il vero e proprio ammasso una volta che le i progenitori delle stelle avranno completato la loro formazione divenendo stelle vere e proprie, cioè innescando il bruciamento dell’idrogeno nel nucleo.
Ciò che abbiamo osservato, cioè il forte allineamento degli assi di rotazione di un consistente numero di stelle, può essere riprodotto assumendo che almeno la metà (50%) del totale di energia cinetica della nube molecolare che ha dato origine a ciascuno dei due ammassi, fosse di carattere rotazionale. Ciò ci mostra come il momento angolare globale della nube sia stato trasferito in modo efficiente alle singole stelle che si sono formate al suo interno. Un altro aspetto interessante ottenuto dalle simulazioni è che solo le stelle con una massa sufficientemente elevata, pari ad almeno 0.7 masse solari, riescono ad ereditare il momento angolare dalla nube. Le stelle più piccole, meno massive, non possono mostrare pertanto questo tipo di allineamento nei loro assi di rotazione poiché il loro processo di formazione è largamente dominato dai moti turbolenti, che ridistribuiscono il momento angolare in tutte le direzioni facendo quindi perdere l’informazione originaria contenuta nella nube progenitrice.
Il nostro risultato pone per la prima volta evidenza su come la fase di formazione stellare possa essere compresa e studiata in dettaglio tramite l’uso delle oscillazioni stellari. In particolare, analizzando l’orientazione degli assi delle stelle di masse simili al nostro Sole in ammassi stellari, è possibile risalire alle componenti energetiche, nonché alla struttura e geometria delle prime $fasi$ che hanno portato alla formazione degli ammassi stellari, e quindi delle condizioni fisiche all’interno della nube molecolare progenitrice.
Questo studio apre per la prima volta una connessione diretta tra l’osservazione di popolazioni stellari evolute e la loro formazione, avvenuta in un tempo paragonabile all’età del nostro stesso Universo, e ci permetterà dunque anche in futuro di compiere questo tipo di analisi su numerosi altri ammassi presenti all’interno della nostra galassia.
Contributo personale come primo autore di questo studio:
Ho selezionato e analizzato tutte le stelle del campione, e dunque estratto i loro modi di oscillazione, tramite un codice di analisi Bayesiana da me sviluppato per l’asterosismologia (denominato DIAMONDS). Ho misurato sempre con tecniche Bayesiane l’angolo di inclinazione dell’asse di $rotazione$ di ogni stella. Ho scoperto dunque l’effetto dell’allineamento degli assi di $rotazione$ in entrambi gli ammassi, ed ho collaborato con un gruppo di ricercatori del CEA Saclay (di cui facevo parte fino al 2016, quando ho iniziato questo lavoro), i quali hanno realizzato le simulazioni numeriche atte a riprodurre il dato osservato. Insieme abbiamo interpretato tutti i risultati e io stesso ho scritto l’intero articolo pubblicato su Nature Astronomy.
L’articolo “Spin alignment of stars in old open clusters” di
Enrico Corsaro, Yueh-Ning Lee, Rafael A. Garcia, Patrick Hennebelle, Savita Mathur, Paul G. Beck, Stephane Mathis, Dennis Stello & Jérôme Bouvier su Nature Astronomy.
Vedi anche il comunicato stampa dell’INAF e di Le Scienze.
Complimenti Enrico, studio molto interessante! (MEDIA INAF ti dedica anche una bella intervista: https://www.youtube.com/watch?v=B3flOlLAeOw&t=3s) . Una domanda: sembrerebbe un'idea semplice e geniale per studiare ex post le condizioni di formazione stellare nel collasso di nubi molecolari naturalmente opache al visibile; è la prima volta che si fa uno studio di questo tipo?
Deve essere stato un lavoro molto impegnativo questa interessante scoperta ! Sicuramente avrà implicazioni su scala estesa anche alla formazione delle Galassie . Pura soddisfazione, complimenti !
Alessandro Curci
Uhm temo di aver perso il post di Ares e la mia risposta.. speriamo Stefano sistemi .
Per @Mamete, si è stato un lavoro molto lungo e duro sotto certi aspetti. Le implicazioni fisiche sono importanti e numerose, tra le quali anche quelle di formazione galattica come tu stesso dici.
Il punto è che si dovrà rivedere la teoria di formazione tenendo in considerazione il fatto che la componente turbolenta non è da intendere necessariamente così forte come prima si credeva (oltre il 60-70% del totale di energia cinetica).
Ciao, non so se e' notizia gia' nota, in tal caso chiudete pure il post ma lo studio coordinato da @Enrico Corsaro e' stato anche pubblicato su Focus.it:
http://www.focus.it/scienza/spazio/a...e-delle-stelle
Complimenti ancora ad Enrico
@iaco78, ho spostato il tuo post qui, ha più senso.
si @Red Hanuman , scusa non avevo visto questa discussione.
Scusa per il casino e ancora complimenti ad Enrico Corsaro
Grazie mille @iaco78. Si avevo visto l'articolo già , pensavo di postare a breve una lista di link (anche nell'articolo stesso), con tutte le riviste e i blog in cui se ne è parlato.
OK Stefano no problem. Rispondo nuovamente ad @Ares1973. In pratica questo tipo di tecnica, basata sull'asterosismologia, non è mai stata utilizzata in questi termini. In passato si è però tentato di misurare l'inclinazione degli assi di rotazione utilizzando una composizione di metodi (che poi è l'approccio classico) che fanno uso di spettroscopia, periodogrammi da curve di luce, diametri angolari e che tra l'altro sono pesantemente basati sulla distanza. Un grande vantaggio dell'asterosismologia è che invece della distanza non ci interessa nulla (per così dire) e che quelle caratteristiche le misuriamo direttamente dalle oscillazioni a prescindere da quanto sia lontana la stella. E' dunque anche possibile che nei due casi di ammassi giovani dove non è stato trovato questo effetto di allineamento, che la tecnica allora adottata abbia introdotto dei problemi nelle misurazioni.
Prima cosa: mi scuso nuovamente con Enrico e con tutti voi per il pasticcio che ho combinato. Credo proprio che non capiterà più.
Seconda cosa: trovo molto sensato il discorso che lega le masse delle stelle alla loro maggiore o minore suscettibilità alla turbolenza della nube molecolare.
Seguendo la logica, mi aspetterei di trovare pulsar e BN con getti relativistici allineati all'interno dell'ammasso. Eventualmente, anche i dischi proto planetari potrebbero dare indicazioni in tal senso.
Ma... E se la nube è grossa, anzi, enorme... Potremmo aspettarci la stessa correlazione tra ammassi di galassie? Perché QUESTA vecchia notizia sembrerebbe andare in quella direzione...