Due rientri nell’atmosfera, completamente differenti

In questi ultimi giorni ci sono stati due rientri nell’atmosfera da parte di due sonde spaziali, con modalità molto differenti

Si tratta della sonda ERS-2 e della capsula W- 1 della sonda Varda.

ERS-2

Nei giorni scorsi la stampa si è occupata del rientro in atmosfera della sonda ERS-2 dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea), alla fine della sua lunghissima missione iniziata nel millennio scorso, nel 1995.

un modello della sonda ERS-2, posizionato sul terreno

Era stata schedulata per una missione di 3 anni, ma, come spesso succede, è durata 10 volte tanto: appena 5 anni dopo il lancio però c’erano stati problemi al computer di bordo ed al sistema giroscopico, che avevano degradato i dati forniti al centro di controllo.

Successivamente si sono verificati altri malfunzionamenti, tali da far terminare la missione nel (lontano) 2011: in alcuni casi sonde oramai inattive vengono poste in un’orbita cimitero, dove rimangono per sempre, in altri casi invece vengono deorbitate per essere distrutte al rientro nell’atmosfera terrestre. Per la ERS-2 era stata scelta quest’ultima strategia, dopo tanti anni di lento avvicinamento agli strati atmosferici.

Il rientro di oggetti spaziali avviene in genere con la distruzione delle parti componenti, creando uno spettacolo simile alla caduta di un gran numero di meteoriti, per la gioia di chi riesce a fotografare le scie luminose, di solito appassionati di spazio e Astronomia.

Nel caso della ERS-2, il rientro è stato viceversa seguito dal Fraunhofer Institute for High Frequency Physics and Radar Techniques (FHR) in Germania, che ha ripreso immagini del satellite il 19, 20 e 21 febbraio, quando alla fine è rientrato nell’atmosfera.

le riprese del 19 (in alto a sinistra), del 20 (in alto a destra) e del 21 febbraio (in basso al centro) – credit: FHR

Nella ripresa del 19 febbraio si vede il pannello solare ancora intatto, che però risulta ampiamente degradato il giorno dopo, per poi apparire quasi distrutto il giorno del rientro.

Come succede spesso, la data e l’ora certa del rientro non erano note, ma solo previste : in questo caso la sonda veniva considerata come un oggetto unico, mentre poi si è visto che il pannello solare si era staccato e viaggiava per conto proprio.

Le due parti avrebbero interagito in modo differente con le particelle dell’atmosfera, in tempi differenti.

Facciamo i doverosi scongiuri: fonti della NASA riportano che “dall’inizio dell’era spaziale nel 1957, non ci sono mai state segnalazioni di infortuni provocati dal rientro di oggetti orbitali”, con una frequenza media di una mezza dozzina di oggetti grandi rientrati ogni anno nell’atmosfera.

La capsula W-1

In questo caso il rientro della capsula contenente materiale scientifico è avvenuto in modo non traumatico, ma ben controllato ed in più stavolta la capsula era dotata di una videocamera che ha ripreso tutte le fasi del rientro in una ben precisa zona dello Utah, frenando la discesa con un paracadute.

la capsula appena rientrata e controllata da un tecnico della Varda – Credit: Varda Space/John Kraus

La sonda in questione, la piccola W-1 prodotta dalla Varda Space Industries, era stata lanciata nel giugno dello scorso anno, con lo scopo di testare un altro ambiente di microgravità (differente da quello a bordo della ISS) per la produzione di farmaci antibatterici ed antibiotici per il trattamento dell’HIV e dell’epatite C.

L’inserimento in un’orbita bassa (LEO, Low Earth Orbit) era stato fornito da un Transporter-8 della SpaceX e come dice il CEO della Varda, Will Bruey, “Noi fabbrichiamo prodotti farmaceutici nello spazio: eliminando la gravità possiamo produrre medicine che non potrebbero essere create sulla Terra. La gravità diventa così un parametro produttivo: se in un forno applichiamo una manopola che regola la temperatura, si crea un mondo intero di nuove ricette e nuovo cibo da produrre. Analogamente, si può cambiare la gravità, modificando così i processi chimici per la creazione di farmaci (ndr: ricordo che in inglese con “drugs” si intendono i farmaci e non certo le droghe )”.

La W-1 ha trascorso 8 mesi in volo assieme alla sonda Photon (della RocketLab) che ha fornito alla capsula l’energia, la propulsione e la navigazione. Ma non solo…

Il CEO della RocketLab afferma orgogliosamente che “questa missione è stata il frutto di una stretta collaborazione tra i team della RocketLab e della Varda, nello sviluppo di una sonda unica e ad alta capacità per dimostrare la possibilità di produzione nello spazio ed il rientro della capsula con prodotti farmaceutici finiti – tutto al primo tentativo”.

Il rientro

Tutte le fasi del rientro sono state riprese da una videocamera posta all’interno di una apposita cavità all’interno della capsula

dalla poltrona in prima fila si è potuto assistere al rientro della capsula

Qui possiamo vedere nel filmato la versione completa che dura più di venti minuti, comprendente tutte le fasi, dal distacco della capsula in orbita LEO, fino all’atterraggio con paracadute e la vista di due piedi, con scarponi infangati, del tecnico che arriva.

Nel filmato successivo invece abbiamo la versione abbreviata (di 5 minuti) del rientro:

In entrambi i casi si possono notare i rumori ambientali delle varie fasi.

Subito dopo il rientro, la capsula è stata inviata al centro di controllo in California per i test, mentre i campioni di medicinali sono stati spediti alla Improved Pharma, una compagnia farmaceutica, per le analisi.

Infine la Varda ha comunicato che, come da contratto, tutti i dati ottenuti nella fase di rientro saranno forniti alla NASA e all’Air Force.

Fonti:
https://www.universetoday.com/165916/see-the-dramatic-final-moments-of-the-doomed-ers-2-satellite/
https://www.universetoday.com/165935/watch-the-varda-capsules-entire-fiery-atmospheric-re-entry/

Informazioni su Pierluigi Panunzi 477 Articoli
Classe 1955, sono nato e vivo a Roma, laureato in Ingegneria Elettronica, in pensione dopo aver lavorato per anni nel campo del software, ma avrei voluto laurearmi in Astronomia. Coltivo la passione per l’astronomia dal giorno successivo allo sbarco dell’uomo sulla Luna, maturando un interesse sempre crescente per la Meccanica Celeste, il moto dei pianeti, la Luna e i satelliti. Da molti anni sono divulgatore scientifico e in passato ho presieduto a serate astronomiche organizzate a Roma e paesi vicini. Da parecchi anni mi sto perfezionando nell’astrofotografia grazie all’auto-regalo di varie apparecchiature digitali

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2 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. La missione doveva durare tre anni, ma è durata dieci volte tanto, come accade spesso: Nonostante ciò, appena cinque anni dopo il lancio, si sono verificati problemi con il computer di bordo e il sistema giroscopico, che hanno danneggiato i dati forniti al centro di controllo.