Una mappa dell’universo che si spegne

Una notizia già riferita da Gaetano M., ma che riprendiamo. L’energia prodotta attualmente dalle galassie dell’universo è del 40 per cento inferiore a quella di due miliardi di anni fa. Lo ha stimato uno studio analizzando la radiazione emessa da un campione di circa 200.000 galassie, rilevata da osservatori a terra e nello spazio in un ampio spettro di lunghezze d’onda, confermando un fenomeno già noto fin dagli anni novanta


L’universo sta morendo lentamente, almeno dal punto di vista energetico. Si arriva a questa conclusione se si misura, come hanno fatto i ricercatori dell’australiano International Centre for Radio Astronomy Research (ICRAR), l’energia prodotta da circa 200.000 galassie, che è diminuita del 40 per cento negli ultimi due miliardi di anni, secondo quanto riferito in un articolo sottoposto per la pubblicazione sulle “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”.

Immagini di una stessa galassia catturate a diverse lunghezze d'onda nell'ambito del progetto GAMA (Credit: ICRAR / GAMA)
Immagini di una stessa galassia catturate a diverse lunghezze d’onda nell’ambito del progetto GAMA (Credit: ICRAR / GAMA)

Tutta l’energia dell’universo fu creata durante il big bang, e parte di essa andò a costituire la materia delle stelle e la materia interstellare, in virtù dell’equivalenza einsteiniana tra energia e massa. All’interno delle stelle, tuttavia, la conversione segue il percorso inverso – da massa a energia – per effetto dei processi di fusione nucleare tra nuclei di elementi leggeri come l’idrogeno e l’elio.

“Questa nuova energia generata dalle stelle è assorbita dalle polveri interstellari, oppure prosegue la sua corsa nel vuoto, finché non incontra un oggetto, come un’altra stella, un pianeta, o in un ristrettissimo numero di casi, lo specchio di un telescopio”, spiega Simon Driver, primo autore dello studio.

Ma a quanto ammonta complessivamente questa energia? Per procedere a una stima basandosi su un campione rappresentativo di circa 200.000 sorgenti galattiche, gli autori hanno osservato, nell’ambito del progetto Galaxy and Mass Assembly (GAMA), il cosmo in 21 differenti lunghezze d’onda, dall’estremo ultravioletto al lontano infrarosso, usando sette dei più potenti telescopi disponibili attualmente, tra cui il Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy (VISTA), il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO presso l’Osservatorio di Paranal, in Cile, oltre ai telescopi spaziali Galaxy Evolution Explorer (GALEX) e Wide-field Infrared Survey Explorer (WISW) della NASA ed Herschel, dell’Agenzia spaziale europea.

Secondo la legge di Hubble, le galassie più lontane rispetto alla Terra si allontanano da noi più velocemente di quelle vicine, per effetto dell’espansione dell’universo, ed è per questo che emettono una radiazione con un red shift – cioè uno spostamento verso il rosso dovuto all’effetto Doppler – più elevato. Inoltre, dato che la velocità della luce ha un valore finito, quanto più una galassia è lontana, tanto più ci appare com’era in un lontano passato.

Dai valori dei red shift delle galassie, gli autori hanno stimato l’energia emessa dalle stelle per ogni volume cubico di universo con un lato di un parsec, pari a 3,26 milioni di anni luce, delle regioni del cosmo più vicine: si tratta di 15 exawatt (miliardi di miliardi di watt). Apparentemente un valore enorme, ma quello delle regioni di universo distanti due miliardi di anni luce da noi è addirittura superiore: 25 exawatt.

Ciò significa che la radiazione dell’universo attuale è del 40 per cento inferiore a quella di due miliardi di anni fa. In altre parole, l’universo si va lentamente spegnendo, secondo un fenomeno già noto dalla fine degli anni novanta. Ma è la prima volta che si osserva questo processo in tutte le porzioni dello spettro.

Secondo gli autori, la realizzazione di nuovi osservatori a Terra ancora più potenti, come lo Square Kilometer Array, che verrà costruito tra il 2018 e il 2020 in Australia e in Sudafrica, sarà l’occasione per estendere la mappa dell’energia emessa delle galassie a tutta la storia dell’universo.

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Red Hanuman è nato poco tempo prima che l'uomo mettesse piede sulla Luna, e cresciuto a pane e fantascienza. Poteva non sentire il richiamo delle stelle? Chimico per formazione e biologo autodidatta per necessità, ha da sempre desiderato essere un astrofisico per vocazione e diletto, ma non ha potuto coronare il suo sogno. Attualmente, lavora nel settore ambiente. Da pochi anni studia il violino. Perché continua ad usare un nickname? Perché la realtà non può essere richiusa in un nome, e perché πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός : tutto scorre come un fiume. Ma, soprattutto, perché Red Hanuman è chiunque coltiva in sé un desiderio di conoscenza ...

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