Le stelle si formano dal collasso di nubi di gas e polvere che galleggiano nello spazio interstellare. Queste grandi grembi volteggiano lentamente, mentre le stelle che ne scaturiscono ruotano su sé stesse a velocità decisamente maggiori, a causa del progressivo aumento della gravità mano a mano che la nube si contrae.
Finora gli scienziati non avevano una spiegazione adeguata all’evidenza osservativa che le stelle massicce presentano invece una velocità di rotazione inferiore rispetto a quella attesa. Un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy da un gruppo di ricerca prevalentemente giapponese e realizzato grazie alle osservazioni della schiera di radiotelescopi millimetrici ALMA in Cile, ha ora probabilmente risolto l’enigma del moto mancante.
I ricercatori sospettavano che a “tirare il freno” alla stella massiccia in formazione potesse essere una sorta di “retrorazzo naturale”, un deflusso di gas sprigionati dalla baby stella durante le convulse fasi della sua nascita. Per confermare questa idea, il gruppo ha quindi puntato le antenne di ALMA verso Orion KL Source I, una massiccia protostella localizzata nella famosa nebulosa di Orione.
Grazie alla relativa vicinanza dell’astro e alla grande sensibilità di ALMA, il gruppo di ricerca ha potuto svelare la natura del flusso di gas, ottenendo una chiara immagine della sua rotazione, che avviene nella stessa direzione di quella del disco di accrescimento protostellare. Inoltre, ALMA ha svelato come il flusso si origini non in prossimità della stella, ma piuttosto ai bordi del disco di gas e polveri che circonda la stella in formazione.
Il meccanismo che rallenta l’accelerazione rotazionale di una stella massiccia in formazione sarebbe dunque di tipo magneto-centrifugo: il gas presente nel disco di accrescimento stellare si muove verso l’esterno del disco stesso a causa della forza centrifuga, quindi fugge via seguendo le linee di forza del campo magnetico. L’emissione di questi getti di gas (outflows) sottrae momento rotazionale al sistema disco-protostella, appunto rallentandone la rotazione.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo pubblicato su Nature Astronomy “Disk-driven rotating bipolar outflow in Orion Source I”, di Tomoya Hirota, Masahiro N. Machida, Yuko Matsushita, Kazuhito Motogi, Naoko Matsumoto, Mi Kyoung Kim, Ross A. Burns & Mareki Honma
Articolo di Stefano Parisini originariamente pubblicato su Media INAF.
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